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Tagliare le tasse, ma priorità al «cuneo»

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anomalie italiane

Tagliare le tasse, ma priorità al «cuneo»

Ancora una volta, la promessa di ridurre le imposte parte dal prelievo sulla casa. Perché il presidente Renzi ha fatto questa scelta?

Dal punto di vista economico, c’è poco da discutere: è chiaro che si tratta di una scelta infelice. Premesso che la pressione fiscale è troppo alta e va ridotta, il prelievo sugli immobili forse andrebbe alzato, certamente non diminuito. La vera anomalia italiana è il cuneo fiscale sul lavoro, che è tra i più alti al mondo (il più alto in Europa). Qualunque riduzione del prelievo dovrebbe partire dal lavoro, e in particolare dai contributi sociali: l’evidenza empirica mostra che un taglio dei contributi sociali su tutti i lavoratori dipendenti è lo strumento più efficace per rilanciare occupazione e crescita. Ciò è particolarmente vero in Italia, che deve ancora recuperare competitività, e dove i contributi sociali sono molto più alti che altrove.

Le imposte sulla casa, invece, sono complessivamente in linea con la media europea, che include i Paesi dell’Est Europa dove gli immobili sono tassati poco. Le imposte ricorrenti sulla proprietà immobiliare in Italia sono circa il 3,6% del gettito fiscale complessivo, contro una media europea del 3,8% (Eurostat 2014). In Inghilterra sono il 9,5% del gettito, in Francia il 5,3%, in Danimarca il 4,3%. Poiché la base imponibile è inelastica, Imu e Tasi hanno effetti distorsivi irrisori, sono difficili da evadere, sono la principale fonte di entrata propria dei Comuni. Non c’è davvero nessuna ragione economica per abolirle, anzi forse andrebbero ancora aumentate per finanziare una riduzione del cuneo fiscale sul lavoro. Se proprio si vuole ridurre il prelievo sulla casa, allora sarebbe meglio intervenire sulle imposte che gravano sulle transazioni e che ingessano il mercato immobiliare.

L’annuncio di abolire Imu e Tasi, ovviamente, è il risultato di un calcolo politico. Probabilmente i sondaggi dicono che è un provvedimento popolare, in vista delle elezioni amministrative e, chissà, magari anche di elezioni anticipate. Ma questo sposta l’interrogativo. Perché l’imposta patrimoniale sugli immobili è così odiata, rispetto alle altre forme di prelievo? Perché è così difficile spiegare che staremmo tutti meglio se, invece di abolire Imu e Tasi, si riducessero altre imposte?

Non è un fenomeno solo italiano. L’imposta sulla casa è la più impopolare anche in altri Paesi. Negli Stati Uniti, ad esempio, nel 2005 il 39% degli intervistati riteneva che l’imposta locale sulla proprietà immobiliare fosse la peggiore e più iniqua, contro il 15% per l’imposta locale sulle vendite, il 10% per l’imposta locale sul reddito, e il 20% per l’imposta federale sul reddito.

Una spiegazione plausibile è che l’imposta sugli immobili è più odiata perché è più visibile delle altre: per pagarla dobbiamo fare un versamento dai nostri conti in banca. Uno studio recente di due economiste americane, Marika Cabral e Caroline Hoxby, suffraga questa tesi. Negli Stati Uniti una frazione rilevante dei proprietari ha dei mutui ipotecari, e per costoro l’imposta sull’abitazione è pagata dalla banca creditrice. Il proprietario paga una rata mensile alla banca, che include il costo dell’imposta. Ebbene, Cabral e Hoxby trovano che, nelle zone in cui vi è una maggiore quota di mutui immobiliari, i proprietari sono meno informati sul livello delle aliquote sulla casa, e le aliquote sono significativamente più alte. Cioè, dove le imposte sono meno visibili e meno note, sono anche più alte. Inoltre, nelle zone con minor diffusione dei mutui, cioè con maggior visibilità delle imposte, è più probabile che i cittadini abbiano approvato dei referendum che impongono dei tetti al prelievo sulle abitazioni.

Tutto questo ci insegna una lezione. Se mai ci sarà di nuovo un governo che, come il governo Monti, costretto dall’emergenza finanziaria e senza preoccuparsi del consenso elettorale, farà salire di nuovo l’imposta sugli immobili, dovrà anche cercare di renderla meno visibile. Vi è un esempio di come farlo: in Irlanda i datori di lavoro hanno l’obbligo di offrire ai loro dipendenti la facoltà di farsi trattenere mensilmente dallo stipendio l’imposta sugli immobili, che poi il datore di lavoro verserà per conto del dipendente proprietario. Lontano dagli occhi, lontano dal cuore. Vale anche per le tasse.

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