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Custodiamo la nostra casa comune

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Scenari

Custodiamo la nostra casa comune

Sin dal titolo ispirato al Cantico delle Creature di San Francesco, la lettera enciclica di Papa Francesco «Laudato si'», «sulla cura della casa comune», si collega al messaggio del Santo di Assisi, per riconoscere nella terra su cui posiamo i piedi «una sorella, con la quale condividiamo l'esistenza, e una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia» (n.1).
Questa sorella, «protesta per il male che le provochiamo, a causa dell'uso irresponsabile e dell'abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla» (n. 2).

Nello stile fortemente comunicativo, proprio del Papa venuto «dalla fine del mondo», l'allarme è lanciato, mentre è offerta con altrettanta chiarezza la motivazione per cui nessuno può tirarsi indietro di fronte ad esso: niente di questo mondo può esserci indifferente, perché si tratta della nostra «casa comune»! Per questo l'Enciclica è rivolta a tutti e non solo ai membri della Chiesa, accomunati – come tutti dovremmo essere – da una stessa preoccupazione e da una medesima responsabilità di fronte al mondo in cui viviamo. Il Papa si rifà al magistero dei suoi immediati predecessori e a quello del Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo, guida del mondo ortodosso, per avanzare la proposta di un'urgente «conversione ecologica» e di nuovi stili di vita da adottare ispirandosi a una vera e propria «ecologia integrale», che abbracci tutte le dimensioni del rapporto della persona umana con se stessa e con l'ambiente in cui vive. La posta in gioco è il futuro di tutti, anche se lo sguardo di Francesco è rivolto in modo prioritario a coloro che più di altri pagano il prezzo della crisi ecologica: i poveri. È anche in loro nome, oltre che a loro favore, che intende parlare.

Nell'esame della situazione attuale la riflessione spazia dai problemi dell'inquinamento, connessi al divario fra i velocissimi tempi della tecnologia e quelli lenti della biologia, ai cambiamenti climatici dagli effetti spesso devastanti, fino al pericoloso diffondersi della «cultura dello scarto», che «colpisce tanto gli esseri umani esclusi quanto le cose che si trasformano velocemente in spazzatura» (n. 22). Una delle conseguenze drammatiche di questi processi riguarda «l'aumento dei migranti che fuggono la miseria aggravata dal degrado ambientale, che non sono riconosciuti come rifugiati nelle convenzioni internazionali e portano il peso della propria vita abbandonata senza alcuna tutela normativa»(n. 25).

La denuncia è sociale e politica: «Molti di coloro che detengono più risorse e potere economico o politico sembrano concentrarsi soprattutto nel mascherare i problemi o nasconderne i sintomi, cercando solo di ridurre alcuni impatti negativi di cambiamenti climatici» (n. 26). Gli argomenti sono concreti e stringenti: dalla questione dell'acqua, bene primario spesso trasformato «in merce soggetta alle leggi del mercato» (n. 30), alle ferite gravi inferte alla biodiversità, al deterioramento della qualità della vita umana e alla degradazione sociale, connessi ai danni ambientali. Di fronte a quest'elenco di urgenze drammatiche, Francesco indica vie operative precise, insistendo sulla necessità di fondo di «un'etica delle relazioni internazionali», che muova dalla constatazione di «un vero debito ecologico, soprattutto tra il Nord e il Sud, connesso a squilibri commerciali con conseguenze in ambito ecologico, come pure all'uso sproporzionato delle risorse naturali compiuto storicamente da alcuni Paesi» (n. 51). L'imperativo che ne consegue è categorico: «È necessario che i Paesi sviluppati contribuiscano a risolvere questo debito limitando in modo importante il consumo di energia non rinnovabile, e apportando risorse ai Paesi più bisognosi per promuovere politiche e programmi di sviluppo sostenibile» (n. 52).

Il discorso non è però solo socio-politico: Francesco ricorda puntualmente che i testi biblici, letti con una giusta ermeneutica, «ci invitano a coltivare e custodire il giardino del mondo» (n. 67), escludendo ogni «antropocentrismo dispotico che non s'interessi delle altre creature» (n. 68) e fondando una relazione di solidarietà fra l'uomo e la natura al cospetto dell'unico Padre celeste, che se da una parte «demitizza» la creazione, dall'altra evidenzia la responsabilità dell'essere umano, consapevole e libero, verso tutto il creato. Ciò che di fatto è avvenuto è stato, al contrario, l'insinuarsi nelle coscienze di «un sogno prometeico di dominio sul mondo che ha provocato l'impressione che la cura della natura sia cosa da deboli. Invece l'interpretazione corretta del concetto dell'essere umano come signore dell'universo è quella di intenderlo come amministratore responsabile» (n. 116). Partendo dal principio che «tutto è connesso» (n. 138), il Papa ne deduce che la natura non può essere considerata «come qualcosa di separato da noi o come una mera cornice della nostra vita» (n. 139). È necessario cercare soluzioni integrali: «Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un'altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale. Le direttrici per la soluzione richiedono un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura» (ib.). In quest'ottica, Francesco propone riflessioni significative sui vari contesti d'azione, proponendo tra l'altro un'incisiva «teologia della città», di cui occorrerebbe tenere particolarmente conto (cf. n. 151).

Di fronte a queste sfide soltanto il dialogo franco e solidale può rappresentare il percorso per offrire una risposta affidabile: troppo spesso, però, ad esso si preferisce l'interesse di parte, a tutto svantaggio dei popoli e delle categorie più deboli del pianeta. Avviene così che «i negoziati internazionali non possono avanzare in maniera significativa a causa delle posizioni dei Paesi che privilegiano i propri interessi nazionali rispetto al bene comune globale» (n. 169). Eppure, la responsabilità verso l'ambiente e le generazioni presenti e future richiede coraggio e lungimiranza da parte di tutti, unitamente alla disponibilità necessaria a fare talvolta anche dei passi indietro per raggiungere la misura della sobrietà, valore inseparabile dalla solidarietà. Occorre puntare a nuovi stili di vita, educando all'alleanza tra l'umanità e l'ambiente, stimolando a quella che Francesco chiama la “conversione ecologica” di ciascuno, unica condizione di gioia e di pace durature per tutti. La sfida ambientale si congiunge così a quella educativa, basata sulle possibilità dell'essere personale di crescere nella consapevolezza delle proprie responsabilità e di agire di conseguenza in maniera ecologicamente sostenibi le e solidale, a cominciare dagli ambiti vitali come quello della famiglia.

Un aspetto particolarmente rilevante dell'Enciclica è l'aver valorizzato la riflessione collegiale nella Chiesa: numerosi documenti di episcopati nazionali, che si sono fatti voce di situazioni che evidenziano l'urgenza diffusa di una conversione ecologica, sono citati e utilizzati. Rilevante è il riferimento ad alcuni profeti dell'epoca moderna, troppo spesso ignorati, dall'antropologo e teologo gesuita francese Pierre Teilhard de Chardin, al pensatore italo-tedesco Romano Guardini, al filosofo protestante Paul Ricoeur. Il coinvolgimento nell'azione da intraprendere è proposto a tutti, nessuno escluso, perché la casa comune riguarda ogni persona umana e nessuno può chiamarsi fuori dalla responsabilità verso di essa. D'altronde, la lucidità dell'analisi delle situazioni da cui il testo muove, la denunzia severa e documentata che propone sul piano morale, come su quello economico e politico, il rigore delle motivazioni offerte, la puntualità delle indicazioni avanzate, ne fanno un dono e una sfida a cui nessuno potrà moralmente sottrarsi. Come il Santo di cui porta il nome, Papa Francesco ha saputo dar voce in queste pagine all'intera famiglia umana, invitando tutti a unirsi con le proprie scelte a quelle espresse dal Cantico del Poverello d'Assisi, autentico fratello universale. Un testo da leggere e da diffondere, una parola di vita e di speranza, d'impegno e di passione, che il Vescovo di Roma non esita a lanciare al mondo intero, in maniera tutt'altro che generica e astratta, concretissima anzi e coinvolgente per ogni essere umano che si voglia persona libera e protagonista di un domani di vita piena per sé e per tutti.
Bruno Forte è Arcivescovo di Chieti-Vasto

Bruno Forte presenta ai nostri lettori alcuni contenuti della sua introduzione all'edizione dell'Enciclica di Papa Francesco «Laudato si'», pubblicata dall'Editrice La Scuola (pagine 192,
€ 9,90). All'introduzione seguono nel volume il testo integrale
e alcune guide alla lettura, firmate da Piero Stefani, Roberto Rusconi, Dario Antiseri, Salvatore Natoli, Fulvio De Giorgi, Giovanni Santambrogio e Piero Gibellini

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