La proroga sul rientro dei capitali, alla fine, è arrivata. Sul filo di lana e tardi rispetto alle esigenze degli operatori. Più tardi di quanto sarebbe stato opportuno e anche corretto attendersi: non certo una grande prova di trasparenza e di rispetto dei contribuenti. Continua pagina 3
La necessità di una proroga era evidente da molte settimane e non ci capisce perché si sia preferito aspettare l’ultimo momento. Anzi, un po’ lo si capisce: nell’incertezza sul rinvio, oltre 45mila domande sono state comunque presentate e gli incassi futuri fino a ora ipotizzati, circa 1,4 miliardi di euro, possono essere utilizzati per congelare le clausole di salvaguardia che avrebbero comportato l’aumento di accise e acconti Ires e Irap.
Con il decreto approvato ieri, ci sarà più tempo - fino al 30 novembre – per presentare e perfezionare la domanda di voluntary disclosure. Entro il 30 dicembre potranno poi essere completati gli adempimenti, anche da parte di chi l’istanza l’ha già presentata, mettendo così ordine tra provvedimenti amministrativi e comunicati stampa arrivati nei giorni scorsi. A beneficiare di un po’ di tempo in più, comunque, non saranno solo i contribuenti e i loro consulenti, ma anche l’agenzia delle Entrate. Il provvedimento approvato dal Consiglio dei ministri concede all’amministrazione molti mesi in più, sino alla fine del 2016, per liquidare le istanze e calcolare imposte, sanzioni e interessi dovuti, prorogando fino a quella data il termine di prescrizione e di decadenza dell’accertamento per il 2010 (ma anche anticipando le annualità che scadrebbero dopo quella data).
A chi servirà davvero questa proroga? La risposta, forse banale, è che il rinvio sarà utile sia per chi era in affanno, sia per chi era ancora indeciso.
Solo tra giovedì e venerdì della scorsa settimana si è avuta la certezza che sarebbe arrivato il rinvio. In effetti, però, non moltissimi professionisti avranno accettato di assumersi il rischio di vedere il proprio cliente escluso dalla voluntary (ovviamente nel caso in cui la proroga non fosse poi arrivata). Quindi, è possibile che nella stragrande maggioranza dei casi il rinvio dei termini finisca per avere solo un’utilità operativa. Per esempio, se ne potrà avere beneficio per le istanze già presentate, per le quali ora c’è più tempo a disposizione per completare la pratica con la relazione e gli altri documenti richiesti.
Chi aveva aspettato fino all’ultimo (cioè oggi) per l’invio delle domande, con la possibilità di presentarle in via provvisoria e poi integrarle nei successivi 30 giorni, potrà a questo punto operare con più calma, sfruttando i due mesi in più (oltre al mese ulteriore per le integrazioni) concessi dal decreto. È possibile, o almeno così segnalano numerosi professionisti, che in questa condizione si trovino le situazioni più complesse (che spesso sono anche quelle più interessati per l’Erario e per l’apporto in termini di gettito che ne deriverà).
Resta, naturalmente, da chiedersi se il maggior tempo a disposizione potrà servire per “richiamare” nuove adesioni. I contribuenti potenzialmente interessati hanno avuto certamente molto tempo a disposizione per ponderare bene le loro scelte. Da un lato, quindi, è possibile che chi abbia preferito rinunciare questa possibilità, difficilmente cambierà idea ora. È anche vero però che in molti casi i professionisti, già dall’inizio di settembre, hanno smesso di accettare nuovi incarichi. Il tempo in più (non tantissimo vista la complessità di molte pratiche) potrebbe indurre gli studi ad accettare nuovi clienti. Tanto più che giorno dopo giorno si va rafforzando l’idea che la voluntary rappresenti davvero l’ultima chance per chi detiene illegalmente capitali e attività all’estero. Le notizie che giungono a esempio dalla vicina Svizzera possono, per così dire, favorire il ripensamento anche degli irriducibili. È dell’altro ieri la conferma che le banche svizzere stanno fornendo alle autorità nazionali (il caso riguarda l’Olanda) i nominativi di coloro che detengono conti in territorio elvetico senza aver “regolarizzato” questi importi. Per tutti diventa dunque più chiaro che o si fa la voluntary o non resta che spostare i propri capitali presso “paradisi” più lontani e molto meno sicuri di quelli alle porte di casa. Che “paradisi” lo sono un po’ meno o addirittura non più.
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