Commenti

I destini incrociati di Italia e Germania

  • Abbonati
  • Accedi
ora piu’ peso a roma

I destini incrociati di Italia e Germania

Lo scenario di questi giorni mostra un miglioramento dell'Italia rispetto alla Uem e alla Germania. Ne siamo lieti ma dobbiamo ricordare sempre che la nostra economia, dove ci sono ancora tanti problemi, è legata indissolubilmente a quella della Uem e a quella della Germania che sta vivendo un momento difficile. Non bisogna perciò rallegrarsi di queste difficoltà tedesche ma neppure svalutare i progressi italiani.

L'Italia migliora
Bisogna prendere atto infatti che l'Fmi nel rapporto autunnale migliora tutte le previsioni sull'economia italiana. Per il 2015 la crescita del Pil viene alzata allo 0,8%, il deficit sul Pil scende al 2,7%, il debito sul Pil inizia a calare dal livello di 133,1%, la disoccupazione scende (poco) al 12,2%. Per il 2016 il Pil cresce all'1,3%, il deficit va al 2%, il debito sul Pil cala al 132,3% (e nel 2018 al 123,7% per l'aggiornamento del Def), la disoccupazione va all'11,9%. Quest'ultimo dato va monitorato bene perché l'aumento di 325mila occupati di agosto 2015 su quello 2014 lascia sperare in meglio. Non poco dipenderà dalle nuove relazioni industriali e dai nessi tra retribuzioni, produttività, investimenti.

Tuttavia la speranza di crescere quest'anno all'1% è fondata anche perché la previsione del nostro quarto trimestre sul corrispondente del 2014 arriva all'1,5%. Anche la riduzione dei divari di crescita rispetto alla Germania (da 2 punti percentuali nel 2014 a 0,7 nel 2015, a 0,3 nel 2016) e all'eurozona (da 1,3 a 0,7 a 0,3) è dovuta più alla nostra ripresa che rallentamento delle altre due economie. Se poi, come speriamo, le trattative tra il governo e le istituzioni europee ci consentiranno per il 2016 di fare un po' più deficit in relazione all'uso di flessibilità connesse a riforme e investimenti, allora la nostra crescita potrebbe addirittura avvicinarsi all'1,6% previsto per la Germania e per la Uem.
In proposito una delle valutazioni più interessanti viene da Carlo Cottarelli che conosce bene la nostra situazione quale direttore esecutivo Fmi ed ex commissario alla nostra spending review. Cottarelli segnala che la situazione italiana di conti pubblici è buona grazie alla prudenza di Padoan , che la crescita potrebbe essere meglio di quella prevista dall'Fmi sia per i margini di finanza pubblica che abbiamo (Ue permettendo) sia per il consolidarsi degli effetti del Jobs act.

La sua valutazione resta sospesa per le modalità di attuazione della spending review e per il finanziamento dei comuni in seguito alla ipotizzata riduzione della tassazione sulla casa. Cottarelli spiega anche che la ripresa italiana non dipende solo da fattori esogeni in quanto parte degli stessi è attenuata dal rallentamento della crescita internazionale. In tal modo egli si collega di fatto alle argomentazioni che con grande lucidità aveva presentato in luglio all'Executive board dell'Fmi obiettando alla valutazione annuale fatta dal Fondo sull'Italia. Cottarelli criticò allora l'analisi degli ispettori Fmi sia per gli indicatori utilizzati (sulla cui base l'Italia finiva nella coda dei Paesi Ocse) sia perché essi consideravano come “progettate” molte riforme già attuate (ad oggi altre se ne sono aggiunte) sia perché non tenevano conto adeguatamente della forza del nostro manifatturiero.

Fabbrica Italia
Questa osservazione ci introduce a due casi importanti, apparentemente di cronaca ma in realtà di concretezza strutturale di quel “fare” necessario per andare oltre la fumosità di altri giudizi.

Il primo caso riguarda l'esposizione “Emo” in corso alla Fiera di Milano su macchine utensili, sistemi di produzione, robot e automazione industriale, meccatronica, tecnologie additive e altro ancora. Si vede qui un futuro che è già presente nella produzione manifatturiera e nelle modalità di lavoro delle fabbriche. Questa importante esposizione si alterna tra Italia e Germania a concreta dimostrazione che il nostro Paese è in questi comparti (come in altri con fiere altrettanto prestigiose) uno dei leader mondiali.
Ciò non significa, tuttavia, che in tutti i settori e le dimensioni di impresa dell'economia italiana si usino le tecnologie più avanzate e che si sia già entrati nella fabbrica 4.0. Per questo va vista molto positivamente la notizia che il Mef sta studiando un bonus da super-ammortamenti per gli investimenti in una vasta gamma di macchinari oggetto anche di una indagine recente del Mise.

Il secondo caso è la quotazione a Wall Street della Ferrari, ufficializzata proprio ieri, per la quale si sono già manifestate richieste di gran lunga superiori all'entità del progettato collocamento per il 10% del capitale. È questo un caso dell'eccellenza italiana nel mondo originata in un borgo di quella Emilia che ha generato tanti distretti del manifatturiero italiano. Ferrari e il colosso automobilistico Fca, che sta crescendo e ha ricominciato a investire e assumere anche in Italia, sono in questo momento un altro segno della riscossa italiana in un mercato, quello dell'automobile, molto concentrato e competitivo su scala mondiale.

Questa sottolineatura non vuole aprire confronti con il caso Volkswagen che richiederà del tempo per essere chiarito e giudicato con obiettività. Dal punto di vista strettamente economico-tecnologico speriamo sin d'ora che l'effetto negativo degli eventi non crei un forte contraccolpo su tutta la manifattura e l'occupazione dell'eurozona e dell'Italia, che è fornitore di molte componenti all'industria automobilistica tedesca.

La Germania reagisca
Quest'ultima è anche la posizione espressa da Angela Merkel che tuttavia non è un commentatore come noi ma il Cancelliere tedesco. Il suo governo dovrebbe perciò anticipare il rallentamento che subirà l' economia della Germania aumentando la spesa pubblica per spingere la domanda interna e gli investimenti, in tal modo contrastando anche il calo delle sue esportazioni connesso al caso Vw e al rallentamento delle economie emergenti. Un'eurozona che da qui al 2020 cresce circa all'1,6% annuo con un tasso di disoccupazione intorno al 9% ha bisogno che la Germania utilizzi i suoi ampi gradi di libertà in termini di deficit e di debito per fare più spesa pubblica in investimenti ,soprattutto infrastrutturali, in tal modo cambiando l'atteggiamento europeo dalla fiscalità restrittiva a quella espansiva di cui anche l'Italia molto beneficerebbe.

© Riproduzione riservata