Milano è più frizzante in questi ultimi mesi. Merito di Expo o di quella vecchia energia meneghina che qualcuno chiama “milanesità” e che ogni tanto, come un fiume carsico, riappare. Ne beneficiano, tra gli altri, i piccoli (e medi) editori e chi tratta testi di una certa età o di modernariato. Dal 31 maggio, e si ripeterà ogni ultima domenica del mese, parte un’iniziativa che ci auguriamo possa continuare anche dopo l’Expo: si chiama «Libri nuovi in piazza». Di che si tratta? Semplice: nei portici meridionali del Duomo, accanto all’Arengario e in via Marconi, dalle 9 alle 17 esporranno una trentina circa di bancarelle con editori quali Mimesis, La Vita Felice, Claudiana, Interlinea, Luni, Morashà, Henry Beyle e altri che continuano a pubblicare strumenti di studio, riscoperte, raffinatezze.
Se quel prodotto chiamato libro non è ancora morto, buona parte del merito è anche di questi piccoli (e medi) imprenditori di qualità che non si sono arresi alle creazioni letterarie usa-e-getta.
L’iniziativa si affianca a quella già in corso da vent’anni “Vecchi libri in piazza”, che si tiene tra i portici meridionali del Duomo e quelli di piazza Diaz, la seconda domenica del mese (dalle 9 alle 16). In tal caso i protagonisti sono i bancarellai o gli antiquari che giungono da ogni parte d’Italia. E' una manifestazione che vanta una sua letteratura e si possono incontrare, tra una postazione e l’altra, Umberto Eco (cerca fumetti, sue prime cose, capricci di gioventù) o l’avvocato del Milan Leandro Cantamessa (insegue opuscoli e tomi astrologici) o il vice rabbino di Milano David Elia Sciunnach, che compera repertori ebraici per arricchire i siti Internet a cui ha dato vita. Tale iniziativa, quest'anno, continuerà anche in estate: il sito “maremagnum.com” che organizza i due eventi ci ha confidato che l’adesione in luglio sarà totale (con i circa 100 tradizionali espositori) e in agosto scenderà un poco; a settembre, poi, riprenderà senza alcuna flessione tra i partecipanti. Merito di Expo o della “milanesità”? Difficile rispondere, di certo possiamo aggiungere che tali iniziative fanno bene all'editoria, rappresentano la gioia dei veri lettori e sono utili non soltanto ai bibliofili.
Scriviamo questo per un semplice motivo: inutile nascondersi dietro un dito, giacché la crisi di librerie, bancarelle e dell’editoria in genere si vede, si tocca e ci travolge ogni giorno. Quest’anno ha chiuso poche settimane fa, per esempio, anche la storica “Milano Libri” di via Verdi, accanto alla Scala, dove nacque “Linus”. Tra il Duomo e via Dante è rimasta soltanto la bancarella di Giovanni Sgarban; le altre, di piazza Mercanti o del passaggio santa Margherita, hanno cambiato pelle con l’aiuto dell’ultima crisi e sono diventate rivendite di profumi o di oggettistica che non è il caso di descrivere. I Remainder’s, nati a Milano, sono scomparsi sempre a Milano e l’ultimo punto con questo marchio – sito in Galleria! - è riuscito ad abbassare nel 2005 la saracinesca due giorni dopo aver ricevuto la beffarda targa di negozio storico. Per queste e per altre ragioni i libri in piazza, vecchi o nuovi che siano, aiutano a contenere l’ondata di malasorte che sta strozzando uno dei veicoli della cultura. Scriviamo queste considerazioni ben sapendo che Milano è ancora la capitale dell’editoria e una delle città più importanti per il commercio librario. Per offrire qualche ultimo dato del 2014 (fornito dai distributori, vagliato da Giuliano Vigini, corte di cassazione in materia) diremo che il capoluogo lombardo con la sua provincia rappresenta il 13,03% del venduto nazionale e che la Lombardia batte tutte le altre regioni con il 26,1%. Sotto la Madonnina operano 1572 editori, tra essi vi sono quelli economicamente rilevanti del Paese. Di più: utilizzando con frigido mestiere le statistiche, si può dire che il venduto della sola Milano equivale ad alcune regioni del Centro-Sud. Certo, bisogna escludere da questo computo Roma che, tra l'altro, ha il doppio degli abitanti della città meneghina. Inoltre i distributori di rilievo, con alte quote del mercato nazionale, operano a Milano.
Che aggiungere? Se l’effetto Expo reca un aiuto anche ai piccoli editori e ai libri in genere, occorrerebbe organizzarne con maggior frequenza. L’altro, quello del 1906, lasciò un beneficio indelebile: la segnaletica stradale. Prima non c’era. Ma l’arrivo del re, della regina, di un sacco di gente e il numero allarmante di automobili che cominciavano a circolare (si era giunti a superare le 500 vetture a motore, provincia compresa!), indussero le autorità a correre ai ripari. Per il 2015 è forse il caso di predisporre una segnaletica per ricordare che librerie e bancarelle non vanno distrutte e qualche signore, sedente nel Palazzo, dovrebbe - in mezzo alle tante riflessioni che caratterizzano la sua attività - pensarci .
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