C’è un diritto inalienabile dell’uomo: il diritto a nutrirsi con dignità. Un diritto ancora troppo negato, nonostante la grande abbondanza di cibo nel nord del mondo, che in buona parte si prede in sprechi, che sono circa un terzo di quanto prodotto e vanno ridotti. Devono cambiare gli stili di vita e il rapporto con le risorse naturali - specie da parte delle multinazionali - se il mondo nel 2050, con 9 miliardi di abitanti come previsto, riuscirà a sfamarsi.
Papa Francesco alla vigilia della pubblicazione dell’attesa enciclica “Laudato Sii” sull’ambiente (fissata il 18 giugno), parla ai delegati della Fao. «L’accesso al cibo necessario è un diritto di tutti. E i diritti non consentono esclusioni!» dice il Pontefice, che in una lungo discorso anticipa molti dei punti-chiave di un magistero che , come afferma Civiltà Cattolica nel numero appena pubblicato, porterà la tematica ambientale al cuore della sua dottrina sociale. Ma ieri il tema era focalizzato sulla lotta alla fame, che non può essere scollegata da un più generale aggancio allo sviluppo e al ruolo dell’uomo: «Dove non c'é lavoro, non c’é dignità» ha scritto ieri il Papa in un tweet. Il discorso alla Fao di quest’anno va ancora più a fondo di quelli precedenti, e mette in fila i comportamenti umani che mettono in ginocchio, pur legalmente, intere popolazioni: «Quanto incide il mercato, con le sue regole, sulla fame nel mondo?» domanda il Papa, lamentando che «l’aumento e la volatilità dei prezzi dei prodotti alimentari impediscono ai più poveri di fare programmi o di contare su una nutrizione anche minima. Se le cause sono tante e ci preoccupano giustamente i cambiamenti climatici non possiamo dimenticare la speculazione finanziaria: un esempio sono i prezzi di grano, riso, mais, soia che oscillano in Borsa, magari vengono legati a fondi di rendimento e, quindi, più alto è il loro prezzo maggiormente ricava il fondo». Francesco propone di «provare a percorrere un’altra strada, convincendoci che i prodotti della terra hanno un valore che possiamo dire “sacro”, perché sono frutto del lavoro quotidiano di persone, famiglie, comunità di contadini. Un lavoro spesso dominato da incertezze, preoccupazioni per le condizioni climatiche, ansie per le possibili distruzioni del raccolto». La politica, quindi, deve guardare lontano, oltre gli orizzonti elettorali, e superare l’idea che «la fame sia un argomento impopolare, che non assicura consensi». La solidarietà va traghettata dentro le relazioni internazionali: «Lavoriamo per armonizzare le differenze e uniamo gli sforzi: così, non leggeremo più che la sicurezza alimentare per il Nord significa eliminare grassi e favorire il movimento e per il Sud procurarsi almeno un pasto al giorno...». Ma anche la solidarietà deve concretizzarsi in modo giusto: «Gli aiuti di emergenza non bastano e non sempre finiscono nelle mani giuste. Per garantire alimenti è necessario incentivare la produzione locale, che in tanti Paesi con fame cronica è sostituita da derrate provenienti dall’esterno e magari inizialmente mediante gli aiuti. Così si crea dipendenza verso i grandi produttori». Molti gli aspetti toccati dal Papa – e che saranno anche nell’enciclica – hanno già suscitato forti critiche preventive da parte di ambienti politici statunitensi, come ha rilevato Vatican Insider, come del resto fu per Evangelii Gaudium, quando affermò che «questa economica uccide». Tra le aree critiche per il Papa c’è l’utilizzo dei terreni: «Preoccupa sempre di più l’accaparramento delle terre coltivabili da parte di imprese transnazionali e di Stati che non solo priva gli agricoltori di un bene essenziale ma intacca direttamente la sovranità dei paesi».
E sempre di alimentazione e di temi strettamente collegati alla prossima enciclica si è parlato all’Expo, dove ieri è stato il National Day della Santa Sede. Alla cerimonia hanno partecipato il cardinale Gianfranco Ravasi, commissario generale della Santa Sede, Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato, i cardinali Angelo Bagnasco, presidente della Cei, e Angelo Scola, arcivescovo di Milano. Il padiglione della Santa Sede sul sito Expo è stato visitato, nel mese di maggio, da 135 mila visitatori, mentre altri 32 mila sono stati quelli dell’Edicola Caritas (che ha però aperto più tardi) mentre Duomo Viaggi ha venduto finora 1,8 milioni di biglietti.
La Chiesa «può contribuire alla lotta alla fame in modo sempre più efficace, non nella logica di assistenzialismo permanente, ma in quella della dignità di tutti e di ciascuno, senza retorica ma con grande convinzione» ha detto Bagnasco. Per l’arcivescovo Becciu «se oltre due miliardi di persone soffrono oggi di malnutrizione, la cause stanno nell’assenza di volontà nel condividere, nella speculazione finanziaria, nell’esclusione dai processi decisionali». Ravasi ha precisato che tutti quelli che visitano il padiglione «possono dare un dono alla carità del Papa al quale chiederò un soggetto a cui destinare quanto raccolto affinché l’equilibrio sia maggiore» tra le popolazioni nel mondo. Per Scola anche da Expo stanno nascendo «segni di speranza per Milano, tanto che, potremmo forse essere all’inizio dell’uscita del tunnel».
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