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Unire le tre Libie

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Scenari

Unire le tre Libie

L'Unione si è svegliata, adesso toccherebbe alla Nato che nel 2011 bombardò Gheddafi con questi effetti: di un milione di tonnellate di armi, secondo l'intelligence britannica, si perse ogni traccia. Ed ecco cosa ci aspetta oggi: 300 milizie armate fino ai denti, scafisti compresi, e uno Stato fallito.

Al punto due del documento partorito dal vertice europeo di Lussemburgo si delinea l'ipotesi di una missione civile e militare “per catturare e distruggere le imbarcazioni usate dai trafficanti”. Certamente non si poteva al momento pretendere di più: finora è mancata una politica di sicurezza europea nel Mediterraneo, come se qui non convergesse l'arco di una crisi internazionale che ha visto in pochi anni crollare Stati come Libia, Siria, Iraq, che si sono aggiunti ad altre aeree da tempo fuori controllo, dal Sudan alla Somalia, dal Corno d'Africa all'area sub-sahariana.
L'Europa ieri ha cominciato timidamente a sfogliare l'atlante del disordine mondiale arrivato nel cortile di casa. Forse non è del tutto casuale che seguendo le rotte dei trafficanti di uomini lungo le coste mediorientali e dell'Africa, si delineano anche quelle del narcotraffico, del contrabbando di armi e le aree grigie di intersezione dove, attraverso confini che non esistono più, sono avanzati i jihadisti, le ribellioni delle tribù, le insurrezioni di gruppi etnici ignorati dalla storia ufficiale.
Questo ha significato, dopo Gheddafi, l'implosione dello Stato libico in una regione assai vasta che va dalla Mauritania al Sinai: le frontiere, disegnate un tempo a garanzia del controllo coloniale, sono affondate nella sabbia e interi stati si sono liquefatti.
Gli scafisti libici non sono un fenomeno isolato ma il terminale, tragicamente visibile nelle tragedie del mare, dei rivolgimenti geopolitici che si sono prodotti in questi anni: se i migranti affogano tra i flutti, gli europei affondano nella sabbia senza troppo rendersene conto. Un esempio: i ribelli che l'anno scorso hanno tentato la conquista di Kidal in Mali possedevano svariate tonnellate di armi e 50 pick up forniti dall'Unione europea all'esercito regolare di Bamako.

Certo alcune potenze occidentali sono più informate e attive di altre. La Francia, che è all'origine di molte delle attuali vicende libiche, nel settembre scorso ha dato il via all'operazione Barkhane: 3mila uomini comandati dal generale Palasset, assieme a una coalizione di cinque Paesi (Mali, Mauiritania, Niger, Burkina Faso e Chad), con il compito di agire proprio sui confini meridonali libici per contrastare jihadisti e trafficanti di armi.
La Libia a Sud è la porta del Sahel, a Nord dell'Europa. Sarebbe miope scrutare l'orizzonte del Golfo della Sirte senza guardare oltre. Dalla Libia stanno penetrando verso i confini di Tunisia, Algeria, Egitto, l'ideologia jihadista e il terrorismo che l'accompagna. La Libia oggi è un Paese frantumato, che non ha più una capitale né riferimenti istituzionali: due governi, due parlamenti, 140 tribù, centinaia di milizie.
Esistono almeno tre Libie. Quella di Tobruk in Cirenaica con un governo di Abdullahi al Thani e il generale Khalifa Haftar, protetto e rifornito dall'Egitto. A Tripoli comandano le milizie islamiche di Alba Libica. In mezzo c'è il Califfato che ha tra i suoi alleati Ansar al Sharia che combatte in Cirenaica sventolando la bandiera nera dell'Isis. Quanto alle rotte dei barconi diretti verso l'Italia i punti di partenza sono quasi tutti sulla costa Ovest di Tripoli e alcuni di questi come Sabratha sono in mano ai jihadisti di Ansar el Sharia. Per le milizie quella dei migranti è un'entrata economica sempre più importante in un Paese che non produce e non esporta quasi più petrolio.

In parallelo con la lotta agli scafisti e gli sforzi dell'Onu per una riconciliziazione e la formazione di un governo unitario, sarebbe logico approfondire i contatti tra partner europei, Nato e Paesi della regione, per esplorare anche l'ipotesi di una missione militare internazionale su alcuni tratti della fascia costiera. Ma questo per ora non fa parte dei programmi, anzi è escluso e l'Alleanza Atlantica non viene neppure menzionata. Una lezione che i nostri governi dovrebbero tenere presente per il futuro. Da questo punto di vista anche gli Stati Uniti sono un po' deludenti: ieri hanno mosso una portaerei davanti allo Yemen ma non intendono schierare neppure un incrociatore di fronte alle coste libiche dove pure riversarono quattro anni fa centinaia di missili Cruise.
Per quattro anni l'Europa ha voltato la testa davanti al caos per poi affidarsi a una timida mediazione delle Nazioni Unite, le cui missioni in precedenza erano state boicottate da alcune potenze europee come Francia e Gran Bretagna desiderose di scalzare in primo luogo l'Italia come concorrente sulla piazza libica. La realtà è che qui ci sono agende e interessi fortemente constrastanti tra gli europei e i loro alleati della regione: le tragedie del mare sono un'urgenza ma in verità è la Libia che è un caso disperato.

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