Commenti

Il Giubileo non resti appeso alla fortuna

  • Abbonati
  • Accedi
la ripartenza necessaria

Il Giubileo non resti appeso alla fortuna

E ora che succede? In vista dell’apertura l’8 dicembre del Giubileo straordinario della Misericordia e in attesa di un (laico) miracolo, ci si potrebbe accontentare di rimanere “appesi alla fortuna”, come ha detto qualche giorno fa, con realismo degno di fede, l’ex assessore ai Trasporti, e senatore,Stefano Esposito. Perché di questo si tratta per Roma Capitale, per i romani e i turisti che l’affollano, per l’Italia e il mondo intero, dove la Città Eterna è un luogo specialissimo.Continua pagina 13

Il fatto che il sindaco-chirurgo Ignazio Marino, primo cittadino di Roma dal 2013 e già senatore Pd, l’uomo che vedeva complotti dappertutto e che ha finito per auto-erigere attorno a sé il più formidabile degli assedi, sia stato costretto a lasciare è certo importante ma non decisivo. E non solo perché il sindaco minaccia anche di ripensarci.

È vero, questo è il giorno della resa dei conti, politica e contabile. Marino è rimasto solo, abbandonato dal suo partito (di cui è segretario il premier Matteo Renzi) che l’aveva sostenuto, con l’occhio ai sondaggi negativi in caso di nuove elezioni, dilazionando oltre i ragionevoli limiti un chiarimento vero nell’interesse, prima di tutto, dei cittadini.

Per il sindaco che dal 2002 (quando era chirurgo a Pittsburgh, Usa) all’ottobre 2015 ha combattuto una sua guerra personale con ricevute e rimborsi spese tra repliche supponenti, ammissioni-non ammissioni oblique e vuoti di memoria, è arrivato il momento di mettere in fila tutti i suoi passi falsi. Innumerevoli, al pari delle critiche e delle smentite che gli sono piovute addosso da ogni parte. Fino al visibile fastidio di Papa Francesco, che ha parlato del sindaco – cattolico praticante, si è sempre definito Marino – come di una persona che «si professa cattolica». E che comunque non era stata invitata dal Vaticano all’incontro di Philadelphia, tappa del viaggio americano del Papa.

Insomma anche il suo estratto-conto politico-personale risulta deficitario come la gestione di quella cosa pubblica che si chiama Roma Capitale infestata dalla criminalità organizzata (leggasi “Mafia”, per i magistrati). Dove non basta cantare, a giugno, al mercato Testaccio assieme alla presidente del Cile Bachelet, le note del “El pueblo unido jamàs serà vencido”, se poi due mesi dopo si ritiene di non interrompere le vacanze Oltreoceano nonostante lo scoppio del “caso Casamonica”, disertando anche la riunione della Giunta capitolina che recepiva le direttive del governo su appalti e poteri a Roma.

La Capitale che Marino si lascia alle spalle (secondo il Cresme con 240mila imprese è il settimo bacino europeo, superiore anche a Berlino, 170mila aziende) è una metropoli dove si sono spezzati i fili del tessuto connettivo che lega l’amministrazione della città, ormai paralizzata anche al suo interno, e le comunità civili, religiose (per la prima volta dal dopoguerra anche la Comunità ebraica ha protestato contro un sindaco in carica), imprenditoriali e commerciali. In piedi, o meglio in ginocchio, restano le grandi società a partecipazione pubblica tipo l’Atac (trasporti): debiti, gestione pessima e molto altro. Non bastassero i continui scioperi, ad esempio, i cittadini romani hanno dovuto sopportare anche i “guasti simulati” dai macchinisti di una metropolitana (risibile storicamente per la sua estensione) che già cade letteralmente a pezzi.

Ci vorrà tempo per ricostruire davvero in un’area dove per le opere pubbliche, negli ultimi quattro anni, sono stati spesi circa due miliardi contro gli 8 di Parigi. Ma intanto bisogna far fronte al Giubileo e ai 30 milioni di pellegrini attesi a Roma. I soldi sono pochi: 50 milioni (all’inizio si parlava di 300) sulla carta, una trentina quelli al momento effettivi quasi al pari dei 35 cantieri possibili a fronte dei 130 preventivati. Un vero piano antitraffico ancora non esiste. Sugli appalti vigila l’Autorità anticorruzione guidata da Raffaele Cantone, che registra controlli più problematici rispetto al modello Expo di Milano. Come commissario per il Giubileo c’è il prefetto Franco Gabrielli, che il Governo aveva affiancato a Marino nella speranza di migliorare la gestione di Roma. Il primo miracolo laico devono farlo loro due, se la Capitale non deve rimanere appesa solo alla fortuna, com’è oggi.

© Riproduzione riservata