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Il surriscaldamento porta migrazioni e guerre

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Europa

Il surriscaldamento porta migrazioni e guerre

«È urgente agire sul surriscaldamento globale perché l’assenza di cibo e la siccità causati dai cambiamenti climatici possono portare a migrazioni bibliche e a forti tensioni geopolitiche». Questo è il messaggio forte lanciato ieri da Paul Allan David, professore di economia e storico dei processi economici all’Università di Stanford (California), Oxford (Gran Bretagna) e Maastricht (Olanda), nonché uno dei candidati più accreditati al Premio Nobel, ospite a Milano di Edison Open 4Expo in un incontro dal titolo «L’Economia della stabilizzazione del clima globale e della sostenibilità alimentare mondiale finché c’è ancora tempo».

Un allarme eccessivo? Una visione catastrofista? Non proprio, perché i dati scientifici raccolti dagli addetti ai lavori dalla calotta artica agli oceani parlano chiaro, basta saperli leggere. La lotta ai cambiamenti climatici deve essere affrontata con un approccio sistemico che tenga conto dei riflessi che il climate change ha sulla disponibilità di cibo e acqua nel mondo.

Ne è profondamente convinto David, economista americano di primo piano, incluso nella cerchia delle amicizie del presidente della Federal Reserve, Janet Yellen, numero uno della Fed che «ha fatto bene a non alzare i tassi di interesse Usa perché così ha dimostrato di esser consapevole, come la Gran Bretagna del XIX secolo, del ruolo dei banchieri centrali per la stabilizzazione globale della politica monetaria».

Come la politica monetaria della Fed è chiamata a tenere conto ormai nell’opera di stabilizzazione globale della politica monetaria, degli effetti della frenata della Cina e dei riflessi sui mercati emergenti come il Brasile, così siamo chiamati a mettere in campo una visione mondiale «per limitare l’emissione dei gas serra in termini accettabili in relazione alla popolazione globale». A temi globali interconnessi bisogna dare una risposta idonea ad ampio spettro evitando di credere alle «rispote miracolistiche «silver bullet) poiché bisogna finanziare sistemi più sostenibili che riducano le emissioni di C02», ha ricordato David.

L’effetto che i cambiamenti climatici generano ormai non lo si può negare: aumento della temperatura terrestre, desertificazione, innalzamento dei mari («nel 2029 le acque potrebbero sommergere la Mole Antonelliana, l’edifico più alto di Torino se non corriamo ai ripari»), aumento della frequenza e dell’intensità di condizioni climatiche estreme. Tutti fattori che si ripercuotono sulle colture, provocando carestie e malnutrizione. «Nel dibattito pubblico e politico il climate change è un tema caldo «dove già ci sono le le soluzioni tecnologiche sul terreno ma spetta a noi cittadini spingere i politici all’azione pratica». «Non a caso Expo 2015 ruota intorno al cibo – ha detto David –. Tuttavia, nonostante molto se ne parli, non è stata messa in campo nessuna risposta che possa risultare efficace. Non desidero apparire catastrofista, ma è bene tenere presente che è in gioco il benessere materiale delle generazioni future».

Le soluzioni? Esistono già. «Oggi siamo in grado di consolidare i meccanismi di riduzione di gas serra, andando ad agire in modo strutturato sulla produzione e distribuzione dei beni e siamo in grado di pianificare, sull’esempio di quanto accade in Francia, adesso che c’è ancora tempo, la transizione energetica e di pensare a come assicurare la crescita economica e l’aumento del benessere in un mondo a basse emissioni di carbonio». La natura sta già correndo ai ripari: le foglie degli alberi si stanno riducendo darwinianamente per ridurre la perdita di acqua, ma questo riduce l’assorbimento del CO2 e l’emissione di ossigeno», ha ricordato David. I ghiacciai si riducono e sono sempre più piccoli e movimenti sociali come lo “Slow Food”, pur encomiabili pre certi aspetti non sono la soluzione di lungo termine al problema».

«Bisogna dare priorità per la sostenibilità del clima eliminando gli errori passati – ha detto David – e prepararsi alla transizione guardando ai feedback globali. Prepariamoci: forse i nostri nipoti mangeranno alghe».

David, oltre ad essere considerato, come ha ricordato nella presentazione il professor Marco Fortis, docente di economia industriale all’Università cattolica e direttore e vice presidente della Fondazione Edison, il pioniere di un nuovo metodo di indagine, quello della “dipendenza dal percorso”, che mette in relazione i piccoli eventi della storia con i processi della micro e macro economia, è il quinto ospite del ciclo di incontri che Edison dedica ai grandi innovatori dell’Economia, dopo Amartya Sen, Michael Landesmann, Jackie Krafft e Joel Mokyr.

«Quindi occorre un atteggiamento né pessimista, né ottimista, ma solo razionale di fronte al cambiamento c limatico con incentivi che possano spingere il mercato con piani di orientamento e seguire un principio etico in una fase storica inedita», ha commentato il professore Alberto Quadrio Curzio, presidente dell’Accademia dei Lincei, a conclusione dei lavori.

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