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Rilanciare privatizzazioni, investimenti e crescita

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IL RUOLO DELL'ITALIA

Rilanciare privatizzazioni, investimenti e crescita

Ottobre sarà un mese importante per l'Italia e per la Ue perché si vedrà nel concreto (e non solo nei progetti) se c'è un cambio di tonalità verso una politica di investimenti. Si avrà infatti il primo vero confronto tra il rigore formalistico del “fiscal compact” e la prospettiva costruttiva dell'“investment compact” espressa sia dal Piano Juncker sia dagli investimenti dei Paesi membri.

L'invito alla Ue e alla Uem ad investire di più è frequente ed è supportato da molti dati. Esemplifichiamo con uno tra i tanti: il rapporto degli investimenti sul Pil tra il 2007, il 2015, il 2020 (previsione). Per i Paesi avanzati si passa dal 23,3%, al 21,7%, al 21,98%. Per la Uem (e analogamente per la Ue) dal 23,8%, al 18,7%,al 19,7% con un divario crescente. Per l'Italia si passa dal 22,1%, al 15%, al 16,2%. Tanto basta per riaffermare che la priorità per l'Europa e l'Italia sono gli investimenti.

Il ruolo italiano. Nelle prossime trattative Ue sulla legge stabilità l'Italia dovrà puntare molto agli investimenti anche con un ruolo europeo proattivo in linea con il nostro semestre di presidenza del Consiglio europeo nel quale il Governo ha sostenuto la necessità per la crescita e l'equilibrio di bilancio degli investimenti. Chi pensa che il Governo non possa svolgere questo ruolo non tiene presente che le “quotazioni italiane” sono in crescita mentre, per ragioni diverse, quelle tedesche sono calanti (caso Volkswagen)e quelle francesi sono stagnati e diversive (caso Siria).

Il miglioramento della posizione italiana si è visto anche a Milano (in quanto sede di Expo) dove nei giorni scorsi si è tenuto l'incontro annuale della Associazione dei Fondi Sovrani (Ifswf) per iniziativa del Fondo Strategico Italiano(Fsi) della Cdp. Summit di grande rilievo per la partecipazione di 34 fondi sovrani di 31 Paesi con asset per 4.500 miliardi di dollari, pari a circa 2,8 volte il nostro Pil. L'Italia era ben presente a questo summit non solo con i vertici della Cdp ma anche con il ministro Padoan e con il vicepresidente della Bei, Scannapieco. Colpisce invece l'assenza dei vertici della Commissione europea anche perché di recente il vice-Presidente Katainen era in Cina per attirare investimenti sul Piano Juncker.

I Fondi sovrani hanno manifestato il loro interesse ad investire in buoni progetti del Piano Juncker ma anche nel nostro Paese dove già detengono 19 miliardi di capitalizzazione borsistica e dove nel 2014 hanno investito 2,2 miliardi di dollari con un incremento sul 2013 del 47%. L'interesse per l'Italia si interseca con le privatizzazioni societarie, infrastrutturali ed immobiliari che il Governo ha in agenda anche su raccomandazione della Commissione europea. Sono scelte importanti per l'Italia che dovrebbero essere condotte con la regia congiunta dei ministeri competenti e della Cassa depositi e prestiti da anni dotata di forte credibilità internazionale. Bisognerà anche curare che le privatizzazioni siano fatte con molto discernimento a tutela della natura strategica nazionale (come accade in Francia e Germania) di certi asset.

I Patti europei. L'Europa sembra adesso in una fase composita tra il “fiscal compact” e l'“investment compact” del Piano Juncker. Il Feis (Fondo europeo investimenti strategici), che ne è il nucleo portante, sarà operativo a giorni. Si avvierà così la sfida di moltiplicare i 21 miliardi di euro di dotazione in almeno 315 miliardi di investimenti. Segnali positivi ci sono sia perché singoli stati (tra cui l'Italia per 8 miliardi tramite Cdp) hanno impegnato notevoli risorse sia per quanto emerso al summit milanese dei Fondi Sovrani.
Di fronte alle necessità di investimenti europei, le flessibilità adesso ammesse dal “fiscal compact” sono ben poco ma tuttavia vanno sfruttate. È noto che da gennaio, uno stato membro può essere autorizzato a deviare temporaneamente o rallentare il percorso verso il pareggio strutturale di bilancio in connessione ad investimenti pubblici euro-cofinanziati e/o quando sono in corso riforme strutturali e/o per superare fasi cicliche avverse.

Il nostro Governo si accinge così (stando alla nota di aggiornamento del Def che è eccellente anche tecnicamente) a chiedere sia un aumento nella flessibilità di bilancio già ottenuta per il 2016 con il Def di aprile in relazione alle riforme strutturali sia di aggiungervi quella per gli investimenti pubblici euro-cofinanziati. Si arriva così ad un aumento per il 2016 del deficit sul Pil dello 0,8% che ci porta al 2,2% ben lontano dal 3%. Non è poco per il “fiscal compact” ma lo è per l'“investment compact”. Per questo sarebbe sorprendente che la Commissione ci negasse un altro aumento di deficit su Pil dello 0,2% per l'emergenza immigrazione. Anche perché se andiamo oltre le alchimie numeriche il nostro sentiero di finanza pubblica nel triennio 2016-18 è piuttosto tranquillo (specie se paragonato a quelli di Spagna e Francia). Infatti l'indebitamento netto nominale e strutturale cala portando quest'ultimo al pareggio nel 2018 con il debito su Pil che inizia a diminuire dal 2016 per arrivare al 123,7% nel 2018 (ovvero al 117,7% al netto dei sostegni ad altri stati della Uem e dei debiti della Pa).

La trattativa italo-europea. L'autorizzazione della Commissione Europea per il 2016 e per i due anni successivi non è però scontata e sarà concessa e controllata dalle istituzioni europee. Non bisogna infatti dimenticare che ci troviamo in un campo di sovranità condivisa, anche se talvolta in modo indiretto. Ciò significa che da un lato il Governo fa molto bene nell'insistere sulla sinergia tra riforme strutturali e investimenti nonché sul fatto che l'Italia ha accelerato per tempi, numero e qualità delle riforme strutturali. Da un altro lato sulle misure di riduzione della fiscalità non può sottrarsi al confronto dialettico con la Commissione europea in relazione alle conseguenze sulla crescita e quindi sui saldi di finanza pubblica. La prefigurata misura di riduzione di Imu e Tasi nel 2016 va perciò giustificata per gli effetti esplicabili sulla ripresa dell'edilizia, per l'effetto reddito e fiducia, per la sua collocazione nel percorso quadriennale 2014-18 del Governo di riduzione della fiscalità. Se anche questo progetto sarà attuato l'Italia avrà fatto un altro bel passo in avanti.

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