Commenti

Cinquina senza i grandi editori

  • Abbonati
  • Accedi
premio campiello

Cinquina senza i grandi editori

È stata battaglia fino alla quinta votazione per la scelta della cinquina finalista del 53° Premio Campiello, avvenuta ieri a Padova con il consueto tavolo della giuria dei letterati, presideduto quest’anno dal sociologo Ilvo Diamanti. Il risultato è una cinquina piuttosto anomala: ed è, in controluce, un buon termometro per valutare a che punto sia lo stato della nostra migliore produzione letteraria, come stanno cambiando gli equilibri “geopolitici” dell’editoria italiana (che sta per assistere all’acquisizione di Rcs Libri da parte di Mondadori) ma, anche, della voglia di trasparenza, indipendenza e qualità che da sempre il Campiello rivendica nei confronti di altri premi.

La cinquina di ieri lo dimostra. Alla prima votazione, la giuria ha scelto Il tempo migliore della nostra vita (Bompiani) di Antonio Scurati, scrittore già vincitore del premio e ora favorito d’obbligo nei pronostici; La mappa (Il Saggiatore) di Vittorio Giacopini, collaboratore assiduo del nostro Domenicale e scrittore elegante e iper-letterato che non strizza certo l’occhio alla facile narrativa, L'ultimo arrivato (Sellerio) di Marco Balzano con il quale la casa editrice palermitana cerca di bissare la vittoria da outsider dell’anno scorso di Giorgio Fontana e, infine, Cade la terra (Giunti) di Carmen Pellegrino, autrice messasi in luce anche grazie all’intuito di un editor di lungo corso come Benedetta Centovalli, chiamata a rilanciare la narrativa dell’editore fiorentino. Poi è stato un confronto diretto tra Lacci (Einaudi) di Domenico Starnone e Senti le rane (Nottetempo) di Paolo Colagrande (al Campiello già vincitore come esordiente). Alla quinta votazione si è imposto Colagrande con sei voti su dieci. Una chiara virata verso un editore piccolo e di classe come Nottetempo a spese di un editore grande dentro il gruppo di Segrate come Einaudi e uno scrittore di vasta notorietà.

Non lo si sarà fatto apposta, eppure i marchi di Mondadori sono fuori, mentre Rcs è rappresentata dal più riottoso alla fusione tra i marchi nel suo portafoglio. Non pervenuto Gems. Al di là delle alchimie editoriali (ben presenti in altri premi), la risposta del Campiello è in nome della qualità letteraria, senza farsi intimidare dalle sigle. Il Campiello Opera Prima, è per il secondo anno consecutivo, Feltrinelli, stavolta con La vita prodigiosa di Isidoro Sifflotin di Enrico Ianniello. Spetta ora alla Giuria dei Trecento Lettori scegliere il vincitore, che verrà proclamato sabato 12 settembre al Teatro La Fenice di Venezia. I giurati vengono selezionati su tutto il territorio nazionale e cambiano ogni anno e i loro nomi rimangono segreti fino alla serata finale.

Soddisfatto Roberto Zuccato, Presidente della Fondazione Il Campiello e di Confindustria Veneto, che organizza il premio. «L’Italia sta attraversano una fase importante, abbiamo finalmente imboccato la strada della ripresa e siamo nell’anno dell’Expo. In questo percorso di rilancio la cultura gioca un ruolo fondamentale, è il “cibo” che più di ogni altro continua a nutrire e a dare energia al nostro Paese. Per questo da tempo noi imprenditori veneti crediamo profondamente nel valore che il fattore culturale può dare all’economia e al Bello e Ben Fatto italiano».

© RIPRODUZIONE RISERVATA