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La questione meridionale europea

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il futuro dell’eurozona

La questione meridionale europea

L’economia finanziaria globale guarda l’andamento e le prospettive dell’economia reale dei paesi e tiene sempre più conto della loro stabilità politico-istituzionale.

A conferma, oltre il lapalissiano caso greco, anche l’andamento del termometro dello spread comparato tra bonos spagnoli e btp si è invertito a vantaggio dei bond italiani da quando sono apparse evidenti le difficoltà elettorali di Rajoy alle politiche del prossimo dicembre. Podemos, è già stato incoronato primo partito nelle comunali di maggio in città come Madrid, Barcellona, Siviglia e Valencia. Si teme più la crescita di un populismo di sinistra in grado di destabilizzare l’assetto politico attuale guidato dalla compagine conservatrice-moderata, di quanto non si apprezzi la ripresa del prodotto interno spagnolo che ha segnato +1,4% già nel 2014. Una vittoria di Podemos potrebbe infiammare la questione sociale spagnola, gravemente sofferente per disoccupazione e povertà. In Italia, al contrario, vige, con qualche mal di pancia e lungaggine di troppo, la stabilità politica che Renzi spera di mantenere fino a scadenza, nel 2018. Tuttavia, nel Bel Paese la ripresa economica è meno consistente che in Spagna, anche se c’è da rimanere sorpresi dall’ultima rilevazione Eurobarometro (dicembre 2014) riguardo al fatto che la situazione finanziaria familiare è un problema pressante personale “solo” per il 16% d’italiani, meno della media Eu (19%), della Francia (21%) e quasi tre volte meno della Grecia (cui siamo indebitamente comparati). Il complessivo calo dei marosi in politica, contribuisce a iniettare una dose di fiducia del capitalismo finanziario nei confronti del nostro Paese. Del resto, l’Italia di Renzi da poco più di un anno è approdata a una relativa stabilità politica entro il solo perimetro politico governativo possibile nell’Europa di oggi: quello compreso tra blairismo/socialdemocrazia e conservatorismo liberale.

Lo stesso basso spread francese è in odore di rendita politica posizionale nell’ambito del tradizionale patto franco-tedesco, ora ridotto allo scambio, all’acquiescenza del socialista Hollande al consolato tedesco che ha guidato l’Europa dell’austerità. In sintesi, la forza degli stati nazionali e la stabilità politica non sono proprio “acqua fresca” per l’economia finanziaria, uno dei principali traini della globalizzazione.

Eppure, non pochi studiosi e osservatori ritengono indebolita la politica al cospetto dell’economia finanziaria; a buona ragione, non solo per le dimensioni globali della seconda, ma anche per i i livelli di fiducia che la prima riscuote tra chi rappresenta. Pensate che in Francia solo 6 cittadini su 100 ripongono fiducia negli attuali partiti politici: in Spagna 5, in Grecia 8, in Italia 9 e in Danimarca (punta europea) 34 contro una media EU di 14. La fiducia nei governi e nei parlamenti nazionali ha un livello più che doppio, ma precipita a meno di 1/5 della popolazione negli stati europei latini e mediterranei, Francia compresa. Soprattutto nel Sud Europa, i cittadini si lamentano delle élite politiche perché non hanno saputo proteggerli dalle deprivazioni più o meno relative che hanno subito in questi anni di crisi. Il risultato? Tra l’altro, la formazione di una vasta area di esclusione sociale nel Sud Europa. Tuttavia, la politica multilivello (locale, nazionale ed europea) appare ai cittadini l’unica frontiera di speranza per risolvere povertà e disoccupazione, produttività e crescita: essi si attendono scelte e investimenti. Eurobarometro conferma che i segnali di recupero della fiducia dei cittadini verso possibili politiche di uscita dalla crisi economico-sociale sono associati proprio alla capacità della politica di adottare policies adeguate, di sviluppo e crescita, di contrasto all’esclusione sociale.

Quanto al caso citato - la questione meridionale europea - c’è un gap di sviluppo produttivo evidente, di debolezza intrinseca in termini di redditività degli investimenti rispetto al centro-nord europeo. Nel Sud, pesa, anche la lentezza del recupero della fiducia da parte dei cittadini e operatori nei confronti del sistema istituzionale “multilivello”: deprime gli investimenti, anche esteri, che restituirebbero ossigeno alla crescita di queste economie nazionali “in ritardo”. Fatte le debite proporzioni, il tutto è paragonabile al Mezzogiorno del microcosmo italiano che tutto contiene. La questione meridionale europea riguarda infatti assetti sistemici sia economici che politico-istituzionali, come in sintesi si deduce anche dall’analisi degli orientamenti degli europei in Eurobarometro. È giusto che la Ue guardi allo “scongelamento” del suo Est possibile, ma urge un programma di sviluppo economico, di riforme istituzionali e di politiche d’inclusione sociale in ampi territori del suo Sud, inclusi due paesi fondatori come Francia e Italia.