Commenti

Una scuola nuova solo a metà

  • Abbonati
  • Accedi
il nuovo anno

Una scuola nuova solo a metà

L’esempio l’ha dato Bolzano lunedì scorso. Due giorni dopo è toccato al Molise e l’indomani alla provincia di Trento. Tra lunedì e martedì prossimo si uniranno tutte le altre Regioni. Tranne Puglia e Veneto che aspetteranno mercoledì 16 settembre. A quel punto tutti i 7,8 milioni di studenti italiani saranno tornati tra i banchi. Ma l’anno scolastico che si apre non si annuncia facile.

Tra vecchi problemi e nuove difficoltà: cattedre scoperte nonostante il maxi-piano di assunzioni; supplenti in numero pari o addirittura superiore rispetto agli altri anni; un migliaio di istituti ancora senza preside. Per non parlare delle polemiche che hanno accompagnato il varo della “Buona scuola” e che ne stanno accompagnando ora l’applicazione. Con collegi dei docenti disertati, assemblee sindacali convocate in concomitanza con il ritorno in classe e nuovi cortei all’orizzonte. Ma una luce che squarcia il buio c’è: l’attuazione dell’alternanza scuola-lavoro avrà la priorità sulle altre misure della legge 107.

Conviene partire da qui allora. In un paese dove appena il 4% degli studenti studia e lavora (contro il 20% e oltre della Germania) rendere la formazione on the job obbligatoria per 400 ore nei tecnici e nei professionali e per 200 nei licei, a partire dal terzo anno, non è una novità di poco conto. Ed è per questo che gli uffici del Miur si stanno concentrando per attuarla il prima possibile. Con una novità delle ultime ore. Accanto alla carta dei diritti e dei doveri che è quasi pronta e al registro delle imprese a cui il ministero sta lavorando insieme alle Camere di commercio arriveranno anche le linee guida con le istruzioni per gli istituti alle prime armi. Probabilmente la settimana prossima.

Ancora maggiore solerzia è stata dedicata alle assunzioni. Alle 29mila immissioni in ruolo già disposte tra fine luglio e inizio settembre se ne aggiungeranno oggi almeno 8.200. Tanti sono infatti i precari che alle 19 di ieri sera avevano accettato uno degli 8.776 incarichi distribuiti nell’ambito della “fase B” del piano di stabilizzazioni previsto dalla “Buona scuola” oppure una delle supplenze che gli uffici scolastici regionali dovevano attribuire entro l’8 settembre per permettere così agli aspiranti stabilizzandi di scegliere tra la presa di servizio immediata, magari in un posto lontano da casa, oppure posticipata alla fine dell’incarico temporaneo ricevuto nel frattempo. Solo in 16 avevano invece rifiutato, chiamandosi così fuori dall’intero piano.

Il numero complessivo delle accettazioni e dei rifiuti si conoscerà solo nelle prossime ore. I prof che non hanno ancora deciso potranno farlo fino alla mezzanotte di stasera. A quel punto il testimone passerà agli uffici scolastici territoriali che saranno aperti anche domani per fare firmare a tutti i docenti, entro lunedì, il contratto di assunzione e a inviarli così in classe. Ma non è detto che la complessa macchina organizzativa messa su da viale Trastevere riuscirà nell’obiettivo di ridurre il numero di classi senza insegnante che caratterizza i primi giorni di scuola. Aver fissato all’8 settembre la dead line per l’attribuzione delle supplenze potrebbe fornire un aiuto in questa direzione visto che gli anni scorsi questa pratica veniva conclusa ad anno scolastico già iniziato.

Le supplenze, appunto. Un istituto che all’inizio del percorso della “Buona scuola” il governo voleva eliminare. Salvo riconoscere in corso d’opera che quest’anno non sarebbe stato possibile farlo. Aver limitato la stabilizzazione ai soli docenti delle graduatorie a esaurimento, oltre che agli idonei e ai vincitori dell’ultimo concorsone, ha reso di fatto insufficienti le 100mila assunzioni complessive in programma. Inclusi i 55mila posti di potenziamento che saranno assegnati a dicembre dopo aver raccolto i “desiderata” dei dirigenti scolastici sulle materie da rafforzare.

Risultato: gli insegnamenti che risultavano scoperti già negli anni scorsi, ad esempio matematica nelle regioni del Nord, tali resteranno anche stavolta. Per colmarli, a partire dalla prossima settimana, i dirigenti scolastici dovranno attingere alle graduatorie d’istituto. Nel complesso si stima un numero di supplenti uguale, se non addirittura superiore, rispetto ai dati del recente passato. Al momento se ne contano circa 60mila tra posti di sostegno dell’organico di fatto, disponibilità comuni e cattedre rimaste vacanti durante la “fase b” delle assunzioni. Ma è un contingente destinato a salire.

Per il resto non sarà un anno scolastico come tutti gli altri. Sia per l’arrivo delle altre novità della legge 107 attese in corso d’anno: dalla nomina dei comitati per la valutazione dei docenti alla card da 500 euro per la loro formazione, dai nuovi piani triennali per l’offerta formativa (che si applicheranno però dal 2016/2017) al piano nazionale per la scuola digitale. Sia per l’impatto dei processi già in atto: dalla valutazione, con le scuole che dovranno depositare entro il 30 settembre i loro rapporti di autovalutazione che dal giorno dopo saranno online sul portale “Scuola in chiaro”, alla nuova didattica laboratoriale finanziata per 45 milioni. Un insieme di temi e interventi che, per cominciare a dare i suoi frutti, necessiterebbe forse di un altro clima rispetto a quello che si continua a respirare intorno al mondo dell’istruzione.

Delle assemblee e delle proteste si è detto. Ma all'orizzonte c’è già un’altra grana. Dopo il Veneto anche la Puglia potrebbe decidere di ricorrere alla Consulta contro la riforma Renzi-Giannini. In tal senso si è già espressa l’Avvocatura regionale. L’ultima parola spetterà ora al governatore Michele Emiliano e alla sua giunta.