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Premi ai prof, scelta collegiale

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il futuro della scuola

Premi ai prof, scelta collegiale

Non sarà solo il dirigente scolastico a scegliere come assegnare le risorse per valorizzare i docenti più meritevoli. Potrebbe essere affiancato da un comitato per la valutazione interno alla scuola, scelto dal consiglio d’istituto, e comunque si dovranno individuare prima i criteri di premialità (tra gli indicatori potrebbero esserci la qualità dell’insegnamento e i risultati ottenuti).

Da sciogliere è anche il nodo dei precari con oltre 36 mesi di servizio alle spalle, e non assunti a settembre: l’attuale formulazione del Ddl «Buona Scuola» vieta che possano essere utilizzati per nuove supplenze. Probabilmente la disposizione cambierà: tra le ipotesi allo studio c’è quella di attribuire carattere non retroattivo al limite dei 36 mesi (fissato dalla normativa Ue, che lo scorso anno ha già bacchettato l’Italia per abuso di reiterazione dei contratti a termine). Sul piatto c’è poi la questione della “chiamata diretta” dei docenti dell’autonomia da parte del dirigente. Da quanto s’apprende, si chiarirà che l’individuazione degli insegnanti avverrà dagli albi territoriali, con dimensione sub-provinciale (quindi entro un ambito piuttosto circoscritto); e saranno scelti sulla base del Cv in modo coerente con i bisogni del singolo istituto.

Il governo, dopo il faccia a faccia di ieri con i sindacati, sta ragionando sul pacchetto di modifiche da apportare al Ddl, che potrebbero essere ufficializzate già oggi dalla relatrice in commissione Cultura della Camera, Maria Coscia (Pd). «Ci saranno miglioramenti al testo - afferma la responsabile scuola dei dem, Francesca Puglisi -. Abbiamo ascoltato le proposte dei sindacati. Ora riflettiamo. L’esecutivo investe 3 miliardi sulla scuola e la riforma vuole valorizzare, per davvero, la professionalità degli insegnanti». L’impianto del Ddl «resta fermo - aggiunge Anna Ascani (Pd) -. Asciugheremo pure il numero delle deleghe, stralciando quella che riguarda gli organi collegiali. Un segno di attenzione verso le istanze che ci sono arrivate dal mondo della scuola». Che lo scorso 5 maggio ha scioperato contro la riforma: la percentuale di adesione è stata del 64,89%, ha reso noto la Funzione pubblica, su oltre un milione di dipendenti hanno aderito in 618.066 (più di 67mila gli assenti per altri motivi), con un totale di trattenute sulle retribuzioni di 42.331.340 euro.

Ma il clima con i sindacati è ancora teso. Quelli avvenuti ieri nella sede del Pd, sono stati incontri puramente interlocutori, i sindacati hanno riproposto tutte le critiche al Ddl evidenziate nelle manifestazioni di giovedì scorso, che hanno portato allo sciopero. La richiesta che arriva dai leader di Cgil, Cisl e Uil, delle rispettive categorie, di Snals-Confsal e Gilda, è di avviare un confronto direttamente con il governo. «Se dovessi dire che abbiamo la certezza che incontreremo l’esecutivo - osserva Susanna Camusso (Cgil)- direi una cosa non vera. Abbiamo però apprezzato la disponibilità di metodo». Sulla stessa lunghezza d’onda Annamaria Furlan (Cisl): «Stanno riflettendo su possibilità di modifiche, ma ci sono ancora scogli importanti - ha detto -. La verifica la faremo con Governo e Parlamento. Siamo in urgente attesa». Per Massimo Di Menna (Uil scuola) che ha affiancato Carmelo Barbagallo (Uil), le «dimensioni dell’adesione allo sciopero hanno spinto il Pd a convocarci, ci hanno detto che finchè il testo non è approvato dal Senato si può lavorare a emendamenti», ma «le questioni di sostanza restano tutte aperte». Nel mirino soprattutto i poteri affidati dal Ddl ai presidi, come spiega Marco Paolo Nigi (Snals-Confsal): «Se al capo di istituto dai la possibilità di scegliere a piacimento su un elenco senza una graduatoria, di nominare uno dei docenti, c’è il rischio che nomini uno che conosce, o che venga discriminata una donna rispetto ad un uomo perché può rimanere incinta».