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Il presidente della geopolitica

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DOPO LE DIMISSIONI DI BLATTER

Il presidente della geopolitica

All’indomani dell’annuncio di Joseph Blatter di voler rinunciare al quinto mandato da presidente della Fifa, si è subito scatenata la ricerca di un successore adeguato a rinnovare l’organizzazione che governa 209 federazioni.

I nomi più suggestivi circolati ieri sui media sono quelli di ex star del calcio come il brasiliano Zico, il francese David Ginola e Luis Figo, che era già sceso in campo contro Blatter nelle ultime elezioni, salvo ritirarsi tra le polemiche a poche settimane dal voto. Ed è per ora solo un rumors quello di una candidatura di Diego Armando Maradona (serve l’ok di almeno cinque federazioni per presentarla) da sempre il grande accusatore di Blatter.

La scelta del nono presidente dal 1904 sarà, in realtà, una partita molto più complessa, in cui conteranno come non mai gli equilibri fra le Confederazioni continentali, le mire geopolitiche di potenze, un tempo ai margini del grande calcio, come Stati Uniti, Cina, India, Russia e Paesi dell’area mediorientale, nonché il peso dei grandi sponsor istituzionali - Adidas, Coca Cola, Gazprom, Hyundai e Visa - che versano nelle casse della Fifa quasi 200 milioni di dollari all’anno.

Ascenderà al trono della Fifa, che dovrà essere sempre meno “monarchica” nella sua gestione, chi sarà stato più bravo a far convergere su di sé la maggior parte di questi interessi. Da qui al Congresso straordinario in cui si celebreranno le elezioni (fra dicembre 2015 e marzo 2016) si assisterà a una scrupolosa strategia di posizionamento da parte dei papabili nuovi numeri uno del calcio mondiale. E lo stesso Blatter, che resterà in sella fino ad allora, potrebbe muoversi per designare il proprio successore e riservarsi magari un ruolo da presidente onorario se le indagini dell’Fbi e delle altre procure finiranno per non lambirlo.

Per ora l’osservato speciale è Michel Platini, che ieri ha già ricevuto l’endorsement del presidente della Figc Carlo Tavecchio («È il nostro candidato, ammesso che intenda candidarsi»). I rapporti dell’ex campione transalpino al vertice della Uefa dal 2007 e Sepp Blatter sono stati ondivaghi e si sono “rovinati” solo negli ultimi anni. La Uefa può contare però solo su 53 voti ed è stata finora in netta minoranza rispetto al blocco di potere coagulatosi intorno al dirigente sportivo svizzero (forte dell’appoggio di Africa e Asia che insieme detengono un pacchetto di 100 voti). Per questo non ha mai osato sfidare a viso aperto Blatter. Nell’ultima tornata Roi Michel ha sostenuto il principe giordano Ali bin Al Hussein, 39 anni, figlio del re Husayn, che ha ottenuto alla prima votazione 73 preferenze. Il principe, accolto come un eroe in patria da dove si chiede addirittura un suo immediato insediamento alla presidenza, ha intenzione di riproporre la sua candidatura che certamente è vista di buon grado dagli Usa, alla luce dei rapporti privilegiati a livello diplomatico fra i due Paesi, come testimonia l’inserimento della Giordania, nel 1996, tra gli “alleati non-Nato” di Washington.

A meno che proprio dagli Usa, epicentro del terremoto giudiziario che ha travolto la vecchia nomenclatura della Fifa, nonché l’area in cui il tasso di popolarità del calcio cresce più rapidamente, con investimenti nella Major League Soccer sempre più imponenti (tutte le franchigie peraltro sono “griffate” Adidas e tra gli sponsor ufficiali della Lega dal 2015 c’è Coca Cola), non decidano di presentare un proprio uomo.

Una figura come quella di Don Garber che dal 1999 nel ruolo di commissioner sta guidando la rinascita del calcio a stelle e strisce. Tra i nomi trapelati ieri c’è anche quello di un italiano, Domenico Scala, il presidente del Comitato di Controllo della Fifa che dovrà traghettarla verso la prossima assemblea. Ma riguardo alla forza degli sponsor Fifa, sempre ieri, è emerso anche il nome del presidente e secondo maggiore azionista di Hyundai Heavy Industries (il suo 10% vale circa 900 milioni di dollari), Chung Mong-joon, il quale ha fatto sapere in una conferenza stampa a Seul che si incontrerà con i delegati europei prima di prendere qualunque decisione. Chung, ex membro del comitato esecutivo della Fifa ed ex candidato a presidente della Corea del Sud, fu tra i protagonisti della vittoriosa campagna della Corea del Sud per ospitare i Mondiali 2002 insieme al Giappone.

Le reazioni del mondo politico alle dimissioni di Blatter sono proseguite anche ieri. Mentre Sudafrica, Russia e Qatar (che sta investendo 200 miliardi dollari in infrastrutture per l’edizione 2022) hanno difeso a spada tratta la legittimità delle loro assegnazioni, la cancelliera tedesca Angela Merkel ha sottolineato come «adesso sia possibile che il lavoro della Fifa avvenga su basi più trasparenti», aprendo uno spiraglio per Wolfang Niersbach, presidente della Federcalcio tedesca.

Intanto, da Londra il presidente della Football Association (Fa), Greg Dyke, ha escluso che l’Inghilterra possa sostituire il Qatar per i Mondiali del 2022 se si decidesse di annullare la decisione del 2010, lanciando la volata degli Usa e confermando come l’offensiva anti-Blatter sia nata anche (se non soprattutto) per evitare che favorisse per le prossime edizioni le scalpitanti India e Cina. In serata il portavoce della Casa Bianca Josh Earnest ha commentato gli ultimi sviluppi sullo scandalo sottolineando come la Fifa «avrà dei benefici da una nuova leadership e migliorerà la propria immagine pubblica», aggiungendo che i magistrati Usa «porteranno avanti il loro lavoro».

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