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I candidati sbagliati che non raccolgono «seconde preferenze»

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Scenari

I candidati sbagliati che non raccolgono «seconde preferenze»

Per il Pd il bilancio di queste elezioni amministrative non è affatto positivo. Dei dodici capoluoghi in cui si è votato domenica otto erano governati dal centrosinistra, quattro dal centrodestra. Il Pd con i suoi alleati oggi ne governano quattro. Eppure i suoi candidati erano arrivati in testa al primo turno in undici comuni su dodici. Il partito del premier ha conquistato Mantova e Trani ma ha perso Venezia, Arezzo, Fermo, Matera e Nuoro. Brucia il caso di Venezia ma brucia ancora di più il caso di Arezzo.

Ci sono anche vittorie significative come quelle a Mantova e a Lecco che rendono il quadro meno pesante, ma complessivamente le cose non sono andate bene. Nonostante il difficile momento che sta attraversando a livello nazionale lo schieramento di centro-destra a livello locale ha dimostrato di essere competitivo. E questa è una ulteriore conferma che in questi tempi di grande fluidità nulla può essere dato per scontato. La destra c’è. Non è sparita. Ha vinto in quattro comuni, come il Pd. E c’è anche il M5s che non era presente ai ballottaggi nei comuni capoluogo ma che ha vinto in tre grossi comuni – Quarto, Venaria Reale, Porto Torres - battendo con percentuali altissime i candidati di centrosinistra negli ultimi due.

Per diversi motivi Venezia è il risultato simbolicamente più importante, anche se non è la vera sorpresa di questa tornata elettorale. Solo chi non conosce le insidie dei sistemi a doppio turno può meravigliarsi di quanto è successo nella città lagunare. I dati parlano chiarissimo. Felice Casson ha raccolto 46.298 voti al primo turno, arrivando in testa con il 38 % dei voti. Il secondo arrivato - Luigi Brugnaro - ne ha presi 34.790 pari al 28,6%. Casson era sostenuto oltre che dal Pd anche da una propria lista civica (che ha preso più voti del Pd: 17,1% contro 16,8%), Sel, Verdi e altre minuscole formazioni. Brugnaro era sostenuto da Forza Italia che gli ha portato in dote il 3,8%, da Ncd-Udc e soprattutto dalla sua lista civica che è risultata la formazione più votata in assoluto con il 20,8% dei voti. La Lega Nord a Venezia ha giocato in proprio presentandosi con un suo candidato che ha preso l’11.9% piazzandosi al quarto posto. Terzo è arrivato il candidato del M5s con il 12,6%. Alla luce di questi dati Casson aveva solo due possibilità per vincere: allargare il suo consenso tra gli elettori dei partiti esclusi dal ballottaggio oppure sperare che gli elettori di Brugnaro e degli altri partiti non tornassero a votare. Né l’una né l’altra di questa ipotesi si è realizzata. Casson ha il merito di essere riuscito a riportare a votare i suoi, ma ha preso solamente 1.540 voti in più rispetto al primo turno. Brugnaro invece non solo ha riportato alle urne chi lo aveva votato al primo turno ma ha conquistato ben 19.615 voti in più. È finita che Brugnaro è passato da 34.790 a 54.405 voti e Casson ha perso pur avendo incrementato il suo consenso da 46.298 voti a 47.838. Conclusione: con questo sistema elettorale e in questo contesto Casson era il candidato sbagliato. Lo si era capito già ai tempi della sua sfida con Cacciari. Non lo aveva capito buona parte del Pd locale.

Ad Arezzo è andata peggio per il Pd. Qui Matteo Bracciali, candidato del Pd e di una parte della sinistra radicale, avrebbe vinto se al ballottaggio avesse preso gli stessi voti che aveva ottenuto al primo turno. Invece ne ha persi quasi 900 e sono bastati a far vincere Alessandro Ghinelli, candidato di un centrodestra quasi unito, che tra primo e secondo turno ne ha guadagnati più di tremila. Solo l’analisi dei flussi elettorali potrà dirci qualcosa di più attendibile su cosa è veramente successo ad Arezzo. Ma sono due le ipotesi che si possono fare. La prima è che Bracciali non sia riuscito a prendere voti tra i 3.879 elettori che al primo turno avevano votato il candidato del M5s. La seconda è che gli elettori di quella parte della sinistra radicale che al primo turno hanno appoggiato il loro candidato (Gianni Mori) si siano rifiutati di votare un “renziano” che considerano estraneo alla sinistra. In scala minore è quello che è successo alle regionali in Liguria.

Con sistemi a due turni o hai i voti per imporre il tuo candidato oppure devi scendere a compromessi e selezionare un nome che possa essere gradito anche a chi ha votato altri partiti al primo turno. Con il secondo turno contano le seconde preferenze: molti nel Pd non lo hanno ancora capito. Soprattutto non lo hanno capito una parte del Pd e tutta quella area di sinistra radicale che pensano di poter vincere alle proprie condizioni e che preferiscono far vincere gli altri se non riescono a farlo. Per Renzi questo è un problema di non poco conto.

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