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Renzi scommette sul rilancio del Sud

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Renzi scommette sul rilancio del Sud

  • –di Davide Colombo

Il nuovo piano per il rilancio del Mezzogiorno potrebbe cominciare a vedere la luce venerdì prossimo, quando il premier-segretario Matteo Renzi parlerà davanti alla direzione nazionale del partito. «Basta piagnistei, rimbocchiamoci le maniche» aveva detto l’altro ieri a Tokyo il presidente del Consiglio rispondendo alle polemiche che hanno fatto coda alla ricerca Svimez della scorsa settimana.

Mentre ieri la ministra dello Sviluppo economico, Federica Guidi, ha rilanciato con la proposta di un “piano Marshall” di almeno 70-80 miliardi da investire nel prossimo quindicennio partendo dalle infrastrutture. E se lo scrittore Roberto Saviano, s’è detto invece «addolorato» per il fatto che si parli di «piagnistei per raccontare la tragica situazione del Sud Italia», Maurizio Lupi, presidente dei deputati di Area popolare, ha chiesto una seduta ad hoc della Camera per affrontare il tema «fuori dal dibattito estivo».

Gli obiettivi di policy sono molteplici e corrono sul doppio binario del breve e più lungo termine. Con il nodo risorse come costante di fondo e, in più, la questione ancora tutta da risolvere della governance delle politiche di coesione territoriale. «Io ho smesso da tempo di piangermi addosso. E questo perchè il piagnisteo porta solo a dire che il Sud è morto» ha osservato ieri Alessando Laterza, vicepresidente di Confindustria con delega per il Mezzogiorno. Che poi ha puntato il dito proprio sul punto debole della governance: «Al momento non c’è un’attribuzione di deleghe né per i fondi strutturali né per quelli nazionali di coesione e quindi attualmente non esistono dei punti di responsabilità se non il fatto che in generale la materia appartiene alla presidenza del Consiglio». Il problema è aperto da quando il sottosegretario Graziano Delrio è passato al ministero delle Infrastrutture e dovrebbe essere risolto con l’affidamento di un incarico ad hoc (a un sottosegretario o a un ministro) entro settembre. Dipartimento per le politiche di coesione e Agenzia per la coesione - entrambe a palazzo Chigi - dovrebbero essere coordinate da questo «indirizzo politico» esclusivo perché, osservano tecnici e policy maker, costante è l’impegno da garantire sia per il confronto con le Regioni sia con la Commissione europea, i due soggetti istituzionali che accendono (o spengono) la luce verde su ogni progetto di intervento.

Il tempo perduto è sotto gli occhi di tutti. La legge di Stabilità 2015 prevedeva che entro fine marzo si sarebbero dovute programmare le aree di intervento per il Fondo sviluppo coesione (51 miliardi associati alla programmazione per il settennio 2014-2020 che per l’80% dovrebbero essere destinati al Sud). Su quelle scelte il Cipe, entro il 30 aprile, avrebbe poi dovuto decidere la ripartizione degli interventi. Due scadenze scadute invano proprio su una dote che, se raddoppiata per coprire il quindicennio evocato dalla ministra Guidi, garantirebbe la dote necessaria per il “piano Marshall”. E a queste risorse, da qui al 2020, si aggiungerebbero anche i 42 miliardi provenienti dai fondi strutturali e i 20 miliardi del cofinanziamento nazionale.

Il mese scorso Confindustria, oltre al nodo governance, ha presentato la sua proposta shock per il rilancio del Mezzogiorno: massicce dosi di credito di imposta per nuovi investimenti ed ampliamenti; più credito d’imposta per ricerca e sviluppo; rafforzamento degli strumenti di garanzia per il credito; rafforzamento dei contratti di sviluppo per attrarre investimenti. L’agenda della ministra Federica Guidi incrocia almeno in parte con questa impostazione. Se ne parlerà in autunno, probabilmente a ottobre, agli Stati generali dell’industria cui saranno convocati i sindacati e le organizzazioni imprenditoriali. Per il ministero dello Sviluppo economico il punto di partenza è quel progetto “Industry 4.0” presentato qualche settimana fa e confezionato con la consulenza di Roland Berger: 8 miliardi di nuovi investimenti annui per arrivare all’obiettivo del 20% del Pil generato dalla manifattura. Con un concorso importante del Mezzogiorno. Ma si tratta, appunto, delle prospettive di più lungo termine. Sul breve, come ha detto la Guidi, la spesa che su cui contare è quella per le infrastrutture.

In vista della Stabilità 2016 il team di Graziano Delrio sta lavorando intanto ai due dossier più pesanti per il Sud: il contratto di programma Anas e quello con Rfi. Su quest’ultimo capitolo le risorse attualmente disponibili per investimenti al Sud risultano pari a circa 17.900 milioni di euro. Per Anas nel prossimo quinquennio saranno impegnati 4,2 miliardi (cui nel 2015 è stato destinato il 33,79% delle risorse per Anas - 369 milioni in totale - contro il 23% che rappresenta la ripartizione storica).

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