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Il balsamo dell’arbitro prima della gara

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Il balsamo dell’arbitro prima della gara

Arbitri. «Quasi tutti quelli che parlano di calcio hanno giocato a calcio almeno una volta nella vita. Quasi tutti quelli che parlano di arbitri non hanno mai arbitrato una partita nella loro vita».

Mantra. Il mantra di Nicola Rizzoli prima di entrare in campo: «Controlla ciò che puoi. Controlla ciò che puoi. Controlla ciò che puoi…». Lo stesso di André Agassi.

Squadra. Nicola Rizzoli prepara la sua squadra di assistenti con una frase del libro L’arte della guerra di Sun Tzu, «Non contare sul mancato arrivo del nemico, ma fai affidamento sulla tua preparazione», e con la musica: One degli U2 cantata da May J. Blige, Titanium di David Guetta, Viva la vida dei Coldplay.

Vicks. Nicola Rizzoli, prima di entrare in campo, respira profondamento un barattolino di Vicks VapoRub. «Quel profumo balsamico mi calma, mi rilassa da morire»

Inizi. Rizzoli iniziò ad arbitrare a 16 anni perché ferito nell’orgoglio da un arbitro che lo aveva ammonito rimproverandolo di non conoscere il regolamento.

Partita. «Nei primi dieci minuti si gioca tutto. Cinque mi occorrono per capire se la partita sarà più impegnativa sul piano fisico o su quello nervoso, altri cinque per avere un quadro nitido dei giocatori. Poi valuto se ho tutte le informazioni che mi servono: cosa mi è sfuggito? Cosa è diverso da quello che mi aspettavo? Da lì in poi ci vorrà solo capacità tecnica, tenere la mente sgombra e arbitrare bene».

Baggio. Roberto Baggio «è un grande uomo oltre che un grande campione. Il pallone quando viene calciato da lui ha un suono diverso, non so spiegare quale sia o perché ma è diverso».

Puffi. Durante gli Europei 2012 di Polonia e Ucraina, Rizzoli fece stampare delle magliette per la sua squadra di arbitri: sul retro il logo dell’Europeo con sette Puffi personalizzati, schierati come una squadra di calcio: Puffo Architetto per se stesso; Puffo Brontolone per Rocchi, «noto per lamentarsi di tutto e tutti»; Puffo Quattrocchi per «l’ingegnere precisino Stefani»; Puffo Parrucchiere per Paolo, «visto che quello è il suo lavoro»; un Puffo che tiene in mano una bomboletta con su scritto “Product” per Renato «perché è maniaco della perfezione per i suoi capelli»; Puffo Giardiniere per Maggiani, «il nostro assistente di riserva, che io considero ovviamente parte della squadra anche se è rimasto in Italia. Infine Grande Puffo ovviamente da dare a Collina. Davanti, invece, le magliette sono personalizzate: ognuno ha il proprio Puffo».

Ibra. «Atalanta-Inter, Serie A, 18 gennaio 2009. Punizione per l’Atalanta a pochi metri dal limite dell’area, Ibra si mette in barriera. È il più alto, per cui si posiziona per primo. Conto i nove passi dal pallone e segnalo il punto in cui la barriera si deve mettere a distanza: non essendoci ancora lo spray, mi posiziono qualche passo dietro ai giocatori e uso il braccio come una specie riferimento. “Toccate il braccio” dico, per farli arretrare ancora di mezzo metro. Loro eseguono, ma Ibrahimović non si sposta. “Ancora un passo” gli ripeto. Allora si muove, ma stizzito e decisamente con troppo slancio, finendo sul mio piede. Fosse stato un episodio plateale avrei potuto anche estrarre il rosso, ma in questo caso nessuno ha visto cosa è successo, per cui un’espulsione sarebbe stupida e controproducente. Così ricambio con la stessa moneta, affibbiandogli una gomitata decisamente “involontaria” sul fianco per spostarlo. Ibra, guardandomi con aria di sufficienza, incassa senza fiatare. Anzi, abbozza un sorriso».

Notizie tratte da: Nicola Rizzoli, Che gusto c’è a fare l’arbitro. Il calcio senza il pallone tra i piedi (a cura di Francesco Ceniti), Rizzoli 2015, 342 pp., 17,50 €.