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In 10 anni perso il 18% di votanti

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La politica in numeri

In 10 anni perso il 18% di votanti

Nelle ultime elezioni per la Camera dei rappresentanti negli Usa tenutesi l'anno scorso sono andati a votare il 36% degli elettori. Nelle ultime elezioni dipartimentali in Francia svoltesi qualche mese fa ha votato il 51% degli aventi diritto.L'anno scorso nelle elezioni nel Lander del Brandeburgo in Germania la partecipazione è stata del 48% e in Sassonia nello stesso anno del 49%. Nel 2012 nel Nord Reno-Westfalia è arrivata al 60%. E si potrebbe continuare con molti altri esempi di più o meno bassa affluenza alle urne in molti paesi europei e non.

È un fatto che l'astensionismo è da anni in crescita in quasi tutte le democrazie dove il voto non è obbligatorio. L'Italia non fa eccezione. Semmai quello che sorprende nel caso italiano è l'accelerazione del fenomeno negli ultimi anni. Domenica scorsa nelle sette regioni in cui si è votato sono andati alle urne il 52% degli elettori. Nel 2010 nelle stesse regioni aveva votato il 63%. Un calo di undici punti è indubbiamente forte. Tanto più che già nel 2010 c'era stata una diminuzione di oltre 7 punti rispetto al 2005. Complessivamente, la partecipazione al voto alle elezioni regionali è diminuita di 40 punti negli ultimi 40 anni, di cui circa 28 persi dall'inizio della Seconda Repubblica (1995), e 18,3 persi soltanto negli ultimi 10 anni (si veda Vincenzo Emanuele cise.luiss.it).

Disaggregando il dato fra le sette regioni al voto e confrontando la partecipazione alle regionali del 2015 con quella delle regionali 2010, delle ultime politiche e delle ultime europee, emergono alcuni elementi rilevanti. Il Veneto si conferma la regione con la più alta affluenza (57,2%) nonché quella che tiene meglio rispetto al crollo generalizzato. In generale il calo rispetto alle regionali 2010 si presenta omogeneo, compreso fra i 9 e i 13 punti. In questo quadro fa impressione vedere che le punte più significative si sono registrate in due delle tre regioni rosse, Marche (-13 punti) e Toscana (-12,4), entrambe scese sotto il 50% di votanti. Confrontando la partecipazione 2015 con i dati di affluenza delle europee 2010, il quadro interpretativo cambia. Complessivamente si registra una diminuzione di 6,6 punti rispetto alle europee, ma questa si concentra nelle regioni del Centro-Nord e in particolare nella Zona Rossa, con la Toscana che fa segnare un astensionismo aggiuntivo di 18,4 punti. Al contrario, nelle due regioni meridionali, si registra una complessiva tenuta della partecipazione, con un lieve aumento in Campania (+0,8 punti).

Il calo della affluenza alle urne e il corrispondente aumento dell'astensionismo non riguardano solo le elezioni amministrative. A livello di elezioni politiche si vota di più ma anche in questa arena è da tempo che si assiste ad una crescente diserzione dalle urne. E anche qui il tasso di decremento è aumentato di recente. Come si spiega tutto ciò? Perché la gente va meno a votare? Sono molte le ragioni dietro a questo fenomeno. Il cambiamento del corpo elettorale è una. Il declino dei partiti e delle ideologie è un'altra. Una volta il voto aveva una forte componente identitaria che veniva rinforzata dal senso di appartenenza ad una comunità politica. Oggi è molto meno vero. Il voto è diventato sempre di più uno strumento da usare a seconda delle circostanze. È vero che l'astensionismo è in crescita ma resta il fatto che si continua a votare di più in certi contesti rispetto ad altri. Abbiamo già detto della maggiore partecipazione alle elezioni politiche. Ma anche domenica scorsa si è votato di più nei 679 comuni interessati a questa consultazione che nelle sette regioni. In questi comuni la partecipazione è stata del 64% su base nazionale contro il 52% nelle regioni. Questo vuol dire che accanto al pool degli astensionisti cronici ci sono anche astensionisti intermittenti. Elettori che vanno e vengono. Oggi però, in un clima di persistente e accentuata sfiducia nella classe politica e di pessimismo diffuso sono sempre di più quelli che se ne vanno rispetto a quelli che ritornano. L'astensionismo è anche una forma di protesta oltre che una manifestazione di indifferenza. Il fenomeno non è irreversibile ma certamente non si vedranno più i tassi di affluenza alle urne degli anni settanta o ottanta. Ci dovremo abituare. A meno di non volere introdurre anche da noi il voto obbligatorio, come in Belgio, Australia, Brasile ecc.

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