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Le squadre italiane tornano a spendere

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Le squadre italiane tornano a spendere

L’estate 2015 del calciomercato ha visto la Serie A tornare a investire sulle rose delle squadre attirando nel campionato tricolore giocatori di prima fascia. Il traguardo della partecipazione alla Champions league, sempre più vitale per il prestigio e la remuneratività (la partecipazione alla fase a gironi per i club italiani vale da sola una quarantina di milioni), ha spinto soprattutto Milan e Inter a spese non propriamente in linea con i parametri del fair play finanziario e con le rispettive disponibilità. Spese compensate con qualche cessione eccellente (il neroazzurro Kovacic al Real Madrid) o con immissioni di risorse fresche (la Fininvest tra il 2014 e il 2015 ha finanziato il club rossonero per oltre 120 milioni) e vendite di quote del club.

Dopo l’irraggiungibile e facoltosa Premier league inglese, che anche quest’anno si appresta a oltrepassare la soglia del miliardo di euro complessivo di spesa per l’acquisto di calciatori, la Serie A è per ora la prima Lega per uscite (circa 500 milioni, bilanciati da 450 milioni di entrate). Anche se tra rateizzazioni e ricorso sistematico a formule come i prestiti onerosi di uno o due anni con successivo obbligo d’acquisto il peso finanziario di gran parte dei colpi di mercato è stato dilazionato ma non diluito.

Nell'estate degli oltre sessanta milioni impegnati per gli acquisti di Di Maria da parte del Paris Saint-Germain e di Raheem Sterling del Manchester City, in ogni caso, le nuove Leghe extraeuropee si sono ritagliate uno spazio sempre più rilevante. Cina, Paesi mediorientali, Stati Uniti e Messico provano a far la guerra a suon di milioni ai club del Vecchio Continente.

Il mercato orientale vede nella Cina un’aspirante superpotenza, con il Guangzhou Evergrande nuovo “big spender”. L'ex squadra di Lippi e Cannavaro ha acquistato per 14 milioni di euro il brasiliano Paulinho del Tottenham e ha messo sotto contratto l’altro brasiliano Robinho con un accordo da tre milioni di euro per sei mesi. Cospicuo anche l’investimento dello Shanghai Shenhua per Demba Ba, pagato 13 milioni al Besiktas, e quello dell’altra squadra di Shanghai, il Sipg, che ne ha spesi 12 per Asamoah Gyan.

In Medio Oriente poi prosegue la “campagna acquisti” per espandere il prodotto calcistico in vista del Mondiale del 2022 in Qatar. È negli Emirati Arabi che si muovono le maggiori somme di denaro verso l’estero, con l’Al Jazira in testa alla classifica degli acquisti più onerosi grazie agli 11 milioni di euro per il trasferimento del brasiliano Thiago Neves. Potrebbe costare dieci milioni (3,5 per il prestito e 6,5 per il riscatto a fine stagione) il passaggio di Emmanuel Emenike all’Al Ain. In Arabia Saudita, l’Hilal ha investito10 milioni per Carlos Eduardo, mentre l’Al Ittihad ha offerto uno stipendio di 7 milioni annui a Sulley Muntari, ex centrocampista del Milan.

Competitivo è anche il mercato nordamericano. Se la Mls Usa è meta di campioni come Pirlo, Gerrard e Lampard, in Messico, il Tigres si conferma uno dei club maggiormente in salute. Uno stato di grazia che ha portato a una storica finale di Coppa Libertadores (l’omologa sudamericana della nostra Champions league), persa contro il River Plate, e a due investimenti da record con cui è stata sbaragliata la concorrenza di diversi club europei: 8,8 milioni di euro per il talento tedesco Jürgen Damm dal Pachuca; e un contratto da 4,5 milioni annui per il bomber francese André-Pierre Gignac. (M.Bel.)