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Pechino vara la Banca multilaterale

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via all’aiib

Pechino vara la Banca multilaterale

Nell’ora della firma dell’Articles of agreement, l’atto costitutivo dell’Asian infrastructure bank (Aiib), la banca multilaterale voluta da Pechino, nella Great Hall of People il tripudio cinese è tenuto a freno.

Perché non è giornata, il ministro delle Finanze Lou Jiwei, che è un po’ il padre dell’Aiib, ha appena dichiarato che il gettito fiscale è ben al di sotto delle aspettative e le borse cinesi ieri hanno incassato un pericoloso scivolone vanificando i nuovi tagli ai tassi del Governatore della Banca centrale Zhou Xiaochuan.

Tra velluti e cristalli, tuttavia, c’è un’aria positiva e la processione dei firmatari, 57 tanti quanti i Paesi aderenti, da A di Australia a V di Vietnam, sembra non finire più. Emiri in djellabah e pakistani dai capelli tinti di arancione, kazaki accigliati e finlandesi e brasiliani: tutti i cinque continenti sfilano per siglare un documento in 60 articoli che regolerà la governance di una banca da 100 miliardi di capitale. I Paesi europei, in particolare, hanno faticato ad aprire i cordoni della borsa, ma la Cina ormai è una potenza e un po’ tutti vogliono sedersi al suo tavolo. Grandi e piccoli.

Proprio sulla goverance, decisa a grandi linee, gli sherpa hanno continuato a lavorare fino a tardi a Diaoyutai, la State Guesthouse. I cinesi hanno fretta di far partire l’Aiib e quindi spingono sull’adozione di meccanismi che rendano la banca più snella. Ma ieri si è affrontato il nodo dell’elezione del presidente, il candidato cinese è Jin Liqun, l’attuale segretario, ma le procedure vogliono che la scelta dei governatori venga fatta in una rosa di pretendenti. Come garantire l’applicazione di una procedura con un candidato così forte che peraltro si è dichiarato disponibile a ricoprire l’incarico?

La Cina con Aiib fa prove tecniche di democrazia, dunque. La nuova banca entrerà a regime a fine anno, a patto che almeno il 10% dei membri fondatori firmino l’accordo e che il capitale iniziale sottoscritto non sia inferiore al 50% del capitale autorizzato.

La Cina è prima azionista con una quota del 30,34% e una quota di voto all’interno del board della banca del 26,6%. Seguono l’India con una partecipazione dell’8,52% e una quota del 7,5% e la Russia, terzo azionista con il 6,66% e un percentuale di voto del 5,92%. In generale, i membri regionali, ovvero i Paesi asiatici, detengono una partecipazione del 75% nella nuova banca.

Tra i membri non regionali è la Germania ad avere la partecipazione più alta, con una quota del 4,5%, seguita dalla Francia, con una quota del 3,4%, e dal Brasile, al 3,2%. L’Italia è entrata in pista il 17 marzo, il 2 aprile ha ricevuto lo status di socio fondatore.

La questione che rimbalza è se la Cina abbia strappato o no un diritto di veto. Il veto c’è ma solo su poche questioni, quelle che richiedono una maggioranza qualificata pari ad almeno ¾ della maggioranza dato che vanta una quota di capitale superiore al 25%. Quindi Pechino avrà un potere di veto de facto su alcune decisioni e ha dichiarato di voler diluire la partecipazione sotto il 25%. Il che sarebbe possibile solo se aderisse l’odiato Giappone il quale a sua volta ha rilanciato quasi per dispetto con 100 miliardi di nuove operazioni in Adb, l’Asia devolpment bank che di fatto è la principale competitor di Aiib.

C’è poi il regime provvisorio, si riferisce ai firmatari che ancora non hanno ratificato, possono essere ascoltati nel frattempo su questioni importanti per le quali non possono votare. Proprio il regime transitorio permette di attivare comunque la banca seguendo una tabella di marcia più veloce.

La struttura di Aiib, nei fatti, è simile alle altre banche multilaterali, ad eccezione del board che non è residente, i componenti si incontreranno 4-5 volte all’anno. Cosa per un verso positiva, per un altro verso bisognerà vedere quanto conteranno i manager (che saranno ovviamente residenti).

L’attivismo cinese è tale che lo stesso ispiratore dell’Aiib continua a coccolare i partner euroasiatici, il presidente cinese Xi Jinping, è in partenza per la Russia su invito del presidente Vladimir Putin per il settimo vertice dei Paesi Brics l’8 e 9 luglio, e per il quindicesimo vertice dei capi di Stato della Shanghai Cooperation Organization (Sco, un organismo di coordinamento che raggruppa Cina, Russia e altre quattro repubbliche dell’ex Unione Sovietica: Uzbekistan, Tagikistan, Kazakistan e Kirghizistan il 9 e 10 luglio a Ufa. Com’è noto i Brics hanno creato a loro volta una banca che ha sede a Shanghai.

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