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Gli indifferenti

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Gli indifferenti

Gli indifferenti. Quelli che per tornaconto fingono d'ignorare il loro recentissimo passato e pensano che Europa sia ottenere e non anche dare. E quelli troppo impegnati a coltivare la loro immensa ricchezza, accrescendola con le guerre degli altri, per accorgersi della sofferenza umana alle porte di casa.
È chiaro che qui il tema non è l'insensibilità populista a fini elettorali di Matteo Salvini. No, è qualcosa di molto più importante, più grave e pericoloso dei comizi leghisti. È l'indifferenza di governi e popoli interi di fronte alla tragedia dei profughi di Siria e degli altri conflitti; insensibili al loro desiderio di avere un futuro economico; alla commovente determinazione di vivere, attraversando mari, scalando muri, marciando a piedi, conquistando il posto in un treno senza essere certi della destinazione finale. Abbiamo tutti paura di una migrazione di questa grandezza: la differenza fondamentale che distingue gli indifferenti è l'assenza di pietà. Ne esistono di due categorie geopolitiche.

Gli indifferenti ingrati. Sono gli europei dell'Est che con l'aiuto del'Ovest hanno riconquistato la libertà da meno di una generazione. Per il loro sviluppo e la loro integrazione è stata creata una banca europea, sono stati stanziati aiuti economici, firmati accordi commerciali, aperte le nostre frontiere alla loro manodopera, offerta una moneta comune anche quando sarebbe stato più vantaggioso per noi attendere. E quando la nuova Russia è tornata ad essere per loro una minaccia, la vecchia Europa ha imposto dolorose sanzioni economiche a Vladimir Putin. Attraverso la Nato molti Paesi europei hanno deciso di rafforzare anche la sicurezza militare dell'Est. In nome di una solidarietà e di un'integrazione che per noi non ha prezzo.

Per polacchi, repubbliche baltiche, cechi, slovacchi, ungheresi il prezzo c'è, eccome. Chi più chi meno indifferenti ingrati, capaci di pretendere in nome dell'Europa e avari nel dare all'Europa; soci con quote di partecipazione irrilevanti o nulle nella divisione dei compiti di fronte a questa invasione pacifica e disperata.
Così egoisti da dimenticare che sono loro ad avere bisogno dell'Europa più di quanto noi di loro.

Gli indifferenti grassi e ricchi. È l'Arabia Saudita, il Qatar, gli Emirati, il Kuwait. Sono le loro politiche, le loro lotte di potere, le rivalità religiose ad aver creato la tragedia migratoria mediorientale, più degli errori – evidenti- delle potenze europee e degli Stati Uniti. Sono loro, con il loro denaro, a fomentare le guerre civili, preferendo il caos all'eventualità che nella loro regione possa nascere un modello minimamente democratico. La dimostrazione del loro fallimento politico e sociale è un dato diffuso dalle Nazioni Unite: con una popolazione che non supera il 5%, il Medio Oriente produce il 53% dei rifugiati del mondo.

L'emiro del Kuwait aveva organizzato a marzo una conferenza internazionale per l'aiuto ai 12 milioni di profughi siriani. Lo stesso Kuwait che partecipa ai bombardamenti dello Yemen, contribuendo a produrre altri rifugiati. Ci sono campi profughi in Libano e Giordania, paesi che non hanno risorse e mettono in gioco la loro stabilità. Ma non risulta esistano centri di raccolta e soccorso alle porte di Riad, di Doha. A Dubai il Burj Khalifa non è un grattacielo abbastanza alto per scorgere la disperazione di milioni di siriani: arabi, musulmani e sunniti come i sauditi, i qatarini e i milionari degli Emirati. Eppure queste società incompiute avrebbero bisogno delle migliaia di giovani siriani diplomati che rischiano la vita per raggiungere la Germania ma non il Golfo dalle ricchezze stratosferiche.

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