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Imprese sociali al test della ripresa

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NON PROFIT PRODUTTIVO

Imprese sociali al test della ripresa

Al sesto anno di crisi, dopo aver messo in atto tutti i tentativi possibili per salvaguardare sia il perimetro dei servizi, sia l’occupazione, l’impresa sociale si trova ora davanti a un bivio: o riesce a migliorare i margini d’esercizio e a sfruttare il potenziale di innovazione che ha nel dna, oppure rischia di sfarinarsi.

É un confine sottile quello che può segnare il passaggio dalla condizione di progressiva asfissia all’opzione dello sviluppo. E sarebbe un errore di portata storica non riuscire a sfruttare i primi, timidi segnali di ripresa proprio nel momento in cui, paradossalmente, la pressione dei bisogni sociali e gli impulsi di riforma che giungono dal legislatore fanno intravvedere per l’impresa sociale nuovi spazi di manovra.

Non lo dicono soltanto i policy makers e gli addetti ai lavori. Lo confermano anche i numeri del rapporto biennale di Iris Network, la rete di istituti di ricerca che, nel nostro Paese, produce il più completo e sistematico monitoraggio di quella galassia di organizzazioni che vengono generalmente riunite nella definizione di Terzo settore produttivo.

La diagnosi, in partenza, è severa. Se si guarda ai numeri, la formula dell’impresa sociale in senso stretto, ossia l’insieme degli enti costituiti secondo i dettami della legge 118/05 e iscritti nella sezione speciale del Registro imprese, conferma un sostanziale fallimento: il totale resta sotto le mille unità e, anche sommando altre 600 organizzazioni con la dicitura “impresa sociale” nella ragione sociale, si resta ben lontani dai valori raggiunti dalla storica veste giuridica della cooperativa sociale, disciplinata dalla legge 381/91: 12.570 organizzazioni, oltre mezzo milione di occupati, 10,1 miliardi di ricavi, un bacino di utenti stimato in oltre 5 milioni di persone.

Ma dentro la galassia c’è un altro sistema di pianeti: i ricercatori di Iris Network e di Aiccon, rielaborando i dati del censimento Istat riferiti al 2011, hanno individuato un ulteriore potenziale di imprenditoria sociale, costituito da almeno 82mila organizzazioni non profit market, con 440mila addetti, e 62mila imprese di capitali che già oggi operano nei settori di attività previsti dalla legge sull’impresa sociale.

«In pratica - spiega Carlo Borzaga, presidente di Iris Network - se non ci si focalizza su un particolare istituto giuridico, ma si prende in considerazione la definizione di impresa sociale condivisa a livello europeo, il fenomeno appare di assoluta rilevanza per impatto economico, grado di dinamicità e di innovazione, capacità di creare e mantenere occupazione».

Il problema, insomma, torna a essere quello delle prospettive economiche. «Le imprese sociali - afferma Borzaga - hanno reagito alla crisi cercando non solo di mantenere l’attività, ma addirittura di potenziarla, accettando di ridurre i margini d’esercizio, scesi in misura spesso superiore al 90 per cento. La prassi dell’accantonamento degli utili a riserva, tipica di queste forme cooperative, è stata sostituita da aumenti di capitale, soprattutto per effetto di apporti dei soci lavoratori, il che dimostra come la crescita dell’impresa sociale sia più robusta quando si rafforzano, e non si diluiscono, le caratteristiche distintive di questa tipologia di organizzazione. A ulteriore conferma, anche le nuove forme di imprenditoria sociale, comprese quelle che si costituiscono come società di capitali, nascono in larga parte da gruppi di persone accomunate da obiettivi specifici».

Una chiave di lettura che può offrire spunti anche al Parlamento, attualmente impegnato nell’esame del disegno di legge di riforma del Terzo settore che, su questa materia, pur con una formulazione piuttosto generica, punta dichiaratamente ad allargare il campo delle attività. Nel frattempo, se i cenni di ripresa che vengono segnalati da diversi indicatori dell’economia reale troveranno conferma anche per il non profit produttivo, l’impresa sociale può tentare la sfida di un recupero dei margini, pur in un quadro di costante decremento delle risorse pubbliche. E se, contestualmente, saprà valorizzare al meglio la propria attitudine all’innovazione, la traversata del deserto potrà forse dirsi compiuta, prima ancora che l’annunciata riforma giunga a dispiegare gli effetti attesi.

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