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Il manifesto ecologico di Francesco

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LA CHIESA E IL FUTURO DEL PIANETA

Il manifesto ecologico di Francesco

Era (ed è ancora) un documento molto atteso, dove la denuncia degli squilibri globali forse per la prima volta avrà una dimensione realmente planetaria. Sancirà l’ingresso ufficiale della tutela dell’ambiente, del “creato”, nella dottrina sociale della Chiesa. Di più. Sarà scolpita la profondità teologica del pensiero sociale di Papa Francesco, che già nella Evangelii Gaudium del 2013 aveva tracciato con chiarezza il “manifesto” del suo pontificato anche sulle questioni economiche, attirando su di sé i fulmini delle centrali finanziarie anglosassoni, beccandosi addirittura del “leninista” per aver affermato che questo modello di capitalismo, senza i giusti contrappesi a favore dell’uomo, crea dei guasti («questa economia uccide»).

E infatti l’annunciato arrivo della sua enciclica ecologica, da titolo noto “Laudato Sii. Sulla cura della casa comune” ha accentuato gli attacchi degli ambienti conservatori della Chiesa, quelli più affini al pensiero unico occidentalista che mal sopporta ogni istanza di difesa dell’ambiente. E in questo quadro è stata in buona parte letta la diffusione anticipata – rompendo il tradizionale “embargo” che il Vaticano chiede su questi documenti - del testo rispetto alla presentazione di domani nell’aula Nuova del Sinodo da parte del sito online dell’Espresso, che ha pubblicato integralmente un testo di 191 pagine. Il portavoce padre Federico Lombardi ha detto che non è il testo finale e che non sono state mandate al macero delle copie, come era circolato.

Insomma, un giallo attorno ad un passaggio chiave del pontificato, che ha generato anche un’interpretazione che ha trovato un ampio consenso: l’uscita della bozza è da attribuire ad ambienti ostili al Papa, interni ed esterni alla Curia, con la finalità di indebolire il messaggio dell’enciclica e attaccare direttamente Bergoglio e la sua opera di rinnovamento. Il documento finale tratterà di riscaldamento globale, di scarsità di risorse, di limitazione al loro accesso, di diffusa inequità sociale, di migrazioni, di smaltimento di rifiuti, di fame ancora non debellata, di decrescita, ma anche di speculazione finanziaria che indebolisce le fasce deboli dei produttori, di rischio di guerre per il controllo delle risorse. Temi trattati spesso da Francesco, anche di recente: nel discorso di giovedì scorso ai delegati Fao tutti questi argomenti sono stati ampiamente citati, e anche domenica all’Angelus ci è tornato sopra.

Ma perchè il Papa ha scelto un tema così delicato e per molti anche controverso per la sua prima vera enciclica? Gli ambienti tradizionalisti conservatori, soprattutto americani o filo-americani ma non solo, vedono la tematica ambientale, oltre che astrattamente anti-mercato, anche come una sorta di “religione civile”, di cui diffidare da parte del mondo religioso. Ma per Bergoglio, che arriva dal continente latino-americano dove le devastazioni della natura e lo sfruttamento selvaggio delle risorse hanno mutilato interi ecosistemi, quella della difesa del creato e quindi della necessità di una conversione ecologica, è una delle strade per riportare l’uomo al centro delle relazioni economiche. Una pastorale, quindi, destinata a viaggiare in parallelo a quella sulla famiglia, che rappresenta l’altro appuntamento decisivo del Papa (il Sinodo sarà a ottobre) nel suo confronto contro le posizioni avversarie ad ogni apertura.

«Si tratta di salvare l’uomo dalla sua distruzione e di edificare la società nella fratellanza e nel rispetto della natura. Ecologia umana ed ecologia ambientale camminano insieme, ha affermato più volte Francesco parlando di ecologia integrale, del legame fra ecologia ed economia, così come quello fra inquinamento ambientale e povertà, sistemi economici-finanziari perversi e cultura dello scarto» ha osservato pochi giorni Stefania Falasca sul quotidiano cattolico Avvenire.

L’altro aspetto dirompente dell’enciclica è il suo aspetto autenticamente universale, rivolto a tutto il mondo, come fu per la Pacem in Terris di Giovanni XXIII nel 1963. Il Papa da tempo accenna alla “casa comune”, quindi non solo ai suoi credenti, ma a tutto il mondo. E non è certo un caso che alla presentazione ufficiale di domani poltre al cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, ci sarà il metropolita di Pergamo Zizioulas in rappresentanza del Patriarcato Ecumenico e della Chiesa ortodossa, oltre che il professor John Schellnhuber del Potsdam Institute e Carolyn Woo del Catholic Relief Services, americana. Il messaggio francescano – e la popolarità del Santo d’Assisi è davvero planetaria – naturalmente farà grossa presa sulla base dei fedeli, che tradurrà l’enciclica in azioni concrete sul territorio. Il test “politico” fondamentale sarà il prossimo viaggio in settembre negli Stati Uniti, dove il Papa parlerà al Congresso a Washington e al Palazzo di Vetro a New York.