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Perché il BTp non trema

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Perché il BTp non trema

Dal giorno della prima svalutazione a sorpresa dello yuan, 11 agosto, al crollo delle Borse ieri, il rendimento del BTp decennale è salito di 14 punti, dall’1,77% all’1,91%. Lo stesso BTp perse 15 punti in un solo giorno, il 6 luglio,per la vittoria dei “No” al referendum greco. Le incertezze odierne su Pil mondiale, crescita cinese, tassi Usa e inflazione non fanno tremare il BTp come il rischio Grexit. Ma la guardia resta alta. Continua pagina  7

P er il rischio-Italia, contrassegnato dal secondo debito/Pil nell’Eurozona (133%) dopo quello greco e dal primato di più grande emittente di titoli di Stato in Europa (quest’anno 420 miliardi circa in aste lorde), tanto il pericolo di Grexit quanto una frenata del Pil mondiale sono notizie negative. Per i detentori di un BTp, tuttavia, i due scenari - quello della reversibilità dell’euro e quello di una crescita mondiale e un’inflazione più basse del previsto - hanno impatti e tempistica diversi sui prezzi e i rendimenti del titolo di Stato italiano.

Il pericolo che nell’area dell’euro non si riescano a risolvere definitivamente i problemi di uno Stato membro che non cresce e che stenta a ripagare il debito pubblico è molto grave per chi investe in BTp. I titoli di Stato italiani offrono rendimenti molto attraenti rispetto ai Paesi “core” (per l’appunto lo spread ieri orbitava in area 132 quando invece dopo il referendum greco era schizzato a 161) e per questo i bond italiani vengono acquistati da non residenti e non europei. Il BTp piace grazie al fatto che l’Italia è uscita dalla recessione e ha avviato un ambizioso programma di riforme strutturali, per una volta senza l’assillo dell’instabilità politica, ma anche in virtù della cintura di protezione dell’eurozona (Efsf/Esm e piano Juncker) , del bazooka delle Omts (acquisti di titoli di Stato da parte della Bce di un Paese sotto programma di aiuti) e degli altri acquisti della Bce pro-inflazione tramite il programma Pspp. La scorsa settimana, per la prima volta da quando è stato lanciato il Pspp, gli acquisti dell’Eurosistema sono scesi sotto la soglia dei 2 miliardi al giorno, chiudendo la settimana con un portafoglio cresciuto di 9,886 miliardi a quota 279 miliardi. Un dato molto stagionale, scambi bassi in agosto e liquidità minima. Quel che conta è che al 31 luglio, Bce e Banca d’Italia hanno acquistato titoli italiani sotto il Pspp per 39,8 miliardi, a un ritmo medio di 8,2 miliardi al mese. Il calo del prezzo del petrolio è temporaneo, ammoniscono gli addetti ai lavori, e non dovrebbe influire sul tasso forward a 5 anni su 5 anni dell’inflazione core monitorato dalla Bce: tuttavia ancora ieri alcuni traders hanno messo in conto un’estensione del programma Pspp oltre il settembre 2016 e questo per i BTp significa andare oltre la quota dei 150 miliardi rastrellati dai 19 mesi del Qe della Bce, Tutto questo si tiene, ed è positivo per i BTp, se l’euro conferma la sua irreversibilità e se il rischio-Grexit sparisce dai radar degl i investitori in titoli di Stato in euro. Invece ancora ieri Bank of America metteva in guardia i suoi clienti istituzionali contro la lunga lista dei problemi irrisolti in Grecia, nonostante il terzo pacchetto di aiuti: dall’instabilità politica all’implementazione delle riforme promesse in cambio dei nuovi aiuti, per finire al negoziato in alto mare sul “debt relief” in forma di ulteriore allungamento delle scadenze del debito pubblico o taglio del valore dello stock. Grexit è il contagio che più teme il BTp.

C’è chi dagli Usa ha venduto BTp, quando la Grecia ha annunciato l’arrivo di nuove elezioni. E c’è anche chi sta vendendo BTp in questi giorni di turbolenza cinese, di incertezza sul Pil mondiale, di incognite sull’andamento dei tassi e della crescita potenziale Usa. Ma il rendimento del BTp non schizza. Ieri era all’1,91%, in risalita, ma la distanza dal picco 2015 del 2,38% toccato il giorno dopo il referendum greco sembra lontano. Traders e investitori guardano infatti anche al minimo dell’1,14% toccato dal BTp in marzo: se la tendenza è Pil mondiale più debole, inflazione modesta, tassi bassi e politiche monetarie ancora accomodanti a lungo, ebbene il BTp è semmai da comprare e non da vendere perché «il trend è di rendimenti dei BTp in calo, non nei prossimi 2-5 giorni ma in prospettiva » pronostica Philippe Waechter, capoeconomista di Natixis Asset management.

Lo scenario peggiore di tutti, quello di una catastrofe con una crescita mondiale talmente debole da rispedire l’Italia in recessione, non è sui radar di nessuno. Non è minimamente ipotizzato. Certo, se l’Italia non dovesse crescere per anni e il suo debito pubblico continuasse a salire, alla distanza la sostenibilità dei conti pubblici sarebbe messa in discussione: ma, sgombrato il campo da Grexit e i perfidi contagi, i suoi problemi l’Italia li risolverebbe a tavolino con i partners europei.

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