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Una sfida di crescita, ma non senza incognite

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obiettivo ripresa

Una sfida di crescita, ma non senza incognite

Una manovra “straordinaria” da 27 miliardi: così il premier Matteo Renzi definisce la legge di Stabilità (ribattezzata per l'occasione come “legge di fiducia”) trasmessa al Parlamento e alla Commissione europea. Ha ragione, l'aggettivo è pertinente. Ma bisogna intendersi anche sui caratteri ambivalenti di questa straordinarietà, i suoi punti di forza e di debolezza, in vista di un anno, il 2016, che può segnare o no il rientro dell'Italia su un percorso di crescita forte e soprattutto stabile.

Il primo dato di cui tener conto è quello politico che fa da sfondo al progetto di bilancio. La leadership di Renzi è salda e senza alternative credibili al netto di chiacchiericci inconcludenti e della stessa luccicante propensione del Presidente del Consiglio e leader Pd ad ingigantire in positivo ogni mossa del suo governo.

Sta di fatto che Renzi, in coppia col ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, ha confezionato una legge di Stabilità che guardando da sinistra a destra (o viceversa, non fa differenza) dello schieramento politico prospetta un ventaglio di soluzioni - molte delle quali anche innovative, si pensi alla detassazione del welfare aziendale, per fare un esempio- in cui ciascuno potrebbe riconoscersi almeno in quota parte. Dentro e fuori il Parlamento, al centro e in periferia dello Stato, nelle famiglie e nelle imprese, tra i pensionati e le partite Iva.

Da un anno a oggi il profilo riformista del premier si è del resto accentuato, e il governo può mettere ora sul tavolo a Bruxelles il Jobs Act e la riforma costituzionale che abolisce il bicameralismo legislativo. Sono passi che testimoniano la volontà della terza economia d'Europa di continuare sulla strada del cambiamento e che peseranno – a favore di Roma - nel prossimo, difficile esame-confronto con la Commissione, ancora ieri dichiaratasi contraria alla decisione del governo di tagliare la tassazione su casa.

D'altra parte l'Italia, al contrario di altri paesi, rispetta davvero le regole e sta sotto il fatidico tetto del 3% del deficit in rapporto al Pil.

Dunque vuole avere le mani libere in casa propria per rilanciare il Paese come meglio crede: questa è la posizione di Renzi che sta dietro una Legge di stabilità dichiaratamente e visibilmente espansiva a partire dalla riduzione del carico fiscale. Una scelta di fondo che ha il pregio della chiarezza e che intercetta anche il disincanto di chi vede la governance europea a trazione “zero-virgola” (ancorché ora corretta) come un sistema che tarpa le ali della ripresa possibile.

Punti di forza, ma anche punti di debolezza. O quanto meno molte incognite. La manovra è pari a 27 miliardi, e potrebbe arrivare ad oltre 30 nel caso –auspicabile ma poco probabile- in cui venisse soddisfatta la richiesta italiana di una maggiore flessibilità (a titolo emergenza migranti) dello 0,2% del Pil, pari a 3,3 miliardi. Solo in questo caso scenderebbe l'Ires per le imprese (accanto a un nuovo sostegno per l'edilizia scolastica) già nel 2016. Nell'attesa di una riposta, di quei 27 miliardi oltre 16 sono prenotati per azzerare le “clausole di salvaguardia” fiscali che scatterebbero dal 1° gennaio 2016. Due miliardi dovrebbero arrivare dal rientro dei capitali, 1 dalla tassazione sui giochi.

Quanto alla famosa spending review, cifrata dal Def di aprile a 10 miliardi, rivista e annunciata al ribasso con la Nota di aggiornamento a settembre, ne varrà alla fine circa 5,8. Se non altro si certifica che su questo terreno minato anche un governo-rottamatore dotato di un ausilio tecnico di prim'ordine finisce anch'esso per girare alla larga. Un “classico” della storia italiana recente e passata.

Per una manovra da 27-30 miliardi costruita largamente in deficit, la maggiore flessibilità europea “accertata” vale nel complesso intorno a 14 miliardi, estensibili a circa 17 nel caso venisse accordata la clausola emergenza-migranti. Renzi assicura che le coperture finanziare ci sono tutte, ma porre il problema, in attesa di leggere nero su bianco il testo della Legge di stabilità, è d'obbligo. I conti devono tornare nel tempo. Anche perché incombono in prospettiva altre spaventose “clausole di salvaguardia” fiscali per il 2017 ed il 2018: in totale, oltre 54 miliardi da disinnescare.

Obiettivo del governo, com'è noto, è portare la crescita del Pil a +1,6% nel 2016. Riducendo anche il debito in rapporto al Pil per la prima volta dopo 9 anni, come ha detto Renzi ieri. E' la maggiore crescita del Prodotto, soprattutto, che farebbe scendere il debito (e che eviterebbe così anche su questo punto un difficile confronto a Bruxelles). L'Italia è un grande debitore, e questo è il suo tallone d'Achille. Un po' d'inflazione – che il Governo cifra a +1% nel 2016- serve ad alzare anche il Pil nominale e dunque farebbe molto comodo. Ma gli ultimi dati Istat correggono al ribasso le aspettative e indicano che il Paese viaggia ancora sulla soglia della deflazione. Sarà insomma molto difficile arrivare a +1%, tanto più se si considera che tutta l'Eurozona segna il passo e che la Germania (senza considerare ancora il caso Volkswagen) ha abbassato le prospettive 2016 di crescita del Pil dall'1,8% all1,7%. Ed anche Prometeia ha abbassato a +1,2% le previsioni di crescita del Pil italiano nel 2016.

La straordinaria sfida espansiva, insomma, è appena cominciata e straordinarie sono anche le incognite.

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