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L'intesa per Atene può rilanciare l'Europa

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L'intesa per Atene può rilanciare l'Europa

La maggiore svalutazione dello yuan degli ultimi 20 anni ieri ha scosso i mercati confermando i timori di una forte frenata della seconda economia mondiale, con inevitabile impatto negativo sulle prospettive di crescita globali. La Germania, locomotiva dello sviluppo europeo, rischia di pagarne più di altri lo scotto per i contraccolpi che si abbatteranno sul suo export , traino principale di un modello di sviluppo che non fa faville e convive con una modesta domanda interna. Non a caso gli ultimi dati danno il morale degli investitori tedeschi sotto tutte le aspettative. E non a caso la crescita dell'eurozona non riesce a ritrovare vigore.

Mai come oggi, dunque, l'Europa avrebbe bisogno di lanciare al mondo una clamorosa e urgente smentita di se stessa: basta con i piccoli passi, i ciechi nazionalismi, le diffidenze reciproche, il cumulo paralizzante della sfiducia collettiva. Avanti tutta, invece, con un comportamento inedito e lungimirante: l'assunzione di rischi scommettendo a fondo su di sé e sui partner per ricompattare la famiglia e sfruttarne l'effetto dimensione, finora troppo spesso trascurato eppure essenziale per vincere e co-governare la partita globale.

Dopo essere stata il detonatore della grande crisi, la Grecia oggi potrebbe trasformarsi nel suo indiretto ma provvido pompiere. Nonostante tutte le difficoltà e gli incerti che si stagliano sulla strada del premier e del suo ribollente partito, con Alexis Tsipras il paese sembra deciso a fare la sua parte rimangiandosi il passato, prendendo finalmente sul serio gli impegni europei. La prova è l'accordo tecnico raggiunto con i creditori all'alba di ieri, dopo altre 18 ore di negoziati, per sbloccare il terzo salvataggio di Atene da 86 miliardi. A detta di alcuni protagonisti, l'intesa è stata inaspettatamente più facile e rapida del previsto, malgrado le condizioni imposte fossero e siano di natura decisamente tellurica. Domani dovrebbe ottenere il via libera del parlamento ellenico.

Per poter diventare operativo, evitando il rischio default del 20 agosto quando dovranno essere ripagati 3,2 miliardi alla Bce, l'accordo ha però bisogno dell'avallo politico dei ministri finanziari europei (venerdì) e di alcuni parlamenti nazionali, Bundestag in primis, la settimana prossima.

L'Europa è attesa su questo varco per smentire, con un atto di coraggio e di visione politica, la brutta pagina del 13 luglio scorso, quel vertice del diktat leonino e della cacciata della Grecia dall'euro, evitata grazie all'audace capitolazione di Tsipras, che ha rischiato tutto per salvare il suo paese.

La maggioranza dei tedeschi non arde dal desiderio di continuare a convivere con i greci. I nordici e i baltici condividono. Ai contribuenti tedeschi, ossessionati dall'idea di dover aiutare partner inaffidabili, si potrebbero però ricordare che non rischiano niente ma in ogni caso ci guadagnano. Lo dice un recente studio dell'Iwh, un loro istituto di ricerca: dal 2010 a oggi, grazie ai bassi tassi di interesse, la Germania ha infatti risparmiato 100 miliardi, cioè ben più dei 60 che ha sborsato per aiutare la Grecia.

Le divisioni tra i creditori comunque non aiutano: Berlino vuole che l'Fmi continui a fare la sua parte ma il Fondo non intende farlo senza una credibile ristrutturazione del debito ellenico (contraria ai desiderata tedeschi) e la provata volontà riformista da parte di Atene. C'è chi preferirebbe tirare in lungo sul nuovo salvataggio, alla ricerca di un «accordo completo più che rapido» per dirla con il portavoce di Angela Merkel.

Di sicuro nel panorama internazionale di crescenti incertezze, prima si chiude l'accordo con la Grecia e meglio sarà per tutti. Prima di tutto perché l'Europa darebbe al mondo un segnale di unità e compattezza sull'euro che da troppi anni le è inconsueto o molto tardivo. E perché alcune concessioni e aperture di credito fatte ora alla Grecia sono funzionali alla sostenibilità politico-economica del diktat del 13 luglio, in breve rispondono al suo interesse collettivo.

E poi perché la luna di miele di Tsipras con i greci non potrà durare in eterno. Soprattutto con un 2015 che annuncia recessione tra il -2,1 e il -2,3%, da coniugare con sacrifici, riforme epocali, tasse, fine di privilegi e rendite di posizione che alla fine modernizzeranno il paese ma sono durissime da incassare a livello sociale ed economico. Anche se rese ora più digeribili da un accordo che attenua e di molto (20 miliardi) la stretta dell'austerità nei prossimi tre anni e accetta di aprire in autunno il negoziato sul debito. Due rivendicazioni perseguite fin dall'inizio dal premier greco e ora spendibili nel suo partito, in parlamento e nel paese.

Insomma, alla fine, sarà la fine dell'incubo e la quadratura del cerchio per tutti in un'Europa più realista e ragionevole? Da troppo tempo la crisi greca è straripata ben oltre i suoi confini e, di sicuro, non solo per colpa di Atene. Se l'Europa intende davvero riprogrammare in meglio il suo futuro, è ora di metterci una pietra sopra.

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