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Il pericolo (forse) scampato e il cammino in salita da percorrere tutti

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L'Editoriale|grecia e europa

Il pericolo (forse) scampato e il cammino in salita da percorrere tutti

L’abbiamo scampata, forse, ma avere evitato il peggio (Grexit), non ci deve far credere che il compromesso raggiunto, il “meno peggio”, sia la cura per Atene e per questa Europa malandata. Tsipras paga l’azzardo del referendum e il calo di fiducia generato in molti leader politici europei dal suo comportamento, l’Europa rischia di pagare il prezzo più alto sull’altare di una logica che resta nel solco stretto dell’austerità e del circolo vizioso che alimenta, e priva tutti, proprio tutti, dei vantaggi reciproci che solo un’autentica spinta solidaristica può assicurare a ricchi e poveri del Vecchio Continente. Il futuro dell’Europa non può essere un tema di contabilità: colpisce la guerra tra poveri (noi abbiamo fatto i sacrifici ora dovete farli voi) in uno spirito rivendicativo dove si mescolano, al ribasso, apparenti interessi nazionali e rischi reali (pericolosamente) sottovalutati di un’Europa fondata sui diktat e sulle divisioni. Lo abbiamo detto due domeniche fa e lo ripetiamo: guai a sancire la reversibilità dell’euro, ci porterebbe in un mare di turbolenze, finirebbe con l’incidere sui tassi e, quindi, sui costi del nostro debito pubblico, in questo caso il prezzo più alto lo pagherebbe l’Italia.

Il percorso sancito ieri prova a evitare questo pericolo e, in tal senso, è positivo, così come si può comprendere l’esigenza di tenere conto di ragioni di affidabilità e di coerenza, ma la logica condizionale che viene fuori dall’accordo europeo più tormentato che si conosca (tre giorni per fare a poi altri tre giorni per fare b e poi molto più in là la verifica attuativa di a e b per cominciare almeno a parlare di alleggerimento del debito) resta con la testa dentro quella mentalità fortemente contabile che spegne sul nascere il sogno degli Stati Uniti d’Europa, priva le popolazioni europee di un piano coraggioso e non più procrastinabile di investimenti pubblici e privati, rischia di sottrarre al mondo la spinta di quella che ancora oggi è l’area principale di consumi (il mercato domestico europeo) e getta le basi perché, alla lunga, il ruolo guida dell’Europa nell’Occidente e nel mondo, lasci il passo a economie da sempre forti e a altre emergenti. No, non ci siamo proprio.

Lo abbiamo detto e lo ripetiamo: lo shock del default greco, da scongiurare assolutamente e le cautele dei mercati misurano la complessità del risultato da raggiungere, deve chiamare i suoi governanti a onorare il peso delle proprie responsabilità, ma deve altresì indurre l’Europa a ritrovare le ragioni politiche fondanti somministrando una cura da cavallo di eurobond innovativi e di project bond che faccia ripartire le economie più deboli con interventi infrastrutturali, sani, di lungo termine, servono subito investimenti di peso sulle reti materiali e immateriali. Bisogna che l’Europa recuperi la visione strategica per vivere come unitario il tema del debito pubblico europeo rispetto a un tetto del 60% del pil che è anacronistico per tutti i Paesi, ritrovi la forza per auto-imporsi vincoli ragionevoli nei conti pubblici e nei conti con l’estero, e dimostri di esistere con i fatti sui versanti geopolitici decisivi del terrorismo e dell’immigrazione.

La strada per la soluzione del problema greco è ancora irta di insidie: ci vuole la volontà politica (complicata) di fare tutto ciò che è richiesto con scadenze e procedure molto più che stringenti, resta il nodo irrisolto di confezionare un bridge loan che permetta a Atene di rimborsare la Bce e di ridare ossigeno alle banche greche ma questo prestito-ponte, per la miopia di scelte politiche non fatte, rischia di dover coinvolgere il primo Fondo europeo Efsm già utilizzato per Irlanda e Portogallo e non il nuovo Fondo salva-Stati (Esm), e in tal modo si allungano i tempi e si devono richiedere assensi complicati, a partire da quello britannico. Come dire: qualcosa che si farà, si spera certo, ma nulla di scontato e facile. La verità, ciò ci insegna la lezione greca di questi giorni, è che senza la lungimiranza di condividere la cessione di sovranità nazionali, la visione e la capacità di realizzare davvero gli Stati Uniti d’Europa, il sogno europeo non farà molta strada e alimenterà una spirale perversa, di sfiducia reciproca, tra ricchi e poveri e viceversa, non più riconciliabile. Di sicuro i Padri Fondatori, a partire da quelli del Nord Europa, si rivoltano nella tomba.

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