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Dai bitcoin a Varoufakis, tutti gli abusi delle «criptovalute»

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Scenari

Dai bitcoin a Varoufakis, tutti gli abusi delle «criptovalute»

Cosa hanno in comune Mark Karpeles, ex manager di moneta virtuale, e Yanis Varoufakis, ex ministro greco dell'economia? Almeno una cosa, oltre al fatto di aver dovuto lasciare bruscamente il precedente incarico: voler utilizzare le nuove tecnologie per creare moneta.
Ieri è stato arrestato in Giappone con l'accusa di frode finanziaria Mark Karpeles, gestore di una delle cinquecento monete virtuali, o criptovalute, o bitcoin, che hanno visto la luce negli ultimi anni. Nessuna sorpresa: chiunque sia in grado di gestire moneta è sottoposto alla continua tentazione di abusarne. La ragione è nella natura speciale che la moneta ha, rispetto a qualunque altro bene o servizio.

Il suo valore è solo ed esclusivamente indiretto, in quanto la sua funzione è quella di agevolare gli scambi di tutti gli altri beni e servizi. Il valore indiretto della moneta si fonda sulla fiducia, e tra chi offre fiducia ci può essere chi ne abusa. Gli abusi di bitcoin sono solo l'ultimo esempio di abusi di moneta.

Prendete un qualunque bene: il suo valore dipende da quanto scarso è rispetto al bisogno che soddisfa; dall'acqua potabile alle terre rare, dall'abilità nelle arti e nei mestieri, a quella di gestire le aziende o di dipingere, ogni valore tende a rispecchiare i bisogni (la domanda) e la disponibilità (l'offerta). Per la moneta, il bisogno è molto speciale: è quello di avere uno strumento per fare scambi con chiunque ed in qualunque momento, senza incidere sul valore dello scambio stesso.

Il bisogno di moneta è al tempo stesso elementare e fondamentale in una economia di mercato. Ciascuno di noi ha a disposizione uno o più beni - almeno uno, il lavoro, più o meno stabile - e desidera scambiarlo per altri beni, oggi (consumo) o domani (risparmio) senza che il dover scambiare implichi costi aggiuntivi. Allora una moneta è tanto più efficace quanto più è in questa accezione scambiabile, a prescindere dalla controparte e dal momento in cui si vuol scambiare. Per essere scambiabile, la moneta deve essere garantita da qualcosa o da qualcuno, avere cioè un valore fiduciario.

Qual è l'ancora su cui si basa il valore fiduciario della moneta? Può essere un bene fisico, le cui caratteristiche tecniche ed economiche lo rendono efficace a tale fine. Storicamente, questo bene è stato l'oro. Con lo sviluppo delle economie industriali, l'uso dell'oro come moneta ha mostrato i suoi pregi e difetti. Il pregio era rappresentato dall'essere un bene fisico, quindi con un vincolo naturale alla sua produzione: ogni variazione del bisogno di oro si rifletteva sul suo prezzo, quindi sui tassi di interesse, nonché sugli altri prezzi, essendo l'oro l'unità di misura. L'oro stabilizzava gli scambi, e l'inflazione. Ma il vincolo naturale era anche il suo peggior difetto: gli aumenti degli scambi, effettivi o potenziali, quindi delle possibilità di crescita, trovavano nel vincolo aureo una possibile strozzatura.
Inoltre il vincolo aureo era uno ostacolo per tutti coloro - principi o governi - che vedevano la moneta come uno strumento per risolvere quelli che oggi chiamiamo problemi macroeconomici: un Paese che, essendo inefficiente, non riesce a crescere, oppure con conti con l'estero in disavanzo; ovvero un Stato che, essendo inefficace, con conti pubblici in disavanzo, ovvero banche da salvare. Così progressivamente la moneta ha abbandonato il vincolo aureo, guadagnandone in flessibilità, ma anche con un aumento esponenziale dei rischi di abuso.

Occorreva una nuova àncora: lo è divenuta l'indipendenza delle banche centrali. Tutti i Paesi, ancorché in tempi e modi diversi, hanno dovuto affrontare la tossina dell'inflazione. Alle sue radici vi era l'abuso di moneta, con la tentazione endemica che la politica ha di risolvere con l'abuso di moneta qualunque problema macroeconomico. La moneta è stata affidata alle banche centrali, disegnate come burocrazie tecniche che devono tutelare la stabilità del potere d'acquisto della moneta, proprio per garantirne la scambiabilità.
Ma produrre moneta ha continuato ad essere vantaggioso per altri soggetti, stavolta privati: prima le banche, poi la finanza. Le banche sono le uniche imprese private le cui passività sono utilizzate come mezzo di pagamento; questo ne aumenta l'appetibilità, sotto più di un aspetto. Ne aumenta però anche la rischiosità sistemica, in quanto se un produttore privato di moneta fallisce, può causare il cosiddetto effetto domino. La regolamentazione pubblica ha messo sotto i riflettori le banche.

Ma questo oggi non basta più. Grazie all'innovazione tecnologica, anche non-banche possono creare moneta. E siamo arrivati alle criptovalute: prodotte e/o gestite da soggetti privati, che garantiscono al contempo due proprietà della criptovaluta: anonimato e vincolo alla produzione. Con una ulteriore caratteristica (meno pubblicizzata): a differenza delle banche, non sono passività dell'emittente. Con la criptovaluta, la moneta dovrebbe essere scambiabile perché è anonima e perché è garantito un vincolo di produzione. Ma il vincolo aureo era fisico, non virtuale; per di più avendo come garante soggetti istituzionalmente opachi ed economicamente irresponsabili, nel senso che al default di passività virtuali non corrisponde alcun attivo.

In conclusione, oggi le criptovalute sono monete ad alto rischio, che però possono rappresentare un serbatoio di opportunità,se verranno efficacemente regolamentate. I governi e le banche centrali devono far divenire le criptovalute un bene pubblico, perché la moneta sia scambiabile in quanto rende più efficiente gli scambi, e non perché è anonima, oppure perché è anarchica, oppure ancora per fantasticare su piani B di uscita dall'euro. Saremmo al niente di nuovo sotto il sole: abusi di moneta, per far quadrare conti opachi, e/o sballati, micro e/o macro.

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