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Lotta all’illegalità un dovere di tutti

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imprese & legalità

Lotta all’illegalità un dovere di tutti

Dice Antonello Ardituro, già Pm alla Dda di Napoli e oggi membro del Consiglio superiore della magistratura, riferendosi alla recente retata di camorristi, imprenditori e politici nel Casertano: «La lotta alla criminalità organizzata ha portato negli anni a grandissimi successi. Ma lo Stato potrà vincere solo se si attiva un’azione collettiva che fa compiere uno scatto verso la ricostruzione del territorio.

I casi relativi alla metanizzazione e agli appalti per la rete idrica hanno messo in evidenza ricadute politiche e territoriali che impongono una reazione civica complessiva delle varie categorie sociali e intellettuali».

Nelle stesse ore il questore di Napoli, Guido Marino, commentava il via libera del governo a 200 uomini da inviare nel centro storico partenopeo per contrastare la recrudescenza criminale: «Bene i rinforzi, ma il vero rinforzo deve venire dai cittadini. Sono loro l’arma in più per affrontare questi cialtroni. Occorre che i cittadini reagiscano, offrano il loro contributo. Se i napoletani non recuperano la consapevolezza di essere di gran lunga superiori a questi quattro parassiti di camorristi o aspiranti camorristi, allora non ci sarà rinforzo sufficiente».

Lunedì 13 luglio Claudio Clemente, direttore dell’Uif (Unità di informazione finanziaria) ha presentato il Rapporto sull’attività nel 2014. Nelle analisi dell’Uif, una delle colonne della lotta al riciclaggio del denaro sporco, si basa sulla «Segnalazione delle operazioni sospette», ovvero tutti quei movimenti anomali di finanza che possono indicare un reato. Per legge, a segnalare ogni sospetto devono essere le banche, i professionisti, gli intermediari, i portavalori. «Nel 2014 – ha detto Clemente – abbiamo ricevuto 71.700 segnalazioni, oltre 7mila in più rispetto al 2013». E anche se persistono problemi di qualità e tempestività, «solo qualche anno fa, in presenza di operazioni “anomale”, intermediari e professionisti si sarebbero sentiti legittimati a non porsi domande, forti del pensiero che pecunia non olet. La crescita del sistema di prevenzione ha modificato sostanzialmente tale approccio: l’operatore è tenuto a farsi domande».

Bene, dunque, nonostante se «alcuni segnalanti, anche di rilevanti dimensioni, interpretano la collaborazione ai fini antiriciclaggio prevalentemente in chiave di deresponsabilizzazione, basando le segnalazioni non tanto su concreti indici di sospetto quanto sulla carenza di elementi conoscitivi per la mancanza di un’adeguata verifica del cliente. Ne derivano segnalazioni intrinsecamente povere, destinate all’archiviazione per l’indeterminatezza dei sospetti manifestati». Clemente ha invece benevolmente sorvolato su un dato significativo: delle 71.700 segnalazioni del 2014 solo 18 (diciotto) giungono dalla Pa.

Il che ci conduce alla relazione (2 luglio) del presidente dell’Autorità Anticorruzione, Raffaele Cantone: «Le prime analisi condotte su oltre 1.300 amministrazioni evidenziano un livello pressoché generalizzato di adozione del Piano anticorruzione (...) avvertito, però, come un adempimento burocratico; la qualità dei documenti, infatti, in termini di metodo, sostenibilità ed efficacia è, in molti casi, insufficiente». Va meglio con la trasparenza, «che però, per essere utile, deve essere di qualità e non solo di quantità e cioè consentire al cittadino di accedere alle informazioni utili con semplicità e chiarezza». «L’Anac ha rilevato nel complesso un livello di pubblicazione dei dati quasi prossimo alla totalità delle amministrazioni; la valutazione positiva si scontra, però, con la scarsa attenzione alla qualità e alla completezza dei dati da parte di alcune pubbliche amministrazioni». Intanto il «sistema whistleblower stenta a decollare sia perché la tutela normativa non viene ritenuta efficace, sia per la scarsa propensione alla segnalazione (spesso concepita come delazione)».

Un magistrato, un questore, il direttore dell’antiriciclaggio e il presidente dell’anticorruzione dicono tutti una stessa cosa: fino a che ciascun cittadino, ovunque si trovi a lavorare e a vivere, non comincia a impegnarsi in prima persona, voltare pagina resterà un’utopia, magari ben organizzata, ma senza l’energia di chi ci crede veramente.

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