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Germania «über alles» nella Ue

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nomine alla commissione europea

Germania «über alles» nella Ue

Germania-Italia, 10 a 4: è il punteggio della sconfitta più eclatante e autolesionista del campionato per i vertici della Commissione europea, il braccio sempre più intrusivo in politica, economia, finanza e sociale, in breve nei gangli nazionali delle democrazie un’ Europa sempre più integrata sul filo dell’euro e del mercato unico.

Anche i risultati della partite giocate con gli altri Grandi dell’Unione, Gran Bretagna e Francia, sono perdenti: 7 a 4 in entrambi i casi. Spagna, 6 a 4. Olanda, 5 a 4. Oggi abbiamo 4 tra direttori generali e vice, 2+2, come il piccolo Belgio, 11 milioni di abitanti contro i 60 milioni nostrani. In cima alla piramide però solo 2 Dg: come Belgio, Olanda e Portogallo. Gli inglesi ne hanno 5, tedeschi e spagnoli 4, i francesi 3.

Ancora l'anno scorso ne avevamo 4. Ma prima il siluramento di Paola Testori dalla guida della Dg Sanità e Consumatori, in modo abbondantemente pretestuoso ma “facile” per la scarsa attenzione da parte del Governo, e poi il pensionamento del Dg all’Interpretariato hanno dimezzato il numero a 2 su un totale di 33 direttori generali.

Uno, Marco Buti, guida Ecfin, con la Concorrenza la poltrona più eccellente alla Commissione: è quella che redige le raccomandazioni agli Stati, ne sorveglia su conti pubblici, politica economica e riforme, ne valuta il comportamento più o meno ligio agli impegni presi e al rispetto delle regole del patto di stabilità. L’altro è Giovanni Kessler all’Anti-frode.

Si potrebbe sostenere che, anche se di poltronissime ce ne sono rimaste solo 2, quella di Buti non si conta ma si pesa, la qualità vale più della quantità. Peccato però che Buti la occupi già da 6 anni e per questo ora debba ruotare ad altro incarico, in base alla riforma Prodi-Kinnock. Quale?

Il rimescolamento ai vertici dell’Esecutivo Ue è previsto per giugno-luglio con una novità: ogni commissario dovrà proporre per le Dg vacanti o turnanti una terna di 3 candidati, tra cui una donna. Oltre all’Ecfin, in palio ci sono Mercato dei capitali e Servizi finanziari, Concorrenza, Occupazione, Energia, Fisco e unione doganale, Digitale (Connect Europe), Sanità e Consumatori, Giustizia e forse anche Industria.

Secondo indiscrezioni in attesa di conferma, per le più ambite Dg i giochi sarebbero già fatti. I Servizi finanziari passerebbero da un inglese al suo vice francese. Si dice che i tedeschi che hanno il vivaio più nutrito, 6 vice Dg cioè il triplo dei nostri (a Digitale e Commercio), stiano valutando varie opzioni, tra cui l’Industria. Che gli olandesi in cambio della Concorrenza gradirebbero l’Ecfin. Che l’Italia vedrebbe Roberto Viola, oggi vice al Digitale, salire al vertice: in estate quindi i nostri direttori generali potrebbero salire da 2 a 3.

L’interrogativo centrale resta la futura collocazione di Buti. Non si può escludere che, al termine del nuovo valzer di poltrone, resti dove è. Se infatti è vero che nonostante la riforma Prodi l'irlandese Catherine Day, ormai da 10 anni potente segretario generale della Commissione, resterà al suo posto ancora per altri 2 (contro il massimo teorico di 5-7), il Governo Renzi potrebbe giocare questa carta per difendere la poltrona Ecfin. Di motivi per farlo ce ne sarebbero a iosa.

«Oggi in Commissione esiste una questione italiana di sotto-rappresentazione analoga a quella polacca e parallela all'esondazione tedesca, apparentemente incontenibile. Tutti ne sono consapevoli» ammette un alto funzionario europeo. Concludere che per questo saremo ricompensati senza fatica, sarebbe però un grosso errore.

Per distrazione, trascuratezza, eccessiva concentrazione sul cortile di casa a scapito di quello europeo che pure lo ingombra e condiziona con crescente invadenza, l'Italia ha da sempre la pessima abitudine di non curare con sufficiente solerzia, quindi di non programmare nel tempo, la salvaguardia dei propri interessi nelle istituzioni Ue.

Per questo ad ogni stagione di nomine si scopre priva delle retrovie indispensabili per disporre a sufficienza di uomini e donne giusti da candidare ai posti più appetibili. Per questo anche questa volta non abbiamo molti candidati gerarchicamente maturi da mettere in gara. Quindi sono limitate le nostre chances di ridurre a breve il grave deficit accumulato ai vertici istituzionali: dai posti apicali della struttura eurocratica a quelli nei Gabinetti dei commissari.

Avendo voluto e ottenuto per Federica Mogherini la poltrona di “ministro” della politica estera e di difesa europea, carica oggi più di prestigio che di poteri reali, se perdesse la Dg Ecfin l’Italia si troverebbe totalmente scoperta sul fianco economico-finanziario, proprio quando la crisi greca non dà tregua all’euro e tiene sotto pressione anche il nostro Paese.

Già nel recente rimpasto alla Dg Industria abbiamo dovuto incassare lo spostamento di due direttori italiani, Valentina Superti e Carlo Pettinelli, con la perdita di due posti sensibili per gli interessi nazionali: il primo (passato a una tedesca) al mercato Ue delle merci e infrazioni alla libera circolazione, regole dei prodotti Ue, “made in” compreso. Il secondo, auto e acciaio, è andato a un francese.

Per l’Italia, come per tutti, quella delle poltrone europee non è una partita secondaria: perché misura potere e influenza di un Paese nei circoli istituzionali che più contano e che da anni stanno a Bruxelles. Non a Roma. Purtroppo sembra che non ce ne siamo accorti . Risultato, troppo spesso subiamo le decisioni altrui. Raramente le condizioniamo davvero.