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La fiducia che Atene non costruisce intorno a sé

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La fiducia che Atene non costruisce intorno a sé

L’ora X si sta avvicinando. Dopo mesi di negoziati la Grecia e i suoi creditori sembrano arrivati a un’impasse. La riunione dell’Eurogruppo di domani potrebbe essere decisiva. Se un accordo non viene raggiunto, la Grecia non è in grado di ripagare i suoi debiti nei confronti del Fondo monetario. Da un punto di vista tecnico non è ancora default, ma ci siamo vicini. Nel frattempo la Banca centrale europea sta tenendo in vita le banche greche con continue immissioni di liquidità attraverso una linea di credito chiamata - non a caso - Emergency liquidity assistance (Ela).

Queste iniezioni di liquidità compensano la corsa agli sportelli sempre più frenetica. Senza la liquidità fornita dall’Ela le banche greche non potrebbero riaprire lunedì. A quel punto l'unico modo per salvare il sistema bancario sarebbe stampare una propria moneta: sarebbe la famigerata Grexit.

In questo contesto estremamente teso è difficile anche per gli esperti capire le posizioni delle due parti ed è facile scadere negli stereotipi dei tedeschi cattivi o dei greci pigri e corrotti. Anche la stampa, che dovrebbe informare in modo analitico, sembra per la maggior parte essere diventata una pura cassa di risonanza di posizioni politiche preconcette. Per questo ho provato ad andare alla fonte ed ho letto le proposte avanzate dal ministro delle Finanze greco Varoufakis all’ultimo Eurogruppo. Non fidandosi più di come potrebbero essere riportate sulla stampa europea, il ministro ha messo queste proposte direttamente sulla sua pagina web.

Devo ammettere che sono rimasto sorpreso della loro ragionevolezza. Varoufakis propone un piano per aumentare la competizione sui vari mercati a cominciare da quello delle costruzioni; una riforma che faciliti la creazione di nuove imprese; e un severo piano anticorruzione. In cambio richiede una riduzione dello 0,5% del surplus primario di bilancio e uno spostamento del debito greco detenuto dalla Bce all’European Stabilization Mechanism, cosicché da permettere alla Grecia di partecipare ai benefici del Quantitative easing. Pochi sanno che oggi la Grecia è l’unico Paese dell’eurozona a non beneficiare del Qe perché la Bce possiede titoli greci al di sopra del limite. Visto che il limite è stato deciso a gennaio 2015 quando la Bce deteneva già questi titoli, si capisce che è stato scelto apposta per escludere la Grecia. Infine, Varoufakis richiede che non vengano toccate ulteriormente le pensioni.

Come è possibile che questo programma così ragionevole non sia accettato dall’Europa? Ho chiesto ad una serie di esperti e la risposta è stata duplice. Innanzitutto questo programma è ancora troppo vago, ed effettivamente il discorso non è corredato da molti numeri. Ma il motivo principale è che nessuno si fida del governo greco. A questa sfiducia hanno contribuito non solo il comportamento nei negoziati ma anche alcune iniziative interne (tra cui l’abolizione delle valutazioni per gli insegnanti), che hanno reso il governo di Tsipras «poco credibile».

Sicuramente c’è un problema di credibilità. Il governo Tsipras è fatto di outsider. Molto difficile per degli outsider prendere in mano un governo e gestire un Paese efficacemente durante una crisi come quella attuale. Ma ricordiamoci che il motivo per cui i greci hanno votato questo governo è perché gli insider precedenti erano parte del problema (ad esempio, Samaras era uno dei leader del partito il cui governo aveva falsificato i dati finanziari) e forse proprio per questo erano troppo sottomessi alle richieste della Troika. Non dimentichiamoci che nei primi mesi anche il governo Renzi ha faticato a presentare dei piani numericamente accurati e ha fatto marcia indietro sulle valutazioni Invalsi degli insegnanti. Non per questo è stato vilipeso dalla stampa europea, anzi.

Certamente Syriza paga un pregiudizio alla fonte, in quanto formazione di sinistra radicale, che in alcune componenti rifiuta l’economia di mercato. È anche vero che sia Tsipras che Varoufakis hanno commesso errori. Ma anche l’Fmi ha commesso gravi errori (e li ha pure ammessi) eppure i suoi vertici non vengono trattati con la stessa condiscendenza. Syriza paga soprattutto il tentativo di cambiare il modo in cui avvengono le trattative a livello europeo. La burocrazia europea vive di segretezza, perché non è abituata a rispondere a un governo democraticamente eletto. Per questo si trova a disagio con un governo che fa della trasparenza una priorità. La sfiducia che l’Europa dimostra nei loro confronti è soprattutto sfiducia nei confronti della diversità, una diversità che minaccia la sopravvivenza degli attuali burocrati europei. Come uscirne?

L’unica persona che in questo momento può salvare la situazione è Angela Merkel. Spetta a Merkel inchiodare Varoufakis sulle sue proposte e farsi garante di un accordo. Fu l’appoggio di Merkel che permise a Draghi di lanciarsi a difesa dell’euro. E potrebbe essere il suo appoggio a permettere un accordo domani. Certamente i suoi interessi elettorali vanno in direzione contraria. I tedeschi e tanto più i suoi elettori sono stufi della Grecia e contrarissimi a qualsiasi concessione. Ma è questo il momento in cui si vede se Merkel è solo il capo del governo tedesco o anche il leader dell’Europa del futuro. Un vero leader non guarda solo agli interessi personali, ma ha a cuore l’interesse di tutta la nazione, in questo caso l'intera nazione europea. E questo interesse è certamente per un accordo. Non parlo di un accordo a tutti i costi, ma di un accordo su linee ragionevoli come quelle proposte da Varoufakis. O Merkel si erge a levatrice di una nuova Europa o si troverà relegata dalla Storia a responsabile di aver ucciso per sempre il sogno europeo.

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