Commenti

Ragionare vale più di sapere

  • Abbonati
  • Accedi
Scenari

Ragionare vale più di sapere

Questa volta nessuno dovrebbe lamentarsi delle tracce della prima prova dell’esame di maturità, quella di Italiano, svoltasi ieri mattina. Va bene, per l’analisi del testo non sono “usciti” né Dante né Pasolini, gli autori più attesi in virtù degli anniversari (rispettivamente 750 dalla nascita e 40 dalla morte), ma si sa che a Viale Trastevere tendono a evitare di proporre scrittori legati agli anniversari (la previsione in questo caso sarebbe troppo facile). Ma Calvino è un narratore tra i più classici del canone scolastico (se ce n’è uno del secondo Novecento che si affronta nelle ultime settimane di scuola, quello è lui) e il brano proposto non presenta davvero alcuna difficoltà. Neanche serviva aver letto e neppure solo aver sentito nominare «Il sentiero dei nidi di ragno», il romanzo del 1947 da cui è tratto il brano che si chiedeva di commentare, perché il Ministero ha pensato bene di fornire in calce al testo un breve riassunto dell’opera. Il candidato doveva limitarsi soltanto a rispondere ad alcune domande, le risposte alle quali sono di fatto nel testo stesso. Dunque più una prova di comprensione e di interpretazione, che non sui contenuti acquisiti nel corso degli studi.

È questa la differenza sostanziale tra questo tipo di esame, varato a partire dal 1999, e la vecchia maturità, in cui il tema di letteratura chiedeva di affrontare un dato argomento (la visione tragica di Manzoni o il pessimismo di Leopardi, poniamo) ed era un modo per testare quanto si era studiato. Per superare una prova di questo tipo, invece, si può anche non aver studiato assolutamente nulla: basta mettersi a pensare in maniera logica sui documenti proposti e scrivere in modo sufficientemente corretto.

Ciò vale anche per tutte le altre tipologie di prova, forse un po’ meno soltanto per il tema storico, quest’anno sulla Resistenza, ma anche in quel caso con un documento da cui partire. I quattro saggi brevi presentano argomenti parecchio dibattuti sui media e persino agli angoli delle strade. Qui il problema non è il cosa, ma il come: la differenza nella valutazione sarà determinata dalla maggiore o minore consequenzialità argomentativa e dal grado di originalità nello svolgere l’elaborato, che non dev’essere (questo l’errore più comune) un centone di diverse citazioni, magari male parafrasate e male amalgamate tra loro, tratte dai materiali messi a disposizione. Lo stesso si può dire del tema di ordine generale, che parte da una citazione («I nostri libri e le nostre penne sono le nostre armi più potenti») di Malala Yousafzai, la ragazza pachistana ferita dai fondamentalisti islamici e premio Nobel per la pace, per spingere a riflettere sul diritto all’istruzione.

Insomma, ce n’è per tutti i gusti e per tutti i livelli, e sarebbe davvero singolare che uno studente non avesse trovato una traccia con cui sentirsi a proprio agio. Rimane da chiedersi che cosa sia in grado di testare una prova di questo tipo. Come abbiamo detto, non le conoscenze, bensì le competenze: comprendere, analizzare, interpretare, produrre. D’altra parte la scuola di oggi è la scuola delle competenze, e anche i tanto discussi test Invalsi, pensati per misurare in modo oggettivo i livelli di apprendimento, vanno in questa direzione. Perciò tutto si può dire, tranne che si tratti di una prova difficile o selettiva.