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Accelerare sull’economia, la via obbligata di Renzi

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LA SPINTA RIFORMISTA

Accelerare sull’economia, la via obbligata di Renzi

Questa volta Matteo Renzi non è riuscito a ripetere l’exploit delle scorse europee, quando aveva conquistato l’elettorato moderato presentandosi come il baluardo del cambiamento credibile contro le forze euroscettiche. Nei territori regionali lo schema non era replicabile e in quella che è ormai diventata la sfida in tutte le elezioni continentali, con la contrapposizione tra partiti di governo e forze di critica radicale, queste ultime segnano un punto a loro favore.

È un risultato che non mette in discussione di certo la navigazione del Governo. Ma Renzi dovrà tener conto di questo campanello d’allarme percorrendo la strada delle riforme e del cambiamento con ancora più forza e convinzione. L’iconografia del giorno dopo, tra giochi alla playstation e stellette militari, serve giustamente a segnare una distanza rispetto a possibili drammatizzazioni di dalemiana memoria, ma anche sottovalutare quanto accaduto sarebbe un errore grave. E le parole del premier, «ora avanti ancora più determinati», dimostrano questa consapevolezza.

Lega e M5s hanno saputo, certamente, intercettare gli umori popolari su temi sensibili come l’immigrazione e la questione morale. Rom e liste degli impresentabili hanno gonfiato le vele della loro proposta politica. Ma quel vento si alimenta soprattutto di una percezione della situazione economica, personale e del paese, che è ancora negativa.

È come se i dati finalmente positivi che cominciano a essere registrati nelle statistiche fatichino ancora a diventare percezione comune. E in questa situazione di incertezza le forze del malcontento hanno un’attrazione ancora troppo forte (ovviamente la Lega non è solo questo, è anche per esempio la conferma di una capacità di governo locale che in Veneto ha visto premiata l’esperienza di Luca Zaia).

L’anno scorso lo stato di salute dell’economia era ben peggiore, ma Renzi era all’inizio del suo governo e nel voto europeo poteva contare su un’immagine forte di outsider fautore del cambiamento. Oggi è da un anno e mezzo a Palazzo Chigi. Niente è più come prima.

Ne ha dette e fatte tante Renzi in questo anno. Ha spinto con determinazione su riforme e cambiamento. Ma è lui ora il “Palazzo”, è lui la “politica”, per quanta forza ci metta nel cercare di interpretare il ruolo in modo nuovo. Ed è verso di lui, inevitabilmente, che si scarica il malcontento di chi non vede ancora un miglioramento delle concrete prospettive personali di vita e di lavoro.

Per Renzi non c’è allora altra strada che quella di spingere con rinnovata forza sul rilancio dell’economia e sulle riforme, dando il massimo della concretezza alla sua azione. Mai come oggi ci sono le condizioni, esterne ed interne, per allontanarsi in modo stabile da una crisi durata troppo a lungo. Se l’Italia riuscirà a farlo, molto dipenderà dalle sue imprese e dai suoi lavoratori, ma è importante la fiducia che può venire dalla spinta riformista del governo. Dalla scuola alla pubblica amministrazione, dal fisco al decreto sulla banda larga, l’agenda di giugno offre più di un’occasione a Renzi per accompagnare e sostenere i segnali di ripresa con atti molto concreti.

La offre a Renzi, ma non solo a lui. Perché troppo spesso ci si dimentica di quanta economia, quante tasse, quante regole, quanta amministrazione passino in Italia attraverso gli enti locali e le Regioni. Proprio per questo il Sole 24 Ore ha voluto tra ieri e oggi raccontare il voto regionale analizzando quello che i neo-governatori dovranno e potranno fare nei propri territori: dal Veneto della piccola e media impresa che prima di altri ha capito di dover stare nel mondo, alla Puglia che deve trovare un futuro alla più grande acciaieria d’Europa, dalla Campania che vuole ancora fare industria malgrado l’assedio della criminalità e del malaffare, alla Liguria del Terzo valico, passando per le sfide di tutti, che sono una sanità in cerca di un modello nuovo tra pubblico e privato e il rilancio degli investimenti tra fondi europei di varia natura.

Guai a fermarsi. Perché la ripresa passa anche da qui. E passa magari per buoni consigli. Come quello rivolto al governatore veneto Zaia da Stefano Micelli, economista a Cà Foscari e direttore della Fondazione Nord-Est (si veda l’intervista a pagina 7), un consiglio che è anche uno sprone per il premier nel momento in cui si accinge ad affrontare l'ultimo confronto sulla riforma della scuola con i conservatori del suo partito e del sindacato: «Mi congratulo con il governatore, ora però non c’è un minuto da perdere: in questa regione abbiamo bisogno di una cultura politecnica diffusa a più livelli nelle scuole secondarie, nei tanti Its e nei fablab disseminati nei territori».

Ecco un buon tema su cui costruire la fiducia e una crescita stabile per il futuro.

@fabrizioforquet

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