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Se le crisi fra Paesi distruggono anche l'arte

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PATRIMONI VIOLATI

Se le crisi fra Paesi distruggono anche l'arte

Nelle trattative sulla Grecia, la Finlandia avrebbe chiesto l'Acropoli di Atene e il Partenone a garanzia dei prestiti di cui Atene ha necessità. Il valore del patrimonio culturale greco sarebbe stato stimato: 300 miliardi di euro, poco meno del debito pubblico. Speriamo sia stata una boutade.

Acropoli, Colosseo, Piramidi di Giza sono patrimonio dell'umanità. Sono di tutti, non sono “vendibili”. Oltre alla difficoltà tecnica di stimare un valore economico per questi beni, il solo pensarli come merce di scambio o di garanzia costituisce una mancanza di rispetto per cultura, arte e storia. Valorizzare la cultura, anche da un punto di vista economico, è necessario ma ciò non significa commercializzarla. Il Paese che ha l'onore di “ospitare” queste meraviglie ha il dovere di preservarle e di fare in modo che tutti ne possano godere.

La battuta su Acropoli e Partenone ha il merito di introdurre la variabile cultura nell'equazione di un problema economico e politico. Lo fa nel modo sbagliato. Ma nel momento stesso in cui la Grecia rischia di “uscire” dall'Europa, ci ricorda che è lei la culla della cultura occidentale. Come scrive il poeta Shelley, «siamo tutti greci. Le nostre leggi, la nostra letteratura, la nostra religione, le nostre arti hanno le loro radici in Grecia. Se non fosse stato per la Grecia saremmo ancora selvaggi o idolatri».

Storia e cultura non dovrebbero influenzare le negoziazioni tecniche su euro e debito pubblico. Certamente non possono servire da alibi per giustificare la condotta scellerata dei governi greci negli ultimi anni. Né debbono essere strumentalizzate dai greci per pretendere il salvataggio del Paese a qualsiasi costo. Tuttavia è difficile non provare un senso di disagio nel seguire le vicende greche. Il debito economico di Atene non deve essere condonato in virtù dei crediti culturali nei confronti dell'Europa. Ma quanto la Grecia rappresenta per la cultura europea merita rispetto.

Per quanto gravi, le questioni umane - crisi economiche, contrasti politici, scontri tra religioni, guerre - non dovrebbero travolgere i simboli della grandezza dell'umanità. Non rispettare storia, arte, simboli religiosi, cultura significa non rispettare l'uomo, le conquiste del suo pensiero, le sue creazioni.

Molti sono gli esempi di violenza alla cultura nella storia. In Medio Oriente le follie più recenti. Nel 2001 i Talebani del mullah Omar fecero saltare i giganteschi buddha di Bamiyan in Afghanistan. Qualche mese fa l'Isis ha distrutto con le sculture assire, partiche e sasanidi conservate nel museo del parco archeologico di Mosul, in Iraq. Sempre Isis ha decapitato Khaled Asaad, per oltre 50 anni responsabile dei siti archeologici di Palmira in Siria, colpevole di aver nascosto – per salvarle - centinaia di statue. E, infine, ieri è stato distrutto il monastero cattolico di Mar Elian, in Siria.

Non sempre è stato così. Quando nel 638 il califfo Umar ibn al Khatteb, suocero del Profeta, conquista Gerusalemme, non distrugge e anzi visita con rispetto i luoghi santi di ebrei e cristiani. Mehmet II, che nel 1453 conquista Costantinopoli, fa risparmiare i sontuosi palazzi della città imperiale e il suo foro; le principali chiese come Santa Sofia vengono trasformate in moschee, ma non distrutte.

Neanche la guerra può essere un alibi. Le numerose opere d'arte trafugate da Napoleone e portate a Parigi, così come quelle rubate dai nazisti in tutta Europa, rappresentano un grave travisamento del rispetto e dell'amore per la cultura sottomessa alla bramosia di potere e di possesso. Ma perfino in guerra esistono esempi del tutto positivi. Nel 1944 Hitler ordina di far saltare tutti i ponti sull'Arno, per guadagnare tempo e consentire alle truppe tedesche di ripiegare e costituire la linea gotica sull'Appennino. Come Roberto Rossellini mostra in Paisà, Ponte Vecchio viene risparmiato grazie al coraggio del rappresentante tedesco Gerhard Wolf. Il più recente Diplomacy-Una notte per salvare Parigi, racconta il dilemma del generale tedesco Dietrich von Cholititz: la mattina del 25 agosto 1944, mentre gli Alleati entrano a Parigi, si rifiuta di eseguire i folli ordini del Führer di far saltare ponti e monumenti, che erano già stati minati.

Aver suggerito che Acropoli e Partenone fossero impegnati a garanzia del rimborso di un prestito è certamente molto meno grave che distruggere musei, parchi archeologici, intere città d'arte. Ma è pur sempre una mancanza di rispetto nei confronti della cultura, la cui sacralità non dovrebbe essere violata dalle questioni degli uomini.
@marcomagnan1

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