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Per Onu e Ue l’occasione di uscire dal torpore

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Per Onu e Ue l’occasione di uscire dal torpore

Nelle prossime ore e nei prossimi giorni due organizzazioni internazionali che hanno rappresentato punti di riferimento essenziali, veri e propri fari, per l’atteggiamento dell’Italia repubblicana nei confronti del sistema internazionale sono chiamate a una prova impegnativa. Dal modo in cui l’Onu e la Ue risponderanno all’emergenza migranti dipenderà infatti molta della credibilità di cui esse ancora godono presso l’opinione pubblica e, cosa ancora più importante, dell’affidabilità che esse conservano presso i nostri decisori politici. Scelte impegnative, non sfide: le parole non sono scelte a caso, perché o l’Onu e la Ue saranno capaci di impegnare i propri Stati membri a condividere sul serio, e non a parole, il peso che la solidarietà effettivamente comporta oppure saranno loro a ritrovarsi sfiduciate.

Questa volta, e non è la prima in politica estera, l’Italia ha fatto la sua parte a prescindere dallo scarso sostegno ricevuto. Semmai ha avuto il merito di segnalare per prima la gravità della questione. Almeno quattro governi (Berlusconi, Monti, Letta, Renzi) hanno sollevato la dimensione strutturale della crescita dei flussi trans-mediterranei di migranti, provando ad affrontarla con strumenti in parte diversi e in parte simili, ma ottenendo sempre la medesima risposta irritante e inconcludente di Onu e Ue. Nessuno potrà imputare all’Italia la mancanza di tempestività nella denuncia di quanto sta accadendo da anni o l’assenza di generosità nel prestare assistenza a centinaia di migliaia di disperati. Ma proprio il lungo sforzo al quale il Paese si è sottoposto, lo autorizza a chiedere con fermezza che alla solidarietà di pochi verso il “popolo dei barconi” si affianchi la solidarietà di tutti nel farsi carico di una situazione tragica più che drammatica.

Sono stimati in oltre 200mila i “balzeros” che attraverseranno il Canale di Sicilia quest’anno. Di questi circa la metà potrebbe rientrare nella categoria dei profughi veri e propri, nei confronti dei quali vige l’obbligo di asilo.

Chiedere che almeno un quarto di questi venga accolto anche dagli altri Paesi membri dell’Unione non significa mercanteggiare sull’umanesimo, ma renderlo concretamente possibile. Dall’Europa ci aspettiamo legittimamente di più che un impegno a realizzare una «legislazione per garantire un sistema di trasferimento obbligatorio e automatico in caso di afflusso massiccio» entro la fine dell’anno. Chiediamo che, se non nei confronti dell’umanità miserrima che sta trasformando il Mediterraneo in un gigantesco cimitero, la solidarietà venga fatta valere almeno tra gli Stati membri. Poi ben vengano le riforme dei Trattati e ancor di più gli impegni ad aiutare i Paesi da cui arrivano i migranti economici. Ma intanto è necessario correre ai ripari prima che le cose precipitino ulteriormente.

Lo stesso discorso vale per l’Onu. È sicuramente un passo avanti importante quello di esternalizzare in Niger, e poi magari in Sudan e in Tunisia, i centri temporanei di accoglienza e verifica dell’eleggibilità allo status di rifugiato. Ma l’anarchia libica impone che si cerchi di trovare il modo di tamponare la vera e propria emorragia di fuggitivi che dalle sue coste transita incontrollata, arricchendo cartelli criminali, signori della guerra e organizzazioni terroristiche. Certo, serve l’accordo delle autorità libiche: ma quali? Sarebbe irresponsabile sconfessare il governo di Tobruk (il solo che la comunità internazionale riconosce). Ma occorre pur tener conto che un altro governo a Tripoli esiste. Cercare di metterli d’accordo è l’impresa disperata di Bernardino Leon, ma se ciò non fosse possibile non resterebbe altra strada che il blocco navale unilaterale: un’impresa per cui servono mezzi ingenti (e tanti soldi), ma anche e soprattutto una chiara risoluzione del Consiglio di sicurezza che non lasci spazio ad interpretazioni ambigue. Non vorremmo certo che potesse ripetersi una situazione analoga a quella che vede coinvolti da oltre due anni i due sottufficiali di Marina, Salvatore Girone e Massimiliano La Torre.

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