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I mercati chiedono il taglio del debito

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Scenari

I mercati chiedono il taglio del debito

Ha un debito pari al 180% del Pil. Ha un’economia in depressione e banche al collasso. Negli ultimi due mesi di caos, in pochi si sono presi la briga di pagare le bollette, le tasse o i mutui. Questa è la Grecia di oggi. O meglio, queste sono le sue macerie.

Per questo sul mercato, tra gli economisti e gli analisti, tanti sostengono che sia necessario un taglio del debito ellenico di almeno 60 miliardi, per renderlo sostenibile. Cioè rimborsabile. Altrimenti la vicenda non sarà mai risolta. E a ogni scadenza del debito greco i mercati torneranno in allarme. Continua pagina 6

«La sostenibilità del debito pubblico greco è peggiorata significativamente rispetto al rapporto pubblicato nell’aprile 2014». Serve dunque un alleggerimento «molto sostanzioso». Ormai lo dice anche la tanto odiata Troika, cioè Bce, Fmi e Commissione europea. Persino il nemico numero uno di Atene, la triade che il Governo Tsipras non vuole più neppure nominare, arriva alla stessa conclusione a cui giungono decine di economisti in tutto il mondo: anche in caso di salvataggio, senza una seria ristrutturazione del debito ellenico, Atene non va da nessuna parte.

Ma più degli economisti e più degli investitori, sono i numeri a dirlo: il Paese è zavorrato da un debito pari al 180% del Pil, ha un’economia in profonda depressione, ha banche al collasso e una ricchezza privata (ufficiale) esigua. I 74 miliardi di aiuti su cui si tratta non cambieranno una situazione così logora. Non risolveranno i problemi greci. E non assolveranno l’Europa dalle sue colpe. Comunque vada il braccio di ferro, insomma, questa vicenda rischia di essere una sconfitta per tutti se il debito non verrà “tagliato” - a seconda delle stime - di qualcosa come 60-100 miliardi di euro. E senza una ristrutturazione «molto sostanziosa», i mercati si troveranno per sempre ostaggio delle scadenze del debito greco.

Un fardello pesante
Bastano due conti per capirlo. Stima l’economista greco Platon Monokroussos di Eurobank, che solo per stabilizzare il debito pubblico - anche in caso di salvataggio - servirebbe al Paese una crescita del Pil pari al 3%. L’economista belga Paul de Gruwe limita la stima al 2%. In ogni caso si tratta di obiettivi irrealizzabili nel breve: dopo aver bruciato oltre il 25% di Pil in 5 anni, tutte le stime prevedono profonda recessione quest’anno e probabilmente anche il prossimo. Questo non farà altro che peggiorare il rapporto tra debito pubblico e Pil. Morale: il debito diventerà sempre meno sostenibile. Cioè sempre meno rimborsabile.

Il problema è che il Paese ellenico non ha le risorse per far fronte al fardello senza una robusta crescita economica che - al momento - pare una chimera. A differenza dell’Italia, altro Paese iper-indebitato, la Grecia ha infatti una bassissima ricchezza privata. Secondo i dati Eurostat (aggiornati al 2013) in Grecia le famiglie hanno una ricchezza finanziaria, al netto dei debiti, pari al 97,2% del Pil. Ma il numero è artificialmente elevato solo perché il Pil già nel 2013 sprofondava: nel 2012, infatti, la ricchezza era pari al 66,5% del Pil. Nulla rispetto a un Paese come l’Italia (184,4% del Pil) o come la Francia (152% del Pil). E si tratta di dati vecchi: le recenti fughe di depositi e la recessione hanno indubbiamente bruciato (o fatto sparire sotto il materasso) buona parte di quel già ridotto “tesoretto”.

Questo fa la differenza per quanto riguarda la sostenibilità del debito pubblico. Non tanto perché una popolazione benestante permetterebbe a un Governo disperato di varare una patrimoniale, ma soprattutto perché la ricchezza solitamente finisce nelle banche, nei fondi d’investimento o nelle assicurazioni. E questi ultimi - in momenti normali - comprano titoli di Stato nazionali. Cioè finanziano i loro Governi. «L’Italia può permettersi di avere un debito elevato rispetto al Pil anche perché le banche e le assicurazioni da sole detengono circa mille miliardi di euro di BTp, grazie ai soldi dei risparmiatori», osserva il professor Marco Fortis, direttore della Fondazione Edison. In Grecia questo non era possibile neppure con i numeri del 2013. Figuriamoci oggi.

Anche perché le banche non stanno più in piedi. Oltre alla crisi di liquidità, a fine 2014 i finanziamenti deteriorati già ammontavano al 35% del totale credito e ora - stima Moody’s - hanno probabilmente raggiunto il 40-45%. Questo significa che le banche necessitano di una profonda ricapitalizzazione e ristrutturazione. Non solo. Oggi il debito pubblico è ancora più insostenibile a causa del caos delle ultime settimane. «Da due mesi in Grecia nessuno paga più le bollette, le tasse o i mutui - racconta Paolo Bordogna, responsabile dei servizi finanziari di Bain in Italia e parte in causa nella ristrutturazione delle banche greche -. L’aspetto drammatico è che i numeri dei bilanci pubblici e privati su cui si ragiona ormai non sono più attendibili. Nessuno sa esattamente qual è la situazione oggi». E la massiccia dose di austerità che il Governo Tsipras ha promesso all’Europa non potrà che rendere ancora più drammatica la situazione.

Il taglio del debito
Per questo sul mercato in tanti sostengono che il debito greco vada alleggerito. È vero che potrebbe favorire comportamenti scorretti in futuro, anche da parte di altri Stati. È vero che verrebbero buttati soldi pubblici europei per salvare un Paese che da anni non fa tutte le riforme strutturali necessarie. Ma è anche vero che se il debito non verrà reso sostenibile, è molto improbabile che verrà rimborsato in futuro.

Il quanto è difficile da calcolare. Anche perché - osserva Alberto Gallo, economista di Rbs - dipenderebbe da quale mix venisse scelto tra allungamento delle scadenze e taglio. L’economista greco Platon Monokroussos di Eurobank calcola comunque che serva una riduzione di 60 miliardi tra i crediti erogati da Fmi ed Europa. «Non basta allungare le scadenze, serve un taglio profondo», spiega. Gallo qualche tempo fa calcolava che servivano 120 miliardi per portare il debito greco al 100% del Pil. Ma mentre il mercato prova a fare qualche conto, è la politica a dare i numeri. E, allo stato attuale, la ristrutturazione del debito ellenico sembra essere fuori dalla portata. Fino, chissà, al prossimo default.

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