Un’Europa senza la Grecia non è mai esistita, come noi non saremmo chi siamo senza Platone e Aristotile . Ma come si passa dalla retorica più bella di un grande passato a meritarci tutti assieme, noi e i greci, un futuro comune? Dovremmo fare esattamente il contrario di ciò che abbiamo fatto in questi 4 mesi.
Provo a disegnare un ragionamento ed un percorso - ovviamente politico, perché politico è il problema , e poi mettiamo a posto i particolari, cominciando dai soldi che servono per fine mese.
Anzitutto, il coraggio di dire la verità: la Grecia entra in Europa nel 1981 ed è l’unico Paese che nei 20 anni successivi non ne ricava alcun beneficio reale. Ciò nonostante, nel 2001 entra nell’euro (falsificando i conti pubblici) e l’unico beneficio che ne ricava è una montagna di debito (a tassi irrisori) per finanziare consumi. Quando nel 2009 la verità diventa pubblica, il gioco ha fine.
Tutto ciò per dire che i benefici dell’integrazione nell’Unione economica e monetaria , in Grecia non si sono ancora visti. Quella montagna di debito è chiaramente insostenibile. E perdere tempo con il quotidiano balletto dei tanti documenti che nessuno legge, e dei continui rinvii che nessuno nega serve solo a ...perdere tempo!
Vogliamo provare ad essere utili, a noi stessi ed alla nostra dignità prima ancora che ai greci?
Idealmente, l’Europarlamento dovrebbe approvare presto un documento di obiettivi che sottolinei il senso politico dell’Unione, e ricordi gli impegni che ciascuno ha assunto con i Trattati. Oltre che i doveri che ciascuno ha nei confronti degli altri membri. Aiutare la Grecia ad avere - dopo trent’anni - i benefici dati dalla integrazione, cioè da complementarità ed azioni comuni, è il minimo che dovremmo scrivere. Altrimenti, si va avanti con l’equivoco di questi mesi che si tratti solo di una comunità di banchieri (della peggiore specie, quella che sogna di affamare poveri bambini, per 4 soldi). E soprattutto la smettiamo di distinguerci in creditori e debitori : non è così che funziona una Unione degna di questo nome.
È talmente ovvio tutto ciò, che forse proprio per questo, ce l’eravamo dimenticato. Ma in politica, anche le buone regole contano. Solo avendo condiviso gli obiettivi di una strategia che non durerà meno di dieci anni, possiamo aprire una fase ricostituente (sempre comune, e non solo della Grecia, che è Paese membro e non controparte!) Qui c’è molto lavoro da fare : la crescita non ricompare il giorno che smetti di farti del male (“austerità- in-tempi-di-crisi” : possiamo lasciare agli storici il compito di accertare chi ha sbagliato di più ?).
Alla fine, come in ogni buon documento di strategia della crescita, si verificheranno le compatibilità finanziarie e si allocheranno le necessarie risorse. L’unica cosa certa è che di questi tempi c’è una montagna di soldi alla ricerca di impieghi utili. Sarebbe un peccato sprecarli buttandoli dalla finestra ( stile governo greco degli ultimi 4 mesi), ma non abbiamo più alcun alibi per darci accuse reciproche di inconcludenza. Anche noi non siamo riusciti a tenere una linea strategica univoca ed utile. Prima incominciamo a farlo, e meglio è.
Nelle settimane scorse, si era diffuso il convincimento che ormai si era preparati alla possibilità di un “incidente” (stile 15 settembre 2008 : in un weekend, Lehman scompare) e ciascuno controllava per gli effetti collaterali che ne avrebbe avuto alla riapertura dei mercati. La cosa più triste è sentir dire che ormai siamo pronti e che quei danni sarebbero minimi. In altre parole, che possiamo fare a meno della Grecia e che aiutare quel Governo ad aiutare quel popolo non è più un nostro dovere. Sarebbe davvero triste, se ciò fosse vero: una Unione in cui non merita restare.
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