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Neutrini,misteri dell’universo e un premio un po’ italiano

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il nobel per la fisica

Neutrini,misteri dell’universo e un premio un po’ italiano

Il Nobel per la fisica del 2015 riguarda un cambiamento di identità: quello cui sono soggetti gli abitanti più elusivi e misteriosi dell’universo, i neutrini. I due ricercatori cui è andato il prestigioso riconoscimento, il giapponese Tasaaki Kajita e il canadese Arthur McDonald, hanno scoperto con i loro esperimenti (rispettivamente, Super-Kamiokande e Sudbury Neutrino Observatory) che i neutrini – di cui esistono tre tipi diversi, elettronico, muonico, tauonico – possono cambiare natura, trasformandosi da un tipo all’altro: un neutrino elettronico può, per esempio, convertirsi in un neutrino muonico, o in uno tauonico. Questo fenomeno, chiamato in gergo “oscillazione”, dimostra, alla luce della meccanica quantistica, un fatto importantissimo: che i neutrini - diversamente da quanto si è pensato per lungo tempo - hanno una massa (sia pure molto piccola, milioni o miliardi di volte inferiore a quella degli elettroni).

A ricevere il Nobel di quest’anno ci sarà - purtroppo solo idealmente – anche un grande scienziato italiano, Bruno Pontecorvo, cui si deve l’ipotesi dell’oscillazione dei neutrini, per la cui verifica sperimentale sono stati premiati Kajita e McDonald. Nella fisica dei neutrini, sfortunatamente, il divario temporale tra teoria ed esperimento è molto lungo, dell’ordine di vari decenni: l’idea dell’oscillazione risale agli anni Sessanta dello scorso secolo, e Pontecorvo è scomparso nel 1993, senza avere la soddisfazione di vedere i risultati a conferma della propria teoria, giunti pochi anni dopo. Fin dalla loro “invenzione” teorica, dovuta a Wolfgang Pauli, i neutrini (così chiamati nel 1932 da Enrico Fermi, che costruì attorno a essi la prima teoria moderna di una forza fondamentale), hanno affascinato e sfidato i fisici. Privi di carica ed estremamente sfuggenti (per la loro debolissima interazione con la materia), furono scoperti solo nel 1956 dagli statunitensi Frederick Reines (Nobel nel 1995) e Clyde Cowan. E subito emerse un enigma. I neutrini di tipo elettronico sono abbondantemente prodotti nei processi di fusione nucleare che tengono acceso il Sole, ma sulla Terra ne arriva solo una piccola frazione. Perché? A intuire la risposta fu appunto Bruno Pontecorvo, il quale ipotizzò che i neutrini oscillassero, trasformandosi da neutrini elettronici a neutrini muonici, e presentandosi quindi agli osservatori terrestri sotto mentite spoglie. Sottoporre questa idea a verifica è stato molto difficile, perché per catturare e identificare i neutrini bisogna andare sottoterra, a migliaia di metri di profondità, in maniera da schermare i raggi cosmici, che sarebbero di disturbo. Laggiù, i fisici collocano enormi serbatori di acqua, disseminati di rivelatori di luce, che registrano i lampi emessi dalle particelle cariche prodotte nelle collisioni dei neutrini. È in questo modo – lavorando in una miniera di zinco e in una di nickel - che i gruppi guidati da Kajita e McDonald hanno mostrato, tra il 1998 e il 2001, che Pontecorvo aveva ragione: i neutrini cambiano effettivamente identità. Questa metamorfosi indica che i neutrini hanno masse non nulle e apre nuovi importanti orizzonti di ricerca, perché bisognerà determinare precisamente tali masse, capire perché sono così piccole e perfezionare il cosiddetto Modello Standard delle particelle, che non le contempla. La fisica dei neutrini è dunque estremamente dinamica, e in essa c’è tanta Italia. Non solo perché il principale laboratorio sotterraneo in questo campo è quello dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare al Gran Sasso (dove vari esperimenti – Macro, Gallex, Borexino, Opera – hanno contribuito in maniera determinante alla comprensione del fenomeno dell’oscillazione, confermando tra l’altro i risultati delle collaborazioni giapponese e canadese), ma anche perché numerosi ricercatori italiani partecipano al lavoro o alla costruzione di giganteschi telescopi per neutrini cosmici, come Icecube in Antartide e Km3net nelle profondità marine al largo di Capo Passero in Sicilia. E non bisogna dimenticare che c’è un’altra teoria, anch’essa dovuta a un italiano (un ragazzo di via Panisperna come Pontecorvo), che aspetta da ottant’anni di essere verificata. È quella proposta nel 1937 da Ettore Majorana, il quale immaginò che i neutrini fossero particelle speciali, coincidenti con le loro antiparticelle (cioè con gli antineutrini). Se le cose stessero così, la piccolezza delle loro masse potrebbe essere spiegata attraverso un meccanismo relativamente semplice, che chiama in causa effetti di fisica oltre il Modello Standard. Chissà che la prossima idea sui neutrini a meritare un Nobel non sia proprio questa.

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