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Se la Germania cambia atteggiamento

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Scenari

Se la Germania cambia atteggiamento

Sembra che la questione del governo dell'eccezionale flusso di migranti (meglio forse parlare di un esodo di massa) possa finalmente essere presa in carico dall'Unione europea.

Lo si deduce dal fatto che la cancelliera Merkel ne sta facendo un punto forte della sua presenza politica e questo segna senz’altro un cambio di rotta. In che termini poi questo sia da considerare positivo anche per la politica italiana merita di essere indagato.

La svolta è iniziata col summit con il presidente francese François Hollande a Parigi; poi ha annunciato che la Germania sospenderà unilateralmente gli accordi di Dublino che mettono i migranti in carico del primo Stato della Ue in cui hanno messo piede; in seguito è andata in visita a centri per richiedenti asilo attaccati da gruppi xenofobi tedeschi; infine nell’incontro con gli Stati balcanici a Vienna ha riaffermato che la Ue deve prendere in carico il problema.

Non è la prima volta che il governo tedesco ha ripreso la pratica di coordinarsi, almeno apparentemente, con quello di Parigi. Però per un certo periodo si era parlato del raffreddamento se non della rottura di quello che un tempo era considerato “il motore” della Ue, il mitico asse Parigi-Bonn inaugurato ad inizi anni Sessanta del secolo scorso dal clamoroso incontro De Gaulle-Adenauer. Certo oggi la Francia non ha più la forza di un tempo, mentre è cresciuto il peso della Germania, soprattutto dopo il superamento di quella che molti avevano previsto come una difficoltà di lungo periodo, cioè l’unificazione. In più Hollande è un presidente debole, non ha una iniziativa politica brillante, anzi ha bisogno di far vedere che nonostante tutto la Francia rimane un partner di prima grandezza a livello internazionale. Questo ne fa l’alleato ideale per Angela Merkel, che può così mostrare che la Germania non vuole essere “sola al comando” nella nuova Europa.

Questo aspetto sembra avere finalmente guadagnato peso nella costruzione della attuale politica tedesca nell’ambito Ue. La vicenda greca in questo caso deve aver pesato non poco, perché a Berlino ci si è resi conto che la Germania rischiava di diventare “antipatica” alle opinioni pubbliche degli Stati membri, schiacciata com’era su una immagine di inflessibile maestrina d’altri tempi, tutta punizioni e reprimende.

Naturalmente questa immagine è superficiale, però la politica non è fatta solo di realtà, ma anche di comunicazione (e non da oggi), perciò a Berlino si sarà valutato che se si vuole continuare a mantenere una posizione di leadership (come fra il resto viene chiesto anche da molti di coloro che criticano la sua posizione attuale) bisogna fare qualcosa di positivo che parli alle opinioni pubbliche e ai gruppi dirigenti europei.

Proponendo una politica più responsabile verso una immigrazione che non è più un fatto di ordinaria amministrazione, si è sottolineato che si è disposti ad assumersi un ruolo “propositivo”, ma senza chiedere il riconoscimento di una preminenza nell’Unione, tanto che sembra si rimetta in azione il famoso “motore” franco-tedesco.

Nel vertice di Parigi Merkel e Hollande avevano però chiesto ai paesi di approdo dei migranti una politica di identificazione più rapida ed efficiente. Era una critica anche all’Italia e sembrava (e lo si è detto) fosse il solito scaricabarile sui Paesi di approdo che, vigendo l’accordo di Dublino, rimanevano con il carico dei migranti sulle loro spalle. Ma poco dopo Merkel (e anche qui con sostegno di Hollande) ha detto che la Germania sospendeva Dublino per i richiedenti asilo (dunque non per i migranti cosiddetti “economici”). Significa che i Paesi di approdo possono snellire le pratiche per coloro che fuggono da guerre e catastrofi, perché essi potranno dirigersi legittimamente verso la Germania e la Francia e forse altri Paesi (c’è stata una sollecitazione perché la sospensione di Dublino sia accolta anche dagli altri partner della Ue: l’Austria ha recentemente fatto delle aperture anche se un po’ confuse).

Questo significa non solo restaurare l’immagine di una Germania disponibile a farsi carico di alcune tragedie umanitarie, così come vuole la sua storia post 1945, ma alleggerire la posizione dei Paesi di arrivo dove si sa benissimo che i migranti vogliono semplicemente usarli come transito verso il Nord Europa.

Per l’Italia sarebbe già un grande aiuto, anche in termini di contenimento delle pressioni populiste contro l’immigrazione. Renzi ha bisogno di politiche che depotenzino la sfida di Salvini (con la continua incognita su questo punto di che farà Grillo) in un momento in cui si avvia ad affrontare un difficile autunno, colla doppia pressione di una battaglia parlamentare sulla riforma del Senato confusa ed incerta e di una situazione economica non ancora tale da sterilizzare le paure su cui puntano i populismi di varia natura. Incognite preoccupanti per le prove elettorali già previste (Amministrative di primavera) e di quella che potrebbe arrivare col precipitare degli equilibri politici.

Certo è un segnale non buono che Merkel privilegi il rapporto con Parigi e non dedichi troppa attenzione all’Italia, che è in prima linea nella questione immigrazione e che sin qui ha fatto molto. In più noi abbiamo il problema dei “migranti economici” che non sono affatto pochi fra quelli che arrivano sulle nostre coste, anche se non è chiaro quanto questi fuggano semplicemente dalla miseria o anche da situazioni insopportabili per le condizioni rispetto ai diritti umani. Pensare che la soluzione sia semplicemente quella di “rimpatriarli” è una pia utopia, per il semplice fatto che costoro, purtroppo, una patria in senso proprio non ce l’hanno.

Bene dunque una leadership tedesca sul tema immigrazione in una Europa riottosa ad andare oltre le parole, ma che sia una leadership che a sua volta tiene conto della dura realtà con cui si scontra l’Italia, una realtà che davvero non può trovare soluzione in buone parole.

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