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L'impatto dello scandalo

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L'ANALISI

L'impatto dello scandalo

La Germania comincia a fare i conti con il possibile impatto sulla crescita dello scandalo Volkswagen. Anche se è troppo presto per misurarne gli effetti, il peso del settore nell'industria tedesca e nell'export è tale da non poter sottovalutare le conseguenze della vicenda, soprattutto se dovesse allargarsi.

Per il momento, l'economia tedesca gode buona salute: il Governo prevede una crescita dell'1,8% sia quest'anno sia il prossimo. L'indice Ifo, un sondaggio fra circa 8mila imprese, pubblicato ieri, è leggermente salito a settembre, a 108,5 contro 108,4 di agosto, a fronte di attese di un calo a causa del rallentamento della crescita cinese. Un altro indicatore dell'atteggiamento delle imprese, l'indice Pmi, diffuso mercoledì, pur in calo da 55 a 54,3 resta ampiamente in territorio positivo (sopra quota 50). Entrambi i sondaggi però sono stati condotti prima dello scoppio dello scandalo Volkswagen. «Non sarebbe una sorpresa – sostiene Jonathan Loynes, di Capital Economics – se il sentimento dell'industria calasse alla prossima tornata». La preoccupazione maggiore, anche in ambienti politici, riguarda la possibilità che il caso si estenda ad altri produttori o che in qualche modo scalfisca l'immagine del made in Germany sui mercati globali. «Ho paura – ha detto Volker Kauder, esponente di spicco della Cdu, il partito del cancelliere Angela Merkel – che tutta l'industria automobilistica del Paese ne esca danneggiata».

In questo caso, le ripercussioni potrebbero essere non da poco. Il settore auto, compresi i produttori di componenti, rappresenta oltre l'11% del settore industriale della Germania, che a sua volta è il 23,3% del prodotto interno lordo. L'auto e il suo indotto sono quindi il 2,75% del pil. Il 77% della produzione tedesca viene esportato, per circa 200 miliardi di euro, il che significa un quinto di tutte le esportazioni tedesche. Il settore occupa 775mila persone, il 2% della forza lavoro del Paese. La sola Volkswagen impiega in Germania circa 270mila dipendenti in 29 stabilimenti. Secondo stime di Unicredit, il settore auto genera 270 miliardi di valore aggiunto lordo all'anno, il 10% dell'intera economia, il che ne fa il settore manifatturiero più importante.

Non tutti sono convinti che il caso Vw sia destinato a far deragliare la ripresa tedesca, che in questo momento, come rileva in una nota Holger Schmieding, di Berenberg, è sostenuta dai consumi interni a fronte di alcuni seri shock esterni. Anche un crollo delle vendite di auto diesel, secondo Schmieding, provocherebbe un taglio alla crescita di non più dello 0,2%. Inoltre, questo potrebbe essere parzialmente compensato da un aumento nelle vendite di altre vetture.

Il sostegno all'economia tedesca viene in questo momento soprattutto dall'aumento dell'occupazione, da quello dei salari (il 3% nell'ultimo anno) e dall'euro molto competitivo. Anche l'arrivo dei rifugiati, con le spese già stanziate dal Governo (circa 6 miliardi di euro, per ora), offrirà uno stimolo fiscale pari a circa lo 0,4% del pil.

«Sarebbe ironico – osserva Carsten Brzeski, economista di Ing – che dopo aver fatto fronte alla crisi greca, a quella dell'euro e alla frenata della Cina, la minaccia più grave venisse oggi dall'interno invece che dall'estero». L'incognita più grave viene dagli investimenti, già di per sé un punto debole dell'economia tedesca, che negli ultimi tempi avevano mostrato qualche segno di rilancio. Se il caso Volkswagen dovesse generare incertezza per le imprese, è probabile che queste si astengano dal fare nuovi investimenti. Inoltre, il settore auto ha finora ottenuto buoni risultati nonostante l'indebolimento della domanda dalla Cina, osserva Andreas Rees, economista di Unicredit a Francoforte. L'effetto Cina, dove va il 10% delle esportazioni di automobili tedesche, è stato compensato da altri mercati, gli Stati Uniti e l'Europa. Ora però il mercato Usa, che rappresenta il 13,5% dell'export di auto tedesche, potrebbe essere a rischio (anche se il diesel, che agli americani non piace, è sempre stato una piccola quota del totale). Le altre destinazioni principali delle auto tedesche sono la Gran Bretagna (12%), la Francia (6,5%), l'Italia e la Spagna (4% a testa).

Un altro punto interrogativo potrebbe riguardare la Germania come destinazione di investimenti di portafoglio dall'estero. Ieri, il gruppo bancario scandinavo Nordea, il più grande gestore della regione nordica, ha annunciato che per i prossimi sei mesi i suoi fondi d'investimento sospenderanno ogni acquisto di titoli della Volkswagen, sia azioni sia obbligazioni (di cui detengono al momento poco più di 200 milioni di euro), a causa delle accuse di violazione delle norme Usa sulle emissioni e delle perdite che ne deriveranno.Il conto di Wolfsburg rischia di essere molto salato.

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