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I tre pilastri sui quali far ripartire il Mezzogiorno

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EMERGENZA SUD

I tre pilastri sui quali far ripartire il Mezzogiorno

Fa bene Confindustria a sottolineare l'urgenza di utilizzare i fondi europei in scadenza per riqualificare le infrastrutture nel Mezzogiorno – ci mancherebbe pure che li perdessimo. E fa bene anche il governo a parlare di sgravi fiscali alle imprese e incentivi agli investimenti. Sono tutte boccate di utile ossigeno. Sono le cose da fare, sono senza dubbio le cose da dire. Ma per intaccare in profondità la struttura di un mercato che non funziona serve anche altro.

Per capirci: dal Mezzogiorno proviene meno di un decimo delle esportazioni nazionali, quindi figuriamoci quanto siano importanti nel breve periodo gli incentivi per l'internazionalizzazione delle imprese – ma se non pensiamo anche a insegnare l'inglese ai ragazzi del Sud questa misura si perde nel nulla. Riparliamo perciò brevemente di struttura, di tre settori in cui tutti conveniamo ci sia ancora molto da lavorare: istruzione di base, giustizia civile e burocrazia. Il problema è riconoscere che una cosa è il contesto istituzionale, altra è la sua implementazione – che in Italia una cosa è fare le riforme strutturali, altra è farle funzionare anche al Sud.

Cambiare regole e incentivi è già concettualmente complesso e spesso politicamente arduo; ma bisogna realizzare che per raggiungere le aree arretrate è necessario purtroppo uno sforzo addizionale in termini di supporto amministrativo, che richiede risorse umane, lungimiranza e umiltà.

Istruzione di base. Il dato da cui partire è che la differenza Nord-Sud nei dati OCSE-PISA degli ultimi anni è uguale a quella nei dati sull'alfabetizzazione del 1861. Si può ridurre significativamente questo divario? Certamente non nei due anni che restano al governo in carica. D'altra parte abbiamo ormai gli strumenti per farlo, e il governo potrebbe porre le basi per un intervento che duri nel tempo pur sapendo che non ne raccoglierà appieno i frutti. Il passaggio cruciale sta nel perseguire obiettivi misurabili partendo da asili e scuole elementari. Per le scuole indicatori affidabili della qualità dell'apprendimento sono ormai disponibili; per migliorarli sarebbero necessarie lezioni aggiuntive nel doposcuola.

I migliori asili italiani sono un modello per tutti, sarebbe auspicabile esportarli anche al Sud. E per questo non servono regole, servono un po' di Mary Poppins emiliane. Menziono en passant un fatto importante perennemente ignorato: al Sud lo sport da ragazzi è un lusso per pochi.

Giustizia Civile. Claudio Castelli ne ha scritto su queste colonne. Un numero su tutti: nella metà dei tribunali del Sud la giacenza media è quasi tre anni, circa otto volte quella di Aosta. Ci sono due conseguenze catastrofiche di questo ritardo. Una è il differenziale Nord-Sud sui tassi di interesse praticati dalle banche alle imprese (circa due punti); l'altra è la difficoltà dei rapporti fra imprese. Perché in queste condizioni in pratica non esiste il risarcimento danni sicché l'affidabilità che fa funzionare il mercato è severamente compromessa.

Castelli conclude che sarebbe necessario un piano di «interventi articolati e concentrici sul piano normativo, organizzativo e tecnologico». Ma il piano normativo per quanto riguarda il differenziale di rendimento non può che essere secondario, perché i codici a Nord e Sud sono uguali, e tali rimarranno quando saranno riformati. Credo che la parola chiave qui sia “articolati”: non si può fare a meno di studiare nel dettaglio cosa e dove funziona male e farlo funzionare meglio. Anche in questo caso gli strumenti ci sono, serve energia da dedicare alla risoluzione di tanti piccoli, magari stupidi, problemi.

Burocrazia. Il problema al Sud è più grave per il maggior peso del settore pubblico e per le complicazioni collegate all'erogazione dei fondi europei. Se si chiede a un imprenditore qual è il suo problema principale la risposta è invariabilmente «Burocrazia. Non ci si capisce niente, e dall'altra parte del tavolo trovo sempre un nemico». Si noti che si parla di due problemi distinti: uno è la giungla delle norme che sappiamo va a tutti i costi sfoltita.

Ma l'altro problema riguarda il funzionamento degli uffici. È colpa dei singoli funzionari? In parte sarà così, ma è di sicuro anche colpa di regole, contratti e incentivi. Anche in questo campo oltre agli sforzi di carattere sistemico è necessario intervenire sui tanti piccoli bastoni fra le ruote di chi produce, ufficio per ufficio, comune per comune, regione per regione; con sforzo di supporto da parte del governo nazionale.

Non c'è qui spazio di parlare di Bruxelles, ma in una frase la situazione è questa: «Rompiti la testa appresso alle carte e riuscirai a farti finanziare tutte la stupidaggini che vuoi». È un problema ben noto. Fabrizio Barca parlava di co-progettazione per significare che ci sarebbe il modo di far passare le idee giuste piuttosto che i progetti che rientrano nelle strettoie formali della Commissione. Ma da questo orecchio Bruxelles non ci sente.

Università di Palermo

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