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Ballottaggio da studiare pensando all'Italicum

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la politica in numeri

Ballottaggio da studiare pensando all'Italicum

Sono dodici i comuni capoluogo in cui si voterà oggi per la scelta del sindaco. In altri cinque la partita si è chiusa già al primo turno il 31 maggio scorso. Allora i vincenti sono stati tre candidati sostenuti da liste civiche a Tempio Pausania, Vibo Valentia e Sanluri, un candidato di centro-sinistra a Agrigento e un candidato di centro-destra a Andria. In otto casi su dodici le amministrazioni uscenti sono di centro-sinistra e in quattro di centro-destra. Oggi in tutti i ballottaggi è presente un candidato del Pd e in 11 casi su 12 sulla carta parte in vantaggio essendo arrivato in testa al primo turno.

Solo a Chieti il candidato del Pd è stato sopravanzato al primo turno dal candidato di Forza Italia sostenuto da tutti i partiti del centrodestra meno la Lega Nord. Una delle peculiarità di questa tornata elettorale è che a sfidare i democratici troviamo una pluralità di candidati di diversa estrazione e con variegati appoggi, ma mai un candidato del M5s. Non potranno esserci quindi altri casi Parma, Livorno o Ragusa. Questa volta in nessun capoluogo il movimento di Grillo è riuscito a piazzare il suo candidato tra i primi due. Né a vincere un comune al primo turno. E questo toglie un po' di interesse a questa competizione dal punto di vista di chi vuole capire le preferenze politiche degli italiani.

Fare previsioni su come andrà a finire è molto difficile in questi tempi di grande volatilità. I risultati del primo turno contano relativamente. L'essere arrivati primi - anche con un largo vantaggio sul secondo - non è affatto una garanzia di successo. Chi non ricorda il caso di Parma? Nel 2012 Federico Pizzarotti, candidato del M5s, arrivò secondo al primo turno con il 19% dei voti contro il 39% del candidato del Pd eppure vinse al ballottaggio con il 60%. E questo non è il caso più eclatante, anche se fece scalpore perché si trattava della prima significativa vittoria del movimento di Grillo. A Perugia l'anno scorso Wladimiro Boccali del Pd ottenne il 47% dei voti al primo turno contro il 26% del secondo arrivato Andrea Romizi di Forza Italia. E al ballottaggio è finita che Romizi ha vinto con il 58%. Nello stesso anno a Pavia è successo il contrario. Alessandro Cattaneo sfiora la vittoria al primo turno con il 47% dei voti e perde al secondo contro il candidato del Pd che partiva dal 36% del primo turno. E questi sono alcuni esempi. Si potrebbe continuare con i casi di Potenza, Ragusa, Messina, Livorno ecc. Insomma il ballottaggio è uno strumento complicato che può riservare sorprese sgradite a chi non ha capito come utilizzarlo. Per questo molti politici non lo amano.

Per massimizzare le probabilità di vittoria al ballottaggio occorre tener conto di due fattori. Il primo è la capacità di rimobilitare i propri elettori. Votare due volte nel giro di due settimane a molti elettori fa fatica. Per questo l'affluenza cala. Ma c'è un secondo motivo per cui riportare a votare i propri elettori è difficile. Al ballottaggio non ci sono più i candidati di lista che fan campagna elettorale per raccogliere preferenze e puntare ad entrare in consiglio. Al ballottaggio il candidato sindaco è solo. E in quei casi in cui è andato bene al primo turno deve fare i conti anche con la sindrome della vittoria annunciata che sommata alla apatia spiega molti casi di clamorosi ribaltamenti tra primo e secondo turno. E poi ci sono le dinamiche interne al partito che possono incidere sulla affluenza alle urne e quindi sull'esito del voto.

Nel caso in cui un candidato può contare su una base elettorale consistente rispetto a quella dei suoi diretti avversari la rimobilitazione dei propri elettori tra primo e secondo turno può essere il fattore decisivo per vincere. Ma non è sempre così. Un candidato che arriva in testa al primo turno con il 38% dei voti, come è successo a Venezia con Felice Casson del Pd, contro il 29% di Luigi Brugnaro del centro-destra, per garantirsi la vittoria deve essere in grado di conquistare anche i voti di elettori i cui candidati preferiti in assoluto non sono più in corsa. Infatti, a differenza dei sistemi proporzionali, con i sistemi di tipo maggioritario, e soprattutto quelli a doppio turno, non contano solo le prime preferenze degli elettori ma anche le seconde.

Ora è vero che molti elettori si rifiutano di votare un candidato che non sia quello preferito in assoluto, ma ci sono anche elettori che invece sono disposti a usare il secondo voto offerto dal ballottaggio per esprimere una seconda preferenza. Questi sono gli elettori che spesso decidono l'esito della competizione. Ecco perché con un sistema a doppio turno un candidato troppo di parte e poco trasversale potrebbe andare bene al primo turno ma perdere il ballottaggio. Da questo punto di vista Venezia, ma non solo, rappresenta un caso interessante. In particolare cosa faranno lì gli elettori del M5s il cui candidato non ce l'ha fatta ad andare al ballottaggio? Andranno a votare? E chi sceglieranno tra Casson e Brugnaro ? Sarà la risposta a questa domanda, a Venezia e in altre città, a dirci qualcosa di più su quello che bolle all'interno dell'elettorato italiano oggi e su quello che potrebbe succedere a livello nazionale con l'Italicum, che - come si sa- è anche esso un sistema a due turni.

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