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La mossa giusta prima della riforma

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La mossa giusta prima della riforma

Il parziale riordino delle regole in materia di concordato, contenuto nel decreto legge approvato ieri dal Senato, è una mossa giusta che, per ottenere risultati di lungo periodo, dovrebbe essere seguita dalla riforma complessiva già allo studio.

Dal diritto fallimentare alle misure sull’amministrazione giudiziaria, passando per il processo telematico e gli incentivi a negoziazioni e arbitrati. E, per non farsi mancare nulla, una norma salva Ilva che ha concentrato le più forti polemiche tra maggioranza e opposizione.

Nel testo del decreto legge convertito ieri in legge dal Senato si trova un po’ di tutto e non è facile individuare un filo conduttore, anche perché l’impressione, se non la certezza, è che a norme dettate sicuramente dall’urgenza, è il caso dell’Ilva, al di là del giudizio di merito, se ne affiancano altre più spiazzanti, anche se non meno attese.

È il caso, per esempio, di tutto il nutrito pacchetto di riscrittura della legge fallimentare. Dove a sorprendere è più il metodo che il contenuto. Il Governo ha, infatti, deciso di intervenire in maniera incisiva, su alcuni fronti anche in maniera assai significativa, a correggere, tra l’altro, alcune distorsioni evidenti nell’utilizzo del concordato preventivo; scelta giustificata, ma forse un po’ prematura, quando si è alla vigilia dell’approvazione da parte della commissione istituita dal ministro della Giustizia, Andrea Orlando, dei principi di delega cui ispirare una riforma dell’intera legge fallimentare. Insomma, l’intervento ha individuato nel concordato il “ventre molle” del nostro sistema fallimentare e ha corretto la rotta con due misure strutturali: da una parte l’introduzione, meglio la reintroduzione, di una percentuale minima di soddisfazione (il 20%) per i creditori più deboli (i chirografari) che dovrà essere prevista da futuri piani di concordato liquidatorio e, dall’altra, la soppressione del principio del silenzio assenso.

Due norme già ora contestate da chi sottolinea che in questo modo cresceranno i fallimenti e i creditori non avranno nulla da guadagnare. Al ministero della Giustizia, però, si fa notare che in questo modo si eviteranno concordati che costano da sei a otto volte più di un fallimento, visto che intervengono quattro o cinque professionisti, a fronte dell’unico curatore fallimentare, e rendono molto di meno, vista la difficoltà di svolgere azioni dirette al recupero di beni ceduti in frode ai creditori.

Con la cancellazione del silenzio assenso, il concordato potrà poi essere approvato solo se otterrà la maggioranza dei voti favorevoli, facendo venire meno quell’asimmetria informativa che ha sinora favorito soprattutto i creditori forti. Il combinato disposto di queste due norme dovrebbe contribuire in maniera determinante a restituire serietà a uno strumento fondamentale, ma utilizzato da tempo in maniera discutibile, se non spregiudicata, da quei soggetti che ne hanno fatto una leva anche di concorrenza sleale.

Altre misure vanno nella direzione di tamponare difficoltà contingenti del sistema giustizia. È il caso della norma che limita l’emergenza, più volte messa in evidenza dal Csm, provocata dalla necessità di sostituire i vertici degli uffici giudiziari sopra i 70 anni di età. Oppure di quelle sul processo telematico che riscrivono alcuni dei problemi emersi in questo primo anno di applicazione su larga scala del giudizio digitale. O, ancora, del potenziamento degli organici della magistratura per fronteggiare l’emergenza immigrazione.

Problemi reali certo, rispetto ai quali sarebbe adesso ingeneroso, nel segno di un malinteso “benaltrismo”, sottolineare che servirebbero misure più incisive, calate in un disegno complessivo e in un quadro di investimenti più corposo. Per il disegno complessivo sarà, però, solo questione di tempo. Una svolta più incisiva si avrà, se alla ripresa dei lavori parlamentari le due riforme “di struttura” sulle quali scommette il ministero della Giustizia, le riforme dei due Codici di procedura, saranno chiamate a passi parlamentari decisivi. In caso contrario, queste iniziative saranno consegnate, triste ricorrenza delle ultime legislature, al limbo delle occasioni perdute.

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