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Se l'Europa archivia la stagione dei rancori

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IL VOTO SU ATENE

Se l'Europa archivia la stagione dei rancori

Solo un mese fa, nelle aule dei parlamenti europei rimbombava una terminologia surriscaldata e bellicosa. Ad Atene si denunciava la ferita dell'onore e della dignità del popolo greco. A Berlino ci si appellava alla «questione di coscienza» e «all'amore per la verità» per forzare l'uscita dall'euro di un paese liquidato come inaffidabile. Ieri, durante il voto al Bundestag, nessuno ha citato Lutero o la «pericolosità di agire contro coscienza». Ben pochi questa volta hanno definito la diversità greca irrimediabile. Forse in Europa sta per esaurirsi l'età della rabbia. A sette anni dall'inizio della crisi, scartata l'ipotesi di una rottura dell'euro, sta prevalendo l'espediente politico di valutare il contenuto di ogni decisione in ragione delle sue conseguenze pratiche.

Un metodo pragmatico che toglie il vento alle correnti politiche la cui retorica nazionalista dell'onore e della coscienza sovrappone disinvoltamente etica ed interessi. Di fronte ad aiuti per 86 miliardi e a due terzi dell'elettorato favorevole a un'intesa con i creditori, Alexis Tsipras ha difeso la mancanza di alternative a un accordo, facendo leva su una coalizione più ampia del previsto. Wolfgang Schäuble ha riconosciuto nel pragmatismo di Tsipras una «trasformazione stupefacente» avvenuta nelle ultime quattro settimane. In questi stessi giorni a Berlino si celebra lo sgonfiamento del partito tedesco anti-euro “Alternativa per la Germania”, smascherato come una formazione di estrema destra e ora superato nei sondaggi dal vecchio partito liberale.

Una volta contenuta la minaccia del nuovo partito che drenava consenso, la Cdu ha potuto anch’essa smettere di rincorrere posizioni ideologiche della destra radicale. Ieri al Bundestag solo 63 membri di Cdu-Csu hanno bocciato l’accordo, metà di quelli che avevano fatto trapelare insofferenza. Sia Syriza, sia la Cdu hanno dunque dovuto sacrificare il voto del 20% dei loro parlamentari per ratificare l’accordo deciso a Bruxelles a metà luglio.

Tuttavia, uno sguardo all’interno di questa simmetria del pragmatismo dà un’idea meno rassicurante sulla sua logica. Secondo un partecipante a una riunione preliminare della Cdu, la cancelliera Merkel ha usato concetti molto asciutti per chiedere il consenso: «Syriza aveva dichiarato guerra al patto di stabilità – ha detto Merkel - ma non abbiamo ceduto, abbiamo sollevato la questione dell’uscita di Atene dall’euro, ma poi abbiamo considerato che cosa sarebbe successo alla Grecia e all’Europa nel mezzo di una grave ondata migratoria e di minacce dallo Stato islamico».

Una logica di convenienza temporanea, dunque, un restringimento dell’orizzonte anziché un disegno politico. Non a caso, quando si è trattato di confrontarsi con il Bundestag la cancelliera si è nascosta ancora una volta dietro alla figura venerata di Schäuble. Il ministro ha ammesso che non c’è da illudersi, la questione greca e i problemi dell’euro-area sono ancora aperti e incerti. Il pragmatismo disincantato di Schäuble ha svuotato la retorica del no come “atto politico creativo”, conducendo in porto un voto il cui esito non era scontato data la forte pressione delle lobby tedesche (descritta ieri su queste colonne) e dei media.

Dietro il pragmatismo scettico dei parlamenti si nasconde comunque una logica politica ormai definita. Alla base c’è la convinzione, non infondata, che le economie europee più deboli soffrano di una “cultura della dipendenza” causata da spesa pubblica inefficiente e rapporti clientelari e corrotti. La disciplina fiscale serve a chiudere i rubinetti del clientelismo e ricondurre quelle economie verso il mercato. Poiché la protesta di Tsipras era rivolta anche alla vecchia politica e agli oligarchi, cioè alle pratiche clientelari, essa era affine alla richiesta di modernizzazione delle istituzioni europee. Una volta accettata la disciplina fiscale e le riforme per liberalizzare i mercati, il governo greco si era di fatto allineato alle priorità degli altri Paesi. «Sarebbe irresponsabile negare questa chance ad Atene - ha concluso Schäuble – se poi l’opportunità sarà colta o meno lo decideranno solo i greci».

Non è del tutto vero, il pacchetto di assistenza è stato costruito come uno stretto percorso che non consente gradi di libertà al governo di Atene. Gli aiuti dipendono da una supervisione delle istituzioni europee ancora più penetrante da quella dei precedenti programmi. Dietro al cosiddetto pragmatismo c’è d’altronde un prosciugamento dell’iniziativa politica comune europea che viene sostituita dall’attesa per la convergenza di tutti i Paesi verso il modello del Paese di maggior successo. Una convergenza che ispira il percorso di integrazione dell’euro-area che Berlino intende promuovere nei prossimi anni. Nonostante la debolezza dell’economia, per almeno due anni ancora non si punterà a una politica economica comune legittimata democraticamente, ma a un sistema per il rispetto rigoroso delle regole fiscali. Solo una volta assicurata l’omogeneità delle politiche economiche sarà possibile procedere a forme più avanzate e fruttuose di integrazione politica tra Paesi. Ma naturalmente nulla di tutto ciò potrà avvenire prima del 2017, quando si terranno le prossime elezioni federali.

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