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La fragile Europa in un vicolo cieco

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La fragile Europa in un vicolo cieco

Domenica in Catalogna gli indipendentisti hanno ottenuto la maggioranza al parlamento regionale e sfiorato quella del voto popolare. Una svolta storica: potrebbe incidere anche sui risultati delle legislative di dicembre in Spagna oltre che sul futuro assetto istituzionale del Paese.

Domenica nell’Alta Austria, il partito della Libertà, estrema destra, ha raddoppiato i consensi rispetto al 2009 arrivando secondo con il 30,4% , dopo i conservatori al 36,4% ma in perdita di ben 10 punti percentuali. L’11 ottobre nuovo voto a Vienna: i pronostici danno sempre vincente l’Fpo e il suo messaggio di chiusura ai rifugiati se musulmani.

In Germania la popolarità di Angela Merkel si appanna. Dopo i disordini scoppiati in un centro di raccolta profughi, il taciturno presidente della Repubblica, Joachim Gauck, avverte che il Paese «ha dei limiti» nella capacità di accoglienza. Il capo dell’intelligence tedesco segnala estremismi di destra e sinistra in crescita, mentre il sindacato di polizia propone, per ragioni di ordine pubblico, di separare cristiani da islamici nei campi di raccolta.

Le devastazioni dello scandalo Volkswagen sono ancora in parte tutte da scoprire. Incombe il complicatissimo negoziato su Brexit, la possibile secessione della Gran Bretagna dall’Unione, mentre gli indipendentisti scozzesi osservano e ricominciano a scaldare i muscoli.

Parigi bombarda l’Isis in Siria ma gioca una partita solitaria in Europa: non c’è accordo con la Merkel sul futuro di Bashar Assad né sui rapporti da tenere con la Russia di Vladimir Putin. Nel 10° anniversario del rifiuto della Costituzione europea, l’Olanda prepara intanto un referendum sul raggiunto accordo Ue-Ucraina, complicando ulteriormente una partita diplomatica già fin troppo sussultoria.

Le ultime dalla cronaca raccontano, insomma, di correnti sotterranee e sonori smottamenti nell’ordine democratico, politico, socio-culturale, economico, industriale e finanziario di molti Paesi-membri, di crisi multiple che non promettono niente di buono per la tenuta del governo collettivo europeo.

Tanto più quando l’economia globale rallenta e, invece di calmare, inevitabilmente esaspera le tensioni intra-Ue.

La crisi greca ha spaccato l’Eurozona lungo il solco nord-sud che è lo stesso, aperto e irrisolto, dell’iper-debito della sua periferia. Quella dei rifugiati, sempre bollente, divide l’Unione tra Est e Ovest e la Germania dalla sua tradizionale zona di influenza, economica prima che politica.

La crisi scatenata dal caso Vw è molto più di «una catastrofe politica e morale» tedesca, per dirla con il suo presidente ad interim Berthold Huber. È una catastrofe europea a tutto tondo, che rischia di travolgere mercato e moneta unica, perchè da almeno un decennio l’Europa è diventata molto più tedesca e molto meno europea. A tutti i livelli, perfino quello diplomatico, fino a qualche anno fa trascurato da Berlino.

L’euro è un clone del vecchio marco, concepito e governato a sua immagine e somiglianza: al suo Dna di stabilità, irreprensibilità ed eccellenza oggi di sicuro nuocciono molto di più le malversazioni industrial-tecnologico-ambientali del colosso di Wolsburg dei conti pubblici truccati della Grecia, un socio di minoranza che vale il 2% della moneta unica.

Ma in gioco oggi non ci sono solo la sua identità e credibilità violate. C’è anche la tenuta dei patti che ne regolano la governance. Con quale autorità morale ora Wolfgang Schauble, il ministro delle Finanze tedesco, potrà richiamare all’ordine i partner indisciplinati dell’Eurogruppo, quando la maggiore società industriale del suo Paese ha truffato sul rispetto delle regole del mercato unico distorcendo l’etica della concorrenza, sorprendendo la buona fede di concorrenti e clienti, tradendo l’impegno ambientalistico e la salvaguardia della salute dei cittadini?

Come e in quanto tempo si potrà ricucire il contratto di fiducia stracciato tra Germania ed Europa e lanciare negoziati per una governance più forte e integrata dell’euro? Il salto di qualità è urgente ma è ancora fattibile quando tra l’altro la stessa Bce medita se escludere dagli acquisti targati quantitative easing le obbligazioni della Volkswagen, uno dei maggiori emittenti europei, per i troppi rischi, finanziari e non, che oggi si portano dietro?

A fragilizzare l’Europa rendendola una presenza innocua, un peso minimo sulla scena internazionale, dunque non ci sono solo Governi indeboliti da estremismi e euroscetticismi in ascesa, insieme a Stati-nazione erosi da movimenti indipendentisti che non si sa dove andranno a parare.

C’è una Germania che improvvisamente appare ben diversa da quella che si credeva fosse e per questo crea nuove diffidenze e disorientamento intorno a sé risucchiando l’Unione nel gorgo delle sue enormi difficoltà. Ma chi oggi potrebbe prenderne il posto e il ruolo? Anche per questo l’Europa rischia di finire in un vicolo cieco.

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