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La babele degli standard

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regole e controlli

La babele degli standard

Il sospetto c’era da tempo. Che le auto inquinino e consumino di più rispetto ai test di laboratorio, lo sostengono da anni numerose associazioni ambientaliste e dei consumatori; in uno studio del 2014, per esempio, l’International Council of Clean Transportation (ICCT) ha dimostrato che le emissioni reali di ossidi di azoto delle moderne auto diesel (in teoria tutti modelli rispettosi degli standard Euro 6) sono in media sette volte più elevate di quanto consentito dalle norme.

Lo ha di fatto riconosciuto la stessa Unione Europea, che nel maggio scorso ha approvato un aggiornamento alle procedure di test (Nedc) destinato a entrare in vigore nel 2017: le nuove procedure dovrebbero assicurare una maggiore coerenza fra i risultati dei test e quelli che poi gli acquirenti delle auto riscontrano nella guida reale.

La discrepanza fra le emissioni reali e quelle dei test era stata finora ricondotta da un lato a procedure di test antiquate e irrealistiche, dall’altro alla possibilità dei costruttori di “tarare” i veicoli sulle procedure stesse; infine, le case spesso affrontavano i test con veicoli studiati appositamente. La Mercedes, per esempio, vendeva una berlina della Classe C dove il serbatoio “normale” del carburante da 66 litri era in realtà un optional a richiesta: quello “di serie” era da soli 40 litri, inservibile per un utilizzo normale ma più leggero e quindi in grado di contribuire a ridurre i consumi nei test.

La frode messa in atto negli Usa dai tecnici Volkswagen porta le preoccupazioni su un altro livello, e fa sorgere sospetti anche sulle rivali. Bmw e Daimler hanno fatto sapere ieri di non essere al corrente di nessuna indagine Usa nei loro confronti.

Al di là del caso di frode emerso in questi giorni, il discorso degli standard è da tempo sul tavolo ma di non facile soluzione; non riguarda solo consumi ed emissioni inquinanti, ma è in questi campi che comporta i costi maggiori per i costruttori.

Anche considerando solo Europa e Usa, gli standard americani in sulle emissioni di ossido di azoto - caratteristiche dei motori diesel - sono più severi di quelli europei, mentre quelli relativi alle emissioni di CO2 (e quindi ai consumi, che sono proporzionali) sono più rigidi in Europa (che ha visto proprio il 1° settembre l’entrata in vigore dello standard Euro 6). Negli Stati Uniti, inoltre, ogni stato ha il diritto di imporre standard più rigidi di quelli federali; la California è nota per la sua severità, e non è un caso che sia stata proprio il California Air Resources Board (Carb) a “smascherare” la frode di Volkswagen. Anche in Europa singoli stati, regioni e anche comuni impongono regole diverse. L’Acea - l’associazione di settore - ha per esempio criticato la decisione presa quest’anno dalla Francia di escludere i diesel Euro 6 dalla categoria 1 dei veicoli meno inquinanti.

La diversità di standard è un retaggio storico dovuto anche alla diversità del parco circolante: auto in media più piccole in Europa, e quindi con consumi più bassi; motori quasi esclusivamente a benzina negli Usa, per i quali è quindi più facile rispettare i limiti sugli ossidi di azoto. Anche per questi motivi, eliminare completamente le differenze e uniformare gli standard a livello mondiale è impensabile.

C’è poi il problema dei costi, sottolineato spesso dai costruttori. Sergio Marchionne, per esempio, ha stimato in «1.800-2.000 euro a vettura il costo delle norme sul CO2 fissate per il 2020: se si abbassa la soglia delle emissioni di CO2 cambia la natura industriale, i prezzi salirebbero e venderemmo meno macchine». Secondo l’Acea l’introduzione di standard più rigorosi deve essere ponderata per non mettere a rischio la competitività di un’industria che con 12 milioni di posti di lavoro (di cui 2,3 nella produzione di auto) è uno dei maggiori datori di lavoro privati a livello continentale ed è il maggior investitore privato in ricerca e sviluppo, con 41,5 miliardi spesi nel 2014. All’interno dei costruttori europei i tedeschi - la cui produzione è composta da vetture in media più pesanti e veloci di quelle italiane e francesi - hanno più volte polemizzato con la Commissione sui nuovi standard e sui tempi della loro messa in opera. Gli stessi americani, del resto, a livello federale hanno “difeso” i loro veicoli più pesanti e inquinanti, come SUV e pick up, i cui standard di consumo sono molto meno severi di quelli delle autovetture. Lo scandalo Vw potrebbe ora dare più forza a chi chiede test più credibili e uniformi.

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