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Lavorare il sabato aiuta il lavoro

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Scenari

Lavorare il sabato aiuta il lavoro

  • –di Lello Naso

La parabola di Electrolux è indicativa del cambiamento in atto da tempo nel mercato del lavoro: un anno fa la multinazionale pianificava la chiusura degli stabilimenti italiani, oggi chiede ai dipendenti dell’impianto di Susegana di lavorare il giorno di Ferragosto (fatto) e i quattro sabati di settembre.

Il motivo è semplice: è ripartita la domanda mondiale di frigoriferi di alta gamma, proprio quelli prodotti nel sito trevigiano. Così la multinazionale svedese, oltre a chiedere ai dipendenti otto ore di straordinario al sabato, richiama in fabbrica i lavoratori in solidarietà dopo la firma a Palazzo Chigi dell’accordo che, a maggio scorso, ha messo in sicurezza l’azienda. I sindacati, dopo il gran rifiuto di Ferragosto vanificato dal lavoro volontario di 101 dipendenti, hanno ascoltato la proposta dell’azienda in un clima disteso e hanno preso tempo fino a martedì prossimo per dare una risposta. Se queste sono le condizioni, sostengono i sindacati, perché non far rientrare al lavoro tutti i dipendenti che usufruiscono di ammortizzatori sociali?

Domanda legittima, a cui il mercato stesso dà una risposta: la ripresa della domanda globale di elettrodomestici e di frigoriferi di alta gamma è ancora flebile e non consente di pianificare un incremento duraturo e costante della produzione. Un battito di ali di farfalla a Pechino (la richiesta di frigoriferi più alta nel Nord Europa) può provocare una tempesta a New York (la necessità di incrementare la produzione a Susegana). Ma un movimento inverso può vanificare repentinamente la necessità di produrre di più.

Lo stesso meccanismo, e la stessa dialettica sindacale e le stesse polemiche, stanno attraversando in questo momento tutta la Penisola. Nello stesso Veneto, la Polimira di Mira, l’ex Pansac rilanciata dall’ingresso nel capitale della lodigiana Poligof, ha chiesto ai dipendenti di lavorare nella settimana di Ferragosto, nonostante ci siano ancora 150 lavoratori in mobilità da ricollocare. A Melfi, Fca, che ha incrementato la produzione grazie al successo di Renegade e 500X, ha chiesto ai dipendenti di lavorare la domenica finendo nel mirino del vescovo della città lucana che con una lettera al direttore dello stabilimento e a Marchione ha chiesto di lasciare la domenica libera ai lavoratori per riposare e rinsaldare le relazioni famigliari, anche di chi non pratica.

Ma, a Susegana come a Mira come a Melfi, possiamo ancora permetterci un’organizzazione del lavoro dettata da pianificazioni cristallizzate e immutabili che non tengono conto della domanda dei beni prodotti e delle sue repentine mutazioni? Evidentamente tutto ciò non è possibile e ogni giorno ne abbiamo la conferma dai fatti. La concorrenza è talmente esasperata che bisogna produrre quando serve quanto serve. Dopo è già troppo tardi.

Tutto ciò, in ogni caso, non significa negare i diritti dei lavoratori. Essi devono essere considerati in un’ottica flessibile e allargata. Banalmente, il lavoro domenicale non deve eliminare il riposo ma ripianificarlo. L’aumento della domanda, quando duraturo e consolidato, non può gravare solo sugli straordinari ma creare nuovo lavoro. Ed ecco perché, altrettanto banalmente, i contratti di secondo livello e il dialogo tra rappresentanze sindacali di base e imprese sarà sempre più decisivo per aumentare la competitività del sistema. Per creare nuovi posti di lavoro e preservare quelli che ci sono. Il diritto fondamentale.

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