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Il rischio dell’incertezza

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Scenari

Il rischio dell’incertezza

Il nuovo assetto del reato di false comunicazioni sociali rappresenta una svolta di grande impatto rispetto all’approccio “leggero” che era stato introdotto (con grandi polemiche) nel 2002. Ma la vera scommessa della riforma non si gioca né sul superamento delle soglie di punibilità, né nel rilevante inasprimento delle sanzioni.

La vera scommessa, quella che misurerà il successo della riforma approvata ieri, sarà la sua capacità di rendere chiaro che cosa possa essere configurato come falso in bilancio. Su questo aspetto il testo della nuova legge lascia aperto qualche interrogativo.

Il sistema cambia alle radici. Oltre all’abolizione delle soglie di punibilità, arrivano pene più pesanti sia per le società quotate sia per le non quotate, mitigate solo in parte dalla possibilità di applicare le nuove regole della non punibilità per tenuità del fatto. In aggiunta a ciò, in tutti i casi si passa per tutti alla procedibilità d’ufficio (tranne che per le piccolissime società), ora prevista solo per le società quotate.

Naturalmente, serve realismo. È chiaro a tutti che il sistema in vigore dal 2002 aveva fatto il suo tempo e andava superato. L’esistenza di fatto di una “zona franca” del falso in bilancio, dovuta alle soglie, non è più sostenibile, soprattutto quando, come accade ora, si cerca di dare un segnale forte anche sul fronte degli “altri” reati economici, quelli contro la pubblica amministrazione, pure riformati dal Ddl approvato ieri.

La riforma, tutto sommato, parte da qui: con l’azzeramento di quelle soglie di punibilità che finivano inevitabilmente per trasmettere l’idea di impunità, specie per i soggetti più forti, le società di grandi dimensioni.

La scelta di rinuncia alle soglie di punibilità comporta però qualche rischio che forse andrebbe meglio vagliato. Rischia cioè di offrire margini più ampi di interpretazione da parte dei giudici. È vero, e ne va dato atto al ministro della Giustizia, che durante i lavori parlamentari il testo del Ddl è stato via via migliorato, accogliendo le richieste di maggiore chiarezza degli operatori. Per esempio, è scomparso ogni riferimento alle “valutazioni”, che erano previste nel testo del 2002. Gli errori e le imprecisioni nelle valutazioni saranno quindi esclusi dall’area del “penalmente rilevante”.

Ma ciò non impedisce di rilevare le potenziali criticità che il nuovo sistema porta con sé. Molti operatori già si interrogano su che cosa succederà a livello concreto, quando tra pochi mesi i giudici si troveranno ad applicare norme che non brillano in termini di tassatività. Insomma, il difetto di fondo della riforma, che è stato corretto ma non del tutto eliminato durante l’iter parlamentare, è che il nuovo assetto delle false comunicazioni sociali non va esattamente nella direzione di offrire certezze agli operatori. Il che, lo sappiamo, rappresenta un problema non indifferente per imprese, amministratori e professionisti. Come più volte è stato detto, nella formulazione della norma, probabilmente sarebbe stata preferibile una maggiore chiarezza finalizzata a indicare con più precisione ciò che è rilevante ai fini penali e ciò che non lo è. Quali sono, per esempio, i “fatti materiali” rilevanti; quali le comunicazioni. Alla fine, sarà il giudice a dover accertare questi elementi, esercitando ampi margini di discrezionalità e interpretazione.

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