Commenti

Le analisi Fmi e i rischi degli asset manager

  • Abbonati
  • Accedi
SCENARI FUTURI

Le analisi Fmi e i rischi degli asset manager

Nell’ultima edizione del Global Financial Stability Review, il Fondo Monetario Internazionale si sofferma sui rischi sistemici associati al lavoro degli asset manager. Il rischio analizzato riguarda la possibilità che uno shock al sistema economico internazionale, ad esempio una risalita più veloce del previsto dei tassi di interesse americani, possa indurre i sottoscrittori di fondi comuni ad uscire in massa dai fondi comuni che investono in titoli a reddito fisso. Questa eventualità costringerebbe i gestori di fondi comuni a vendere i titoli in loro possesso, e questo a sua volta potrebbe mettere in crisi i mercati meno liquidi come ad esempio quelli delle obbligazioni corporate. Le implicazioni dell’analisi sono di due tipi: variare la struttura commissionale dei fondi e sottoporre i gestori a stress test. L’analisi del Fmi è benvenuta, ma desta perplessità per quanto riguarda le implicazioni. È certamente vero che la struttura classica del fondo comune aperto presenta i migliori risultati complessivi in presenza di mercati molto liquidi, che consentono di fare fronte alla possibilità dei sottoscrittori di redimere a vista il patrimonio investito. Ma non è corretto pensare che la fonte ultima del problema sia la gestione collettiva del risparmio. Se gli investitori finali detenessero singole attività finanziarie invece di fondi comuni, e se decidessero di colpo di voler uscire dagli investimenti effettuati, l’impossibilità di raggiungere il risultato si manifesterebbe in ogni caso.

Il vero problema cioè non è la struttura di gestione professionale del risparmio, che anzi aiuta il sistema a mantenere una efficienza allocativa e di valutazione, ma l’interesse degli investitori a mantenere la loro allocazione in determinate classi di attività finanziarie. Come già sosteneva Keynes, i mercati finanziari presentano elementi di ineliminabile volatilità perché consentono ai risparmiatori di acquisire in forma liquida titoli di proprietà che rappresentano il finanziamento di investimenti a lungo termine, spesso per loro natura illiquidi. Non ci sarebbero molti problemi se tutti gli investitori fossero razionali, se non ci fossero episodi di panico e se l’orizzonte fosse di lungo periodo. Sappiamo che così non sempre é. Il problema però non è rappresentato dalla struttura di intermediazione, ma dalla ineliminabile differenza tra preferenze degli investitori e caratteristiche degli investimenti in beni reali. Inserire meccanismi commissionali che rendano più difficile l’uscita dai fondi potrebbe rivelarsi controproducente, sia a livello del costo complessivo di gestione sia della limitazione alla libertà del singolo investitore. Un investitore che percepisca un costo di uscita elevato potrebbe decidere di non investire affatto, con il risultato di fare scendere ulteriormente la quota di ricchezza finanziaria investita in progetti a lungo termine. Effettuare stress test sui portafogli finanziari degli asset manager evidenzierebbe probabilmente che in presenza di crisi estreme di liquidità, come quella del 2008, gli investitori di breve periodo sarebbero estremamente penalizzati.

Ma quali potrebbero essere le implicazioni concrete di tali stress test? Sono difficili da immaginare e forse bisognerebbe iniziare a discutere queste ultime. In conclusione, è giusto ragionare sugli scenari di rischio futuri, ma non bisogna dimenticare che le cause principali della situazione attuale, con tassi di interesse ormai nulli e con il conseguente incentivo per molti investitori di assumere quote crescenti di rischio per fare fronte ai propri impegni futuri, sono molteplici, ed anche riconducibili alle politiche monetarie che in molte parti del pianeta hanno comportato e stanno comportando una forte espansione dei bilanci delle banche centrali. Questi sono temi importanti, e su cui è giusto riflettere a fondo. Ma i modi per affrontare questi temi sono un più complessi di inserire barriere all’uscita e fare scenari di stress test per gli asset manager. Si parla da anni di regolamentazione macro-prudenziale, un elemento citato anche nello studio del Fondo, ma è difficile capire come potrebbe funzionare in pratica. Ci sono state autorità che hanno convinto gli investitori internazionali a mantenere in portafoglio le obbligazioni pubbliche dello Stato italiano nel 2011? Quello che semmai è necessario è aumentare la consapevolezza dei rendimenti attesi e dei rischi da parte degli investitori finali, in modo da indurli a comportarsi più razionalmente.

Università Bocconi

© Riproduzione riservata